Il gelato dalla A alla Z. Tutto quello che c’è da sapere sul gelato industriale.

Ben ritrovati tra le corsie del supermercato lettori di Radio Food. In questo articolo andremo ad approfondire il tema del gelato confezionato. Alimento per eccellenza quando si ha voglia di qualcosa di fresco e gustoso soprattutto nei periodi caldi. Dove è nato, come si prepara a livello industriale e quanto consumarne. Scopriamolo insieme.

Nascita della prelibatezza: gelato

Si hanno prime tracce di alcuni antenati dei nostri moderni gelati sin dai tempi dei Persiani (VIII-VIV Secolo a.C). Era consuetudine infatti per queste popolazioni di miscelare il ghiaccio a degli sciroppi di frutta ottenendo i così detti “shabaret” da cui discende poi il nostro termine “sorbetto”. Fu invece per opera degli Arabi che la diffusione di questo dolce a base di ghiaccio e frutta giungesse in Italia. Infatti l’arte del sorbetto partì dalla Sicilia che gli Arabi colonizzarono per poi diffondersi in tutta la parte sud della Penisola. Giunta in epoca Romana questo prodotto acquisì il nome di “Nivatae Potiones” , ossia una mistura di ghiaccio frutta e miele che veniva servito dopo i pasti o addirittura per le strade dando origine ad una sorta di primo street food dolce. La realizzazione di questo prodotto era possibile grazie allo stoccaggio all’interno di cave fredde della neve raccolta in inverno, che quindi si rendeva disponibile poi per gran parte dell’anno per poter realizzare questo dolce molto apprezzato dalla popolazione.

Per arrivare ad una versione più “sofisticata” e moderna del gelato dobbiamo aspettare il Rinascimento e quale miglior location per dare i natali a questo alimento così goloso se non la corte De Medici? L’invenzione di questo processo più articolato che fa passare questo prodotto da una “semi-granita” ad un vero e proprio “proto-gelato” è attribuita a tale Bernardo Buontalenti che “brevettò” questi contenitori in legno colmi di ghiaccio e sale in cui venivano immersi contenitori in metallo contenenti una miscela di frutta e zuccheri che, fatta roteare e conservata per molto tempo dava luogo ad una sorta di crema fredda a base di frutta. L’introduzione poi di una parte grassa quale il latte avviene solo anni dopo (intorno al XVII secolo) per mano di un italiano trapiantato in Francia, tale Francesco Procopio. Questo pasticciere ebbe l’intuizione di sfruttare la grassezza del latte per ottenere una crema vellutata fredda che fece letteralmente breccia nel cuore dei francesi.

Se vogliamo parlare di gelato a livello industriale dobbiamo però andare qualche anno in avanti e spostarci a Baltimora quando nella seconda metà del 1800 un grande industriale di latte di nome Fussel nel tentativo di fare qualcosa con le eccedenze di latte e panna che commercializzava diede vita al primo Ice-Cream.

Arriviamo ai giorni nostri dove un’indagine di CONFARTIGIANATO stima il consumo pro-capite di gelato “industriale” intorno ai 2 Kg con picchi nel periodo primaverile-estivo per una spesa di circa 70€ annui a famiglia e quindi un volume di affari che si attesta intorno a 1,8 miliardi di €. Essendo un prodotto molto goloso destinato ad essere acquistato dalla stragrande maggioranza della popolazione i prezzi sono sempre abbastanza abbordabili (parliamo di un prezzo medio di 20/22 € kg per il prodotto industriale.) Per far fronte ai rincari delle materie prime e dell’energia degli ultimi anni, anche in questo segmento di mercato il segreto è stata la “sgrammatura”. Ossia tenere il prezzo invariato ma ridurre le quantità di prodotto venduto così da non impattare sull’economia delle famiglie ma al contempo rientrare nei costi di produzione del prodotto finito.

Il gelato industriale

Il gelato è un alimento che non ha molti segreti. Anche in questo segmento di mercato essendo destinato anche ad una popolazione molto giovane nel tempo si è ripulito le etichette eliminando grassi che non fossero derivanti dal latte e non introducendo coloranti artificiali sfruttando per lo più quelli naturali derivanti da frutta e verdura. Il processo di produzione del gelato consta di 9 passaggi tutti molto importanti per la realizzazione di un prodotto di alta qualità.

Miscelazione ed omogenizzazione: In questa fase si miscelano tutti gli ingredienti insieme (latte, zuccheri, panna etc) fino ad ottenere una crema fluida. Dopodiché questo composto viene omogeneizzato, ossia ponendolo in pressione si vanno a rompere e ridurre in globuli più piccoli le particelle di grasso così da ottenere un semilavorato liscio e cremoso.

