Si sente spesso parlare di farina macinata a pietra, una tecnica antica che esisteva già nell’antico Egitto e con il passare del tempo sostituita da quella meccanica a cilindri. Oggi la farina macinata a pietra è tornata in uso ed è sempre più richiesta. Nico Carlucci, maestro panificatore, ci spiega cos’è e quali sono le sue proprietà e il suo utilizzo ideale.
Oggi si sente spesso parlare di farina macinata a pietra, una tecnica antica che esisteva già nell’antico tornata in auge. La macinazione a pietra del grano è illustrata in alcune stele dell’antico Egitto, datate attorno al 2600 a.C.. Ed è proseguita fino al 1900 d.C. attraverso i mulini a pietra, poi progressivamente sostituiti con quelli a cilindri.
Cos’è la farina macinata a pietra
E’ il risultato della molitura dei cereali come la si effettuava una volta: i chicchi di grano vengono schiacciati tra due grandi pietre che girano in verso opposto l’una all’altra e che all’interno sono rigate e in antichità erano di vera e propria pietra chiamata “mola”. La pietra giusta per macinare deve essere più dura del granito poiché se la pietra fosse tenera avrebbe varie controindicazioni non da poco, ad esempio finirebbe sgretolata nel prodotto finale, dopo poco si assottiglierebbe ma soprattutto scalderebbe troppo la farina.
Lo schiacciamento a “tutto corpo” del cereale permette di ottenere farine ricche, saporite e dal gusto unico dovuto soprattutto al germe di grano e alla parte esterna del chicco ricco di fibre che, in alcuni casi, con il processo di molitura industriale andrebbero persi.
Farina macinata a pietra: che tipo di farina sei?
Dalla macinazione a pietra otteniamo principalmente farina Tipo 1, Farina Tipo 2, Farina Integrale e crusca.
La classifica delle farine avviene anche sulla base del contenuto di ceneri e questo valore varia in base al grado di abburattamento della farina stessa. Le ceneri sono il residuo di combustione e incenerimento del prodotto ed indicano il contenuto di sali minerali.
La farina integrale, ha i livelli nutrizionali migliori di tutte, conserva tutti i benefici del chicco di grano intero ed è ricca di antiossidanti, grassi essenziali e ferro. La farina integrale può essere utilizzata per ogni tipo di lavorazione, in purezza o miscelata ad altre farine. Conferisce ai prodotti finiti profumi e sapori rustici, tipici di “una volta”. L’integrale è una farina che ha un indice di ceneri compreso da 1,3 e 1,7.
La farina tipo 2 si presenta “scura” e con granulometria varia: contiene più parte cruscale rispetto alla farina di tipo 1. Questa farina viene utilizzata principalmente nel mondo della panificazione, ha un indice di ceneri inferiore a 0,95.
Il pane integrale preparato con farina proveniente dalla molitura a pietra si caratterizza per la croccantezza della crosta, un profilo aromatico più pronunciato e una maggiore sensibilità allo sbriciolamento. L’amido che ha formato la crosta del pane, al tempo stesso, risulta avere subito un minore danneggiamento. Mentre la croccantezza può venire attribuita al calore prodotto durante la macinazione della farina.
La farina tipo 1 rispetto alla farina di tipo 00 e alla farina tipo 0 si presenta leggermente più scura perché all’interno sono presenti piccoli frammenti di crusca e germe di grano, fonti di fibre. Questa tipologia di farina si adatta facilmente ad ogni tipo di lavorazione ed ha un indice di ceneri inferiore a 0,80. Oggi le pietre stanno pian piano essendo sostituite da pietre in resina, meno “folcloristiche” ma più professionali e performanti.
Farina macinata a pietra, che