Lucia De Luca: accoglienza, trasformazione e design dell’esperienza

Dopo Sara Scarsella e Caterina Ceraudo, per il terzo appuntamento con “Cucina da femmine” ci spostiamo in Danimarca con Lucia De Luca, co-proprietaria e responsabile di sala del ristorante Tèrra a Copenaghen.

La storia e il progetto di Tèrra

Romana, classe 1987, a una formazione accademica nell’ambito del design e dell’architettura del paesaggio Lucia fa seguire una specializzazione all’estero, che la porta a esplorare la possibilità di una nuova carriera nell’ambito della ristorazione. Un percorso di crescita da allora lineare, affrontato e condotto insieme al compagno Valerio Serino, a partire dall’apertura, otto anni fa, del “Mattarello”. Quello che era un piccolo chiosco di pasta fresca all’interno del Copenhagen Street Food Market si è trasformato, nelle loro mani, in un progetto più organico e ambizioso, che nel 2017 ha preso le sembianze di Tèrra. Un ristorante fine dining dalla personalità stentorea, che riprende e ricalca i valori che hanno orientato ogni scelta dei proprietari. Le conferme sulla qualità del progetto sono innumerevoli: De Luca e Serino sono oggi parte dell’Associazione Italiana Ambasciatori del Gusto, nel 2021 hanno ricevuto una stella verde Michelin — che dal 2020 premia i ristoranti particolarmente impegnati in una cucina sostenibile — e poche ore fa sono stati inseriti al decimo posto nella classifica dei migliori ristoranti italiani all’estero, secondo la guida 50 Top Italy.

All’origine del “zero waste”

Quando abbiamo aperto il primo pastificio lo abbiamo fatto con l’intenzione di proporre un prodotto di grande qualità, che qui a Copenaghen era pressoché assente. Abbiamo subito pensato di utilizzare materie prime il più possibile danesi, per evitare di importare troppo. Avevamo già ben presenti i valori dell’approccio Slow Food che, insieme ai miei studi di architettura del paesaggio, ci hanno orientati verso il rispetto della natura e dei fornitori. Vedevamo molti colleghi importare moltissimo dall’Italia: oltre a vino e olio — come è giusto che sia — anche carne, patate e altri ingredienti che qui sono assolutamente reperibili. Una follia, a nostro avviso. Ci siamo chiesti quale sarebbe stato il prezzo di utilizzare i migliori ingredienti del mondo se questo avrebbe poi portato a sprechi di risorse, inquinamento e grandi spese collaterali. Un prezzo troppo alto, senza dubbio”. Insieme ad altri piccoli ma significativi stratagemmi, come quello di proporre mezze porzioni per evitare più possibile lo spreco di avanzi, De Luca e Serino hanno lavorato per rendere concreti gli sforzi che caratterizzano da sempre la cucina domestica: il risparmio, il riutilizzo e il reimpiego creativo degli scarti. L’obiettivo è proporre un modello che riuscisse — sulla base di una cultura gastronomica italiana che proprio su questi principi ha coniato piatti oramai imprescindibili come supplì, polpette e molti altri — a valorizzare al massimo la materia prima. A un anno dall’apertura di Tèrra il menù è diventato quindi stagionale, ruotando attorno alla disponibilità delle materie danesi, che di volta in volta vengono sfruttate in ogni loro parte e quando possibile conservate. Un esempio su tutti è il vermut, prodotto a partire dagli scarti delle lavorazioni vegetali e servito in accompagnamento ai piatti o come aperitivo.

Un progetto condiviso

Mentre Valerio si occupa della linea di cucina, che si è affrancata da un esordio spiccatamente italiano per muoversi tra ingredienti e tecniche che permettono un approccio più libero e meno codificato, Lucia è responsabile di quello che si può definire il “design dell’esperienza”.