Pastorizzazione: Segue questa fase che è una fase di sanificazione per rendere sicuro il composto ed eliminare eventuali microrganismi nocivi. Questo si ottiene portando il composto a circa 80°C per pochi secondi e raffreddandolo in poco tempo e portandolo intorno al 4°C. In questo modo il prodotto è sanificato e pronto a proseguire nelle fasi successive di lavoro.

Maturazione: Consiste in una fase di sosta in tank ermetici che può variare da poche ore a qualche giorno e permette una ottimale miscelazione e distribuzione di tutti gli ingredienti.

Congelamento: Il composto maturato è ora pronto ad essere inviato in congelazione. Questa fase è essenziale per ottenere la texture del gelato ottimale e non può avvenire solo con il semplice freddo sotto lo 0°C ma necessita anche di 2 fattori fondamentali agitazione e aria. E’ infatti solo grazie a questi due fattori che acquista la consistenza che noi tanto apprezziamo. Esattamente come quando si monta la panna, cosi il gelato ha bisogno di inglobare aria per risultare poi soffice al palato.

Formatura: A questo punto il gelato può acquisire la forma desiderata e quindi viene modellato all’interno di vaschette o messo su coni, stecchi e quant’altro grazie alla plasticità che questa massa acquisisce con le lavorazioni precedenti

Confezionamento, stoccaggio e conservazione: Sono le ultime 3 fasi che portano nei freezer del supermercato mantenendo sempre la catena del freddo con temperature che si aggirano intorno ai -18°C. Se non si dovesse mantenere una catena del freddo così costante e vi fossero sbalzi di temperatura durante tutta la “storia” del nostro gelato, possiamo capirlo dal fatto che si forma una sorta di brina all’interno della confezione. Questa è dovuta ad una modificazione dello stato di cristallizzazione dell’acqua. Microbiologicamente parlando il prodotto rimane comunque sicuro finché si sta sotto gli 0°C. Nel gelato è possibile notare come non vi sia una data di scadenza ma il cosi detto TMC, ossia “termine minimo di conservazione”. Questo acronimo sta ad indicare che il produttore garantisce che il prodotto mantiene inalterate le sue caratteristiche chimico-fisiche ed organolettiche fino a quella data ma non vuol dire che dopo quella data indicata il prodotto non possa essere più consumato a differenza di quello che succede con la classica scadenza.

Ingredienti e valori nutrizionali

Ad oggi sul gelato non esiste una vera e propria normativa ma nel 1993 è stato varato una sorta di autodisciplinare (il codice IGI per i prodotti della gelateria industriale) che va a normare tutte le caratteristiche del gelato e la nomenclatura che può essere attribuita ad ogni tipologia di gelato. Riporto qui alcune voci come ad esempio:

Gelato alla frutta: Deve contenere almeno il 15% di succo o polpa di frutta. Eccezion fatta per frutta esotica e agrumi per cui il limite è 10% e frutta a guscio per cui si può arrivare al 5% totale.

Gelato al latte o creme: Deve contenere almeno 6% di proteine del latte e almeno il 2,5% di grasso del latte. Non possono essere aggiunte proteine e grassi derivanti da altra matrice.

Per scelte anche di tipo commerciale non vengono più usati grassi idrogenati proprio per l’attenzione maggiore che oggi il consumatore pone su cosa mangia. La componente grassa è principalmente composta da panna e poi in aggiunta oli vegetali che possono essere girasole, cocco in diverse proporzioni. Pur essendo di minor qualità commerciale anche qui le scelte dei grassi in aggiunta alla panna hanno doppia valenza. Sia il risparmio sulla ricetta, ma anche una funzione tecnologica sul prodotto finito. Ad esempio l’olio di cocco viene scelto perché si perde subito in bocca e non lascia sensazione di unto in bocca, essendo poi inodore risulta ideale in aggiunta alla panna per dare “grassezza” alla preparazione senza stancare il consumatore quando degusta il prodotto. Altro mito da sfatare è l’utilizzo di conservanti nel prodotto così detto “Industriale”. Infatti essendo un alimento conservato a basse temperature (< 0°C) non necessita di aggiunte di conservanti. Quello che invece possiamo trovare aggiunto all’interno di queste preparazioni sono ingredienti come: Farina di semi di carrube, mono e di-gliceridi degli acidi grassi, lecitine, alginati che hanno funzione stabilizzante ed emulsionante e servono a far mantenere le caratteristiche di texture durante tutta la sua “vita” al prodotto. Altro ingrediente comune nel gelato è il destrosio, uno zucchero derivante dal comune glucosio con la particolarità che questo ha proprietà anticongelanti. Nel gelato aiuta a dare dolcezza facendolo comunque rimanere vellutato e liscio al palato. Nulla di dannoso per la nostra salute, anzi, con l’introduzione di questi ingredienti si è riusciti ad ottenere ad esempio gelati senza l’utilizzo dell’uovo che quindi, possono essere consumati anche da soggetti allergici. Le occasioni di consumo del gelato devono essere considerate all’interno dei nostri pasti come uno spuntino o un dessert da concedersi una volta ogni tanto. Da questo punto di vista può essere una buona alternativa, contenendo proteine del latte e delle uova che sono ad alto valore biologico, grassi e carboidrati semplici.  Non è uno spuntino equilibrato perché manca in fibre e quindi andrebbe comunque integrato all’interno di una merenda con un frutto per avere un profilo nutrizionale del pasto più interessante.

