Il Coronavirus e il dramma dello Street Food

Street food, un settore dimenticato dalle istituzioni

18 Maggio. La ristorazione ai blocchi di partenza. Pronti? Non proprio tutti, d’altronde le linee guida del Governo sono arrivate (solo) con il DPCM del 17 maggio, all’ art. 1 lettera ee, mentre quelle della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome il 16 Maggio. Via? Di nuovo non proprio tutti. Chi non riuscirà a riaprire, chi aspetta tempi migliori, chi si sta ancora organizzando e, infine, chi è stato dimenticato: lo street food.

Leggendo le svariate disposizioni normative, sotto il tetto delle attività di ristorazione troviamo: bar, ristoranti, pub, trattorie, rosticcerie, gelaterie, self-service e pasticcerie. Nessuna menzione al cibo da strada, food truck, street food, chioschi ambulanti  che dir si voglia. Vero, però potranno ripartire comunque- direte voi- in fin dei conti non possiamo fare l’elenco di tutte le tipologie di attività. Sbagliato. C’è qualcuno che ancora non sa quando e come poter ripartire.

I numeri della crisi della ristorazione itinerante

Attenzione,  per street food intendiamo tutte quelle attività itineranti che basano le loro entrate principalmente sulla partecipazione a eventi. Per capirci, non parliamo  della friggitoria di Palermo. Quest’ ultime tipologie di imprese dal 18 Maggio hanno riaperto i battenti, già dal 4 Maggio potevano offrire il servizio di asporto e prima ancora quello del delivery.

Parliamo dei food truck e dei gazebo food, ossia installazioni immobili, delle cucine da campo per capirci. Secondo i dati di UnionCamere nel 2013 le imprese su quattro ruote erano 1.717, mentre ad oggi sono oltre 3.500. Invece le imprese di gazebo food sono ben 20.000. A fine Aprile gli operatori del settore stimavano perdite per 200 milioni di euro, non proprio bruscolini. Inoltre, i tempi della ripresa sono ancora incerti visto che questa fascia del mondo del cibo da strada ruota attorno agli eventi. Inoltre di finanziamenti e accessi alla liquidità ancora non se ne parla.

I progetti per il futuro

Chiaramente gli addetti ai lavori non sono rimasti con le mani in mano. Tra i tanti appelli spicca quella di qualche settimana fa di Alfredo Orofino, ideatore e organizzatore del Festival Internazionale dello Steet Food. Oltre alle richieste di contributi a fondo perduto e di azzeramento degli oneri fiscali, ha proposto lo Street Food Take Away. Il progetto prevede l’istallazione delle strutture itineranti in alcune zone delle città, con un distanziamento di 3 metri l’una dall’ altra. Inutile dirlo, il personale munito di guanti e mascherine e i clienti in fila a debita distanza; scordiamoci gli italianissimi accerchiamenti. D’altronde non è più rischioso fare la fila per entrare in un supermercato? L’idea iniziale non prevedeva il posizionamento di alcun tipo di seduta o appoggio nelle vicinanze, ma ormai, con le dovute precauzioni, possiamo recarci anche al ristorante; all’aperto è senza dubbio più difficile il contagio e più semplice rispettare le distanze di sicurezza.

Altra iniziativa interessante è quella di Eatinero, azienda che si occupa dell’organizzazione di eventi nel mondo della ristorazione itinerante. Sul loro  nuovo portale hanno mappato tutti i food truck che hanno avviato lo street food delivery. Una strada che, momentaneamente, sembra essere l’unica alternativa per un settore in ginocchio.