Katsuobushi, storia e cucina

Il Katsuobushi, anche noto come “okaka”, è un alimento conservato a base di pesce. Si tratta di carne di tonno striato o skipjack tuna (Katsuwonus pelamis, Tribù Thunnini) essiccata, affumicata e fermentata. Oggi vi raccontiamo qualcosa in più in questo articolo.

Katsuobushi, un po’ di storia

Risalire alla storia di questo ingrediente è praticamente impossibile. In maniera convenzionale, nel Sol Levante la storia del Katsuobushi comincia nel 1500. In questo periodo il Giappone vive enormi tumulti, sia in politica interna che esterna. Arrivano per la prima volta degli “stranieri”, i missionari e i commercianti portoghesi che attivano una serie di scambi tra il Giappone e l’Occidente. La popolazione prende molto male questa “invasione” e i portoghesi sono additati con un dispregiativo, Nanban, ovvero “Barbari meridionali”. A tutto questo fa seguito la mira espansionistica di Oda Nobunaga che sfrutta questi scambi per importare armi da fuoco dall’Europa e provare a unificare per la prima volta il Giappone. Non ci riesce perché viene assassinato; ci riuscirà nel 1590 il suo successore, Toyotomi Hideyoshi.

In tutto questo trambusto di trasporti e armi prende piede la pirateria giapponese. Tanti cittadini stanchi degli “invasori” e delle lotte interne, volenterosi di avventure e guadagni illeciti, imbracciano le armi e partono per mare. In questo scenario compare il katsuobushi: i pirati giapponesi arrivano fino al Golfo del Bengala, territorio indiano e mare ricco di tonno. Serve un metodo di conservazione però, altrimenti il pesce sarebbe andato a male molto velocemente e dopo molteplici tentativi arrivano al metodo che ancora oggi viene usato per fare il katsuobushi.

Katsuobushi, la lavorazione

Il katsuobushi si ottiene dopo 4 fasi di lavorazione. La prima prevede la pesca e la sfilettatura: dopo aver pescato il tonnetto striato, si taglia la testa, si eviscera e si divide in 4 filetti tagliati molto precisamente. Questa fase viene fatta direttamente al porto.

La seconda fase è quella dell’affumicatura: il pesce viene trasferito nei “laboratori” che spesso sono delle cantine ricavate dalla roccia. Questa è la fase più importante di tutto il procedimento. Grazie all’affumicatura il katsuobushi diventa molto duro perché perde circa il 20% della sua dimensione iniziale, dovuta ai liquidi. Questo processo dura un mese e permette al prodotto di assumere profumi di legno di faggio, quello usato per l’affumicatura. Il calore in questa fase deve essere ben calibrato, il fuoco viene controllato costantemente per seccare il pesce in maniera uniforme.

Katsuobushi in cucina

Il Katsuobushi ha un sapore molto intenso, gusto sapido ed umami molto accentuato – imputabile all’alto contenuto di acido inosinico. Secondo alcune ricerche, il Katsuobushi è anche responsabile di una sensazione, scoperta recentemente, chiamata kokumi (in inglese “heartiness” o “mouthfulness”). Scaglie di Katsuobushi ed alga kelp essiccata – kombu – sono gli ingredienti principali del “dashi”, un brodo usato come base per molte zuppe (come il “miso”) e varie salse (ad esempio “soba no tsukejiru”) nella cucina giapponese.

Appoggiando il Katsuobushi a scaglie sul cibo caldo questo “si muove”, per azione del moto convettivo dell’aria calda, conferendo alla pietanza un aspetto unico nel suo genere.  In cucina viene usato grattato. Lo strumento che si adopera è simile ad una pialla e le scaglie che si ottengono vengono chiamate kezuribushi: kezuri significa ‘grattato’. In commercio si trovano molti kezuribushi confezionati e le moderne famiglie giapponesi che non lo preparano più in casa, li usano abitualmente.Oltre a quella di Tonnetto possono essere utilizzate anche le polpe di altri pesci come sgombro, tonno, acciuga ecc, ma solo nel caso in cui si segua la ricetta tradizionale e si usi esclusivamente polpa di tonnetto (katsuo), il kezuribushi prende il nome di hana katsuo.

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Al giorno d’oggi, grazie al desiderio di globalizzazione ed integrazione, tanti chef e appassionati stanno fondendo sempre di più le tradizioni culinarie dei diversi angoli di mondo, sfruttando anche il katsuobushi nelle proprie preparazioni. Questo ingrediente, per il suo sapore deciso e sapido, va usato con parsimonia e cautela: la sua natura fragile lo rende facilmente sbriciolabile. Nella cucina giapponese viene spesso associato al tofu per la creazione del hiyayakko, come condimento delle uova di gallina, anatra e quaglia, oppure assieme al zarusoba, ovvero i noodles freddi con semi di sesamo e alga nori.

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