Occasioni di consumo e conservazione

Una cosa molto interessante è stata fatta durante Expo 2015 a Milano, quando volontariamente gli industriali del gelato confezionato hanno sottoscritto un patto con il Ministero della Salute sul miglioramento del profilo nutrizionale del prodotto tenendo presente la fascia della popolazione 3-12 anni che è quella che per antonomasia dovrebbe consumare più prodotto e anche quella più esposta a patologie future legate al cibo. Al contempo è stato sottoscritto anche un altro patto affinché anche la pubblicità di questi prodotti non induca i minori a sminuire l’importanza dei genitori nelle scelte alimentari ed a contrario invece coinvolgere il minore per scelte mirate alla salvaguardia della propria salute. A questo proposito anche su questo alimento sono stati introdotte le % di RI ossia i valori di riferimento, cioè con quella porzione di prodotto la percentuale del fabbisogno energetico e di nutriente che andiamo a soddisfare.

Valori di riferimento e percentuali di riferimento.

Come dicevamo anche nel precedente articolo sulle merendine, il consumo di dolciumi, quindi anche di gelato deve essere per puro piacere quindi privilegiare sempre gusti che appaghino i nostri sensi senza cadere nei falsi miti che quelli alla frutta possano essere più salutari (anche se in media sono meno calorici) rispetto ad altri gusti tipo creme. 100g di gelato (circa 2 palline) come dicevamo apportano dalle 200 alle 300 Kcal che sono comunque parecchie per uno spuntino classico che in un adulto non dovrebbe superare le 100-150 Kcal. A maggior ragione nella dieta dei più piccoli bisogna non eccedere con le porzioni e se si va oltre, accompagnare sempre la dieta del bambino con l’attività fisica e con pasti successivi più leggeri. Per aiutarci in queste scelte affidiamoci maggiormente alle monoporzioni che sono di sicuro più semplici da gestire rispetto alle vaschette da dover sporzionare oppure con la paletta da gelato non superare le 2 palline che sono all’incirca i 100g di prodotto per un adulto.

Per poterlo conservare al meglio sarebbe buona prassi fare acquisti di gelato o comunque surgelati al termine della nostra spesa all’interno del supermercato e di portarsi con sé una borsa termica dove conservare il prodotto fino all’arrivo a casa e la sistemazione in congelatore.

Grandi marchi e private label

Cosi come per altre classi merceologiche (es: patatine, biscotti, pasta) anche il gelato conosce i grandi marchi, ma ci sono anche i così detti “PRIVATE LABEL”. Sono in pratica marchi che commercializzano il prodotto pur non avendo una realtà produttrice propria e che quindi si appoggiano a grandi aziende produttrici di quel prodotto, si fanno formulare una ricetta o comunque collaborano alla stesura di essa e poi commercializzano il prodotto a marchio proprio.

Generalmente si hanno due vantaggi. L’azienda produttrice riempie dei buchi produttivi e guadagna producendo a marchio di altri. Il cliente ha la possibilità di ampliare il suo portafoglio clienti ed arrivare al target che si è prefissato. Molto spesso le ricette del prodotto sono veramente molto simili o identiche al prodotto del “grande marchio”, quello che molto spesso può variare è il packaging. Magari un packaging formato famiglia rispetto a formati monoprodotto o simili quando si arriva alla cassa può fare la differenza sullo scontrino.

Bisogna controllare in etichetta lo stabilimento produttivo. Nel momento in cui leggiamo diciture del tipo:

Prodotto per “Marchio” da “nome azienda produttrice” nello stabilimento di ……

Oppure

Prodotto per “Marchio” nello stabilimento sito in via XYZ

Se si è curiosi ed interessati si può controllare con il motore di ricerca a chi corrisponde lo stabilimento indicato in etichetta ed andare a confrontare gli ingredienti del “MARCHIO PRIVATO” con il prodotto del marchio principale che ha prodotto per conto terzi. Senza generalizzare, molto spesso a livello di ingredienti e valori nutrizionali i prodotti risulteranno estremamente simili o addirittura identici.

Al supermercato con il tecnologo: le merendine.