Il fatto di essere una coppia e riuscire a lavorare insieme è possibile perché perseguiamo un obiettivo comune”, racconta, “che per noi è quello di dedicare attenzione totale al cibo, alla nutrizione, all’accuratezza estetica, oltre che, in primis, al gusto. In questo modo possiamo facilmente dividere i compiti senza alcuna difficoltà, perché il cammino rimane lo stesso. Valerio è a capo della cucina, realizza i menù, mette in campo idee e abbinamenti e il suo estro è focalizzato su quello. Io invece cerco di capire come trasmettere tutto ciò ai clienti. Mi chiedo continuamente qual è il modo migliore di proporre un menù, sia dal punto di vista narrativo che gustativo. Cerco di fare, con il mio lavoro, uno storytelling, per raccontare come operiamo attraverso il cibo e tutti gli altri strumenti di cui disponiamo. Lavorare con Valerio in occasione di un nuovo menù è affrontare ogni volta un vero e proprio progetto. E così mi ritrovo a fare esattamente ciò che ho studiato, ovvero design”.

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L’accoglienza e il design dell’esperienza

Altro tratto riconoscibile dell’esperienza da Tèrra è la cura riposta nel servizio e nell’accoglienza, che De Luca ha modellato in modo molto personale. In un contesto, quello danese, che muove da presupposti altri rispetto a quelli che conosciamo. “Qui i locali hanno un’atmosfera tendenzialmente lontana da quella italiana. Così come è molto diverso il valore attribuito alla condivisione di un pasto. Per noi stare a tavola corrisponde al massimo della convivialità. É il volere sempre incontrarsi davanti a un piatto e a un bicchiere, per parlare e confrontarsi. Questo aspetto appartiene poco ai paesi scandinavi. Si tende a vedersi magari solo per un caffè o per qualcosa di semplice e veloce. Spesso poi si preferisce un rapporto diretto, con meno persone. Più vis-a-vis. La nostra esperienza invece ci parla di grandi tavolate attorno alle quali si riuniscono famiglie e tanti amici, per mangiare e passare del tempo insieme. Penso sia anche per questo che il saper accogliere, mettere a tavola e servire è parte integrante della nostra cultura molto più che di altre”.

Lucia ci racconta così di un approccio al lavoro volutamente aperto e inclusivo e del tentativo di trasmettere questi valori al pubblico danese, che ha imparato a riconoscerli, apprezzarli e ricercarli. “Riporto l’esempio che faccio di solito alle persone che collaboreranno con me in sala e non solo. Chiedo loro di tenere presente che quando apriamo la porta del ristorante è come se aprissimo la porta di casa nostra. Possiamo ricevere la visita di un caro amico, un parente o un collega, oppure di qualcuno che ancora non conosciamo. Ma noi lo stiamo comunque facendo entrare da noi. É necessario quindi fare tutto ciò che serve per metterlo a proprio agio. Accogliere gli ospiti con un sorriso, prendere loro il cappotto, accompagnarli gentilmente al tavolo e portare subito da bere o quel che desiderano. Sono tutti dettagli che hanno a che fare con un atteggiamento di apertura e accoglienza che abbiamo imparato a casa. E per casa intendo in Italia. Lavorando da tempo in Danimarca ho imparato a valutare questi valori in modo oggettivo e a rendermi conto di come il nostro paese brilli per generosità, accoglienza e apertura all’ospitalità, anche nel contesto del fine dining. Quello che intendiamo fare qui a Tèrra è rappresentare questo tratto speciale della nostra cultura, che ha radici profonde.

Ripercorrere la storia di Lucia De Luca e i nodi del lavoro che sta svolgendo insieme a Valerio Serino significa così testimoniare a più riprese il valore della trasformazione. Trasformazione di strade e percorsi di vita che reagiscono agilmente al cambiamento. Trasformazione dei dogmi della tradizione culinaria a favore delle circostanze del mondo di oggi. Trasformazione della materia prima in ogni sua parte, per onorarla nel gusto e nell’ambiente che l’ha prodotta.