La pastasciutta antifascista: una storia di resistenza e condivisione nel 25 luglio del 1943

Risale al 25 luglio 1943 la caduta di Mussolini, quando fu destituito e arrestato e la popolazione italiana poté tirare un sospiro di sollievo dopo 21 anni di dittatura fascista. La guerra non era ancora finita, ma la famiglia Cervi decise di festeggiare in piazza con quella che verrà ricordata con il nome di “pastasciutta antifascista. «Ho sentito tanti discorsi sulla fine del fascismo, ma la più bella parlata è stata quella della pastasciutta in bollore», Alcide Cervi

25 luglio 1943, Campegine, Reggio Emilia.
La famiglia Cervi, composta da sette fratelli, due sorelle, il padre Alcide e la madre Genoeffa Cocconi, decide di offrire al paese intero della pastasciutta, condita con burro e formaggio.

Non si festeggiava un compleanno, né un’altra ricorrenza: uno dei fratelli, Aldo, aveva proposto di rendere quest’omaggio per festeggiare la destituzione e l’arresto di Mussolini. La dittatura fascista, che andava avanti da più di vent’anni, sembrava avere finalmente una fine. Fu soltanto una tregua momentanea, un raggio di luce che, però, si riverbera fino ad oggi come sinonimo di resistenza, libertà, coraggio.

La famiglia Cervi

Gelindo, Diomira, Antenore, Rina, Aldo, Ferdinando, Agostino, Ovidio ed Ettore, sono i nomi dei ragazzi e delle ragazze che Genoeffa ed Alcide Cervi hanno messo al mondo nei primi anni del ‘900, appena prima dell’inizio del ventennio fascista.

Cresciuti a pane (forse) e libri (sicuramente), dimostrano fin da giovani la loro predisposizione per lo studio, una coscienza politica che li porta ad entrare a contatto col Partito Comunista, a schierarsi contro il regime e a liberarsi della posizione di coloni.

Dalla mezzadria alla libertà

Infatti, prima del 1934, i Cervi erano una famiglia di mezzadri: contadini a cui era dato in concessione un podere sul quale non avevano alcun tipo di potere decisionale e, nonostante provvedessero autonomamente alla gestione del raccolto, erano costretti alla fine di ogni anno a cedere la metà dei prodotti al proprietario. La decisione di mettere fine alla posizione di mezzadri prendendo in affitto un terreno da spianare a Gattatico (RE) mise in mostra la loro inclinazione anticonformista e progressista che è stata da esempio, già in quei giorni, per chi gli era accanto.

La lotta negli anni continua e la loro casa ospiterà rifugiati e dirigenti politici, clandestini, facendosi portavoce dei valori dell’antifascismo in quel di Campegine.

Ed è ancora in questa lotta tra il fascismo, che colpevolmente, abbatte, e l’antifascismo, che scalpitante ribatte, che si è tenuto quello che viene definito «il più bel funerale del fascismo».

Nella notte tra il 24 ed il 25 luglio del 1943 Mussolini viene destituito, riceve un mandato di arresto dal re. L’incubo fascista sembra esser giunto alla fine ed è questo che la famiglia Cervi decide di festeggiare: quintali di pasta con burro e formaggio sono preparati ed offerti ai cittadini in nome della libertà, del coraggio, della resistenza.

Il significato della pastasciutta

Il valore simbolico di questo evento si amplifica approfondendo il contesto storico in cui veniva preparata la pastasciutta.

Innanzitutto, Mussolini portava avanti la Battaglia del Grano: una campagna per raggiungere l’autosufficienza produttiva cerealicola, che era ardua da raggiungere se non con una diminuzione drastica del consumo da parte della popolazione.

Inoltre, risale al 1930 la pubblicazione del Manifesto della Cucina Futurista di Filippo Tommaso Marinetti, in cui mette in chiaro: «Noi futuristi trascuriamo l’esempio e il monito della tradizione per inventare ad ogni costo un nuovo giudicato da tutti pazzesco. Pur riconoscendo che uomini nutriti male o grossolanamente hanno realizzato cose grandi nel passato, noi affermiamo questa verità: si pensa si sogna e si agisce secondo quel che si beve e si mangia».

La pastasciutta nella cucina futurista

L’evidente convinzione che il cibo determinasse l’attitudine degli uomini alla vita portò Marinetti ad una serie di principi ri-fondanti della presunta tradizione gastronomica italiana. Il primo di questi era proprio l’abolizione della pastasciutta, considerata «assurda religione gastronomica italiana», nonostante fosse arrivata sulle tavole del cosiddetto Bel Paese solo nel primo dopoguerra, in seguito alle influenze americane. Convincere però che la pastasciutta fosse un demone faceva parte della strategia per invitare i soldati ad assolvere al proprio compito: «la pastasciutta è un alimento che si ingozza, non si mastica. Ne derivano: fiacchezza, pessimismo, inattività nostalgica e neutralismo».

Gli altri principi fondanti della cucina futurista puntavano a modificare il nome delle bevande e dei piatti, ad esempio il bar doveva esser chiamato “quisibeve” e il cocktail “polibibita”; alla creazione di cibi in pillole e nuovi composti, alla ricerca del piacere tattile laddove i cibi permettono di abolire forchetta e coltello, ed infine all’uso della musica e al coinvolgimento di tutti i sensi nell’esperienza del pasto.

Sebbene possa sembrare affascinante e molto vicino a ciò che oggi nei ristoranti si incontra, la cosiddetta avanguardia futurista faceva parte di una più ampia strategia revisionista, nazionalista e guerrafondaia, stretta al fianco del fascismo per affermare le proprie idee propagandiste.

Un amaro, ma eloquente, finale

La famiglia Cervi diede un chiaro segnale offrendo la pastasciutta al popolo ma sarà un colpo troppo duro ai fascisti per lasciarli indenni. Questo momento di liberazione, purtroppo, non avrà un lieto fine. Non solo il fascismo risorgerà e la guerra continuerà, ma i sette fratelli Cervi verranno arrestati e, il 28 dicembre 1943, fucilati.

La madre Genoeffa non resse, e morì anch’essa dopo pochi mesi. Della famiglia restarono solo le due sorelle ed il padre Alcide, che continuarono a portare avanti gli ideali di libertà e resistenza.

Siamo al 25 luglio 2024 e questa vicenda viene ricordata in tutta Italia, in molte piazze si offre un pasto per ricordare la resistenza della famiglia Cervi e quella di tutti i partigiani che hanno lottato in nome della libertà. A ricordare che l’Italia è un Paese antifascista oggi ci siamo noi e, riferendomi alle parole di Ettore Cervi nella lettera di addio alla famiglia, concludo: «Sempre coraggio, e tutto sarà niente».

Buon 25 luglio.

https://www.radio-food.it/aperitivi-in-spiaggia-senza-rimorso/