Caterina Ceraudo, la rete familiare e il patrimonio della Calabria agricola.

Dopo il primo dialogo con Sara Scarsella, protagonista del secondo appuntamento con la rubrica “Cucina da Femmine” è la chef Caterina Ceraudo. Classe 1987, è alla guida della cucina di Dattilo, il ristorante dell’azienda agricola fondata dal padre Roberto a Strongoli, in provincia di Crotone.

Pionieri del biologico in Calabria, i Ceraudo gestiscono una tenuta che abbraccia vigneti, uliveti, orti e agrumeti antichi, in un lembo di terra sulle colline non distanti dal Mar Ionio. Nel 2003 l’antico frantoio del Seicento, cuore dell’azienda, è stato convertito in un ristorante rurale ma raffinato. Agricolo, nel senso più nobile del termine. Nel 2013 la ventiseienne Caterina è diventata chef del locale, mantenendo la stella Michelin già assegnata e conquistando, pochi mesi fa, anche quella “verde” dedicata all’ecosostenibilità. Un progetto corale che sviluppa in sintonia con la famiglia, imprimendo allo stesso tempo la propria impronta.

La storia dei Ceraudo

Mio papà Roberto lavora con la terra da più di trent’anni, da quando, negli anni Settanta, ha fondato l’azienda agricola. Portare avanti il suo lavoro è stato naturale per me e i miei fratelli. Dopo la laurea in Enologia a Pisa ho frequentato la Scuola di Alta formazione di Niko Romito e lì ho capito che la mia strada sarebbe stata diversa, perché l’amore per la cucina era smisurato. Quando ho preso le redini del ristorante, che già era stellato, ho accettato di assumermi una grande responsabilità. Mio padre ha riposto in me fin da subito molta fiducia, così come mia sorella. Ricordo che lei mi disse “Stai tranquilla Cate, perché, a prescindere dal risultato, il cambiamento ci sarà e sarai tu a portarlo”. Queste parole, in quel momento di particolare stress, mi hanno trasmesso grande coraggio. Anche i miei fratelli sono rimasti a lavorare a Dattilo. Mia sorella Susy si è laureata in Economia e si occupa della sala e del marketing. Giuseppe segue la parte agronomica e la produzione, insieme a mio padre. Siamo una famiglia molto unita e saper di poter contare su ognuno di loro è importante per me e per il lavoro che faccio”.

Il patrimonio inesplorato del territorio

Quella che ruota intorno a Dattilo è una storia di famiglia, unione, armonia e infine successo. In un territorio, quello calabrese, forse non tra i più agevoli. Ci chiediamo quali siano le criticità principali e quanto profonde, invece, le risorse che qui sono ancora così poco esplorate. “Il territorio calabrese è ricco di storia e di un panorama paesaggistico molto vasto. Purtroppo, nonostante le infinite bellezze, portare avanti un’attività imprenditoriale non è facile. Certamente la Calabria deve fare i conti con una classe amministrativa che negli ultimi anni non si è dimostrata all’altezza. Di conseguenza fare impresa qui è difficile. Ci sono problematiche oggettive, anche logistiche, di cui in altri territori non dovresti preoccuparti. E questo vale sia per l’imprenditoria maschile che per quella femminile. Eppure io e la mia famiglia, come molti altri, abbiamo deciso di investire nella nostra terra, perché siamo convinti nasconda enormi potenzialità. Oggi c’è grande curiosità verso la nostra regione e i suoi prodotti. Questo vuol dire che, nonostante le difficoltà, il lavoro che stiamo facendo — quello di raccontare il buono e il bello che vive qui — si sta avvertendo anche da fuori. Assistiamo a una piccola ma determinante rivoluzione che parte dal basso, dalla volontà di molti giovani, uomini e donne, che con coraggio investono nella propria regione. Una rivoluzione che non può che far bene alla nostra amata Calabria”.

La rivoluzione del gusto di Caterina Ceraudo

E di rivoluzione, ma del gusto, continuiamo a parlare con Ceraudo. Dal suo ingresso al timone di Dattilo la chef ha voluto ripensare l’approccio alla cucina della tradizione, alla luce della formazione presso l’Accademia di Romito. Un professionista indiscusso che dell’attenzione verso gli aspetti nutrizionali e di equilibrio dietetico ha fatto uno dei propri baluardi. “La mia è una cucina equilibrata e leggera. Utilizzo pochi elementi, con lo scopo di esaltare i sapori semplici, rispettando la materia prima e la sua provenienza. Dalla nascita alla crescita, fino alla sua trasformazione nel piatto. L’ingrediente diventa protagonista, senza troppi fronzoli e abbellimenti. Riduco moltissimo l’utilizzo dei grassi e ricorro maggiormente all’utilizzo dei vegetali. Ricerco l’equilibrio del piatto attraverso uno studio maggiore delle sue componenti. Per me, infatti, il compito più importante è quello di rispettare e valorizzare ciò che di meglio la natura ha da offrire. D’altronde, valorizzare un ingrediente vuol dire raccontare un territorio, senza mai dimenticare il ruolo centrale della sostenibilità.

Caterina Ceraudo, premi al femminile e maternità

Caterina Ceraudo è stata nominata Donna chef dell’anno per ben due volte, la prima nel 2016 secondo Identità Golose, la seconda nel 2017, per la guida Michelin. Un tema delicato e potenzialmente controverso, quello dei premi “al femminile” e più in generale delle quote rosa, sul quale vale la pena soffermarsi. Anche in questo caso, la chef parla al plurale: “Ogni riconoscimento è importante perché rappresenta un’importante gratificazione per il lavoro che svolgiamo ogni giorno. Vorrei poter dire che la differenza di genere non esiste. Eppure non è così, ed è inutile negarlo. Quindi oggi ben vengano i premi per il genere femminile. Ovviamente ci auguriamo che da qui a qualche anno possa non sentirsi più l’esigenza di dover ricorrere a queste distinzioni, ma purtroppo il nostro paese non è ancora pronto, nella ristorazione così come in tantissimi altri ambiti”.

Mamma di Alice, e in attesa di un piccolo tra pochi mesi, ci racconta la sua esperienza di imprenditrice e datrice di lavoro rispetto alla propria storia e a quella delle colleghe e dipendenti. “Io sono convinta che le donne, con coraggio e intraprendenza, possano far tutto. Mia madre ha sempre lavorato e si è sempre occupata di noi non facendoci mai mancare nulla. Quindi per me è naturale non percepire il lavoro come un limite. Perché dovrebbe? I sacrifici bisogna farli, certamente, ma quelli sono da mettere in conto sia se si svolge un lavoro diurno che notturno come il mio. Eppure io sono felicissima della mia vita, perché credo di essere riuscita a dimostrare che si può portare avanti un lavoro e continuare ad occuparsi della propria famiglia e farla crescere senza dover rinunciare alle ambizioni personali”.

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