La Bottarga Borealis, un dono del tempo

L’amore condiziona i nostri comportamenti ed il nostro umore, e niente e nessuno riesce a sottrarsi alla sua forza. Neanche il merluzzo, quello nordico, lo Skrei, che da gennaio ad aprile, compie da innamorato una migrazione dal mar di Barents verso le coste della Norvegia per deporre le uova. Nel cuore del momento più freddo dell’anno, i pescatori di quei territori sfidano le gelide acque dei fiordi per catturare i merluzzi, e le loro migliori sacche ovariche sono selezionate, salate ed affidate alle cure del clima secco invernale e dei venti artici per ottenere la Bottarga Borealis.

Dopo 10-15 settimane le sacche sono pronte per essere raccolte, controllate e confezionate. Nasce in questo modo la bottarga di Merluzzo Skrei, un processo produttivo di natura artigianale che dà vita e forma all’idea di coniugare la tradizione italiana con l’aroma fresco e delicato che richiama il fascino e la suggestione della terra scandinava. Un “filiera” produttiva basata sulla volontà di ridurre al minimo l’impatto ambientale e l’intervento umano sul prodotto finito. L’essiccazione e la stagionatura si affidano alla lunga tradizione vichinga che ha reso lo stoccafisso norvegese rinomato in tutto il mondo: le baffe sono infatti lasciate seccare all’aria aperta e la loro maturazione è totalmente affidata al clima secco dell’inverno.

La nascita dell’idea

Ma come è nata l’idea di Bottarga Borealis? La molla è stata la curiosità di Jonas Juselius, finlandese appassionato di cibo e Dottore in Chimica, che dopo essere venuto a conoscenza dell’esistenza della bottarga su un blog di cucina decise di cimentarsi in alcuni esperimenti con materie prime locali, nello specifico lo Skrei. Dopo i risultati incoraggianti dei primi tentativi Jonas condivise l’idea con Joakim Wikström, svedese con un passato a 360° nel mondo della ristorazione (aiuto cuoco, sommelier etc.), che decise di lanciarsi in quest’avventura sfruttando gli studi in economia per valutare la fattibilità o meno del progetto.

Dopo essersi iscritto al Master of Science in Business Creation and Entrepreneurship, Joakim incontrò Lia Berti, Italiana appassionata di cibo, che nel 2016 impostò la sua tesi del Master sulla redazione di un business plan per la futura società. I risultati di alcune indagini di mercato sottolinearono l’interesse su un prodotto artigianale e nuovo a quelle latitudini, e nel gennaio 2017 partì la prima vera produzione con lo scopo di proporsi sul mercato internazionale, tenendo come punto di riferimento l’alta ristorazione italiana.

L’importanza del tempo

E proprio le parole di Lia riescono a descrivere meglio di ogni altra cosa il senso di questo progetto. La incontro negli studi della radio, con il suo immancabile trolley al seguito, oggetto simbolo di questo suo periodo fatto di incontri, chilometri e speranze: “un aspetto che mi sta a cuore e di cui si è parlato poco, è quello relativo alla sostenibilità, intesa come voglia di raccontare alcune caratteristiche del territorio norvegese che non si conoscono al di fuori dei confini del paese: le risorse naturali”.

La Norvegia ha da un po’ di tempo conosciuto un boom economico grazie al petrolio, ma nell’ultimo periodo l’attenzione è stata posta in particolare sulle realtà di un certo tipo, sulle piccole imprese. A Lia piace pensare che ciò che sta creando con i suoi soci non abbia solo un tornaconto economico e personale, ma possa avere anche altre applicazioni. “L’industria del pesce in Norvegia è dimensionata in un certo modo, ma ora iniziano a nascere i primi centri di raccolta più grandi che inglobano le piccole imprese. Tutto ciò va a snaturare il principio di sussistenza che sino ad oggi ha regolato questo ambito. Io spero che il nostro esempio possa permettere di dar nuova linfa alle piccole realtà locali e riuscire a farle conoscere anche in altre zone del mondo”.

Le chiedo in che modo nel progetto siano riconoscibili i contributi dei tre fondatori e Lia sottolinea come tutto sia nato di Jonas, un vero appassionato di cucina. Poi è giunto Joachim, con la sua fondamentale dose di curiosità, ed infine Lia, che ha con sé un naturale bagaglio di conoscenza sulla bottarga, prodotto icona del nostro paese, e quindi meglio degli altri può parlarne ai vari interlocutori. “È la prima volta che sento di fare qualcosa per me in modo pulito, pulito nel senso di metterci passione e voglia di fare, di crederci al 100%, mi vedo donna adulta e completa.

Ho voluto dimostrare a me stessa di saper fare una cosa nel modo migliore. Le precedenti esperienze lavorative mi piacevano ma non mi coinvolgevano come sta accadendo ora: gioisco, piango, mi spacco la schiena, devo fare altri lavori per mantenermi ma credo nel progetto, lo sento mio, nostro. Idea, curiosità, cuore, ecco cosa ha portato ognuno di noi”.

Ma dove si vede Lia tra qualche anno? “Tra 2-3 anni vedo me e Joachim continuare a lavorare sul prodotto, che deve avere una sua evoluzione, è già di grande qualità ma deve continuare ad evolvere. Spero avremo un apparato di persone più nutrito e spero non venga contaminata l’anima artigianale dell’azienda”. Non vede il loro prodotto in competizione con quello italiano, anzi spera ci si possa aiutare a vicenda, perché la loro bottarga è diversa da quella italiana. In Italia infatti quando si pensa alla bottarga si associa il prodotto a tonno e muggine, ma la speranza di Lia è che si riuscisse a creare una terza categoria.

Lia in chiusura vuole ribadire un concetto a cui tiene particolarmente, quello legato all’unicità del loro prodotto: “ciò che la rende particolare è il contesto naturale, abbinato al tempo: il tempo in chiave multipla, quello dello studio che c’è stato, quello dell’asciugatura, quello metereologico che determina tutto, in primis la durata delle stagioni. Il tempo si riflette su tutto, sulla lavorazione manuale e la sua durata. La chiave di lettura del tempo e sul tempo mi sta molto a cuore e la reputo decisiva per capire nel miglior modo possibile il nostro prodotto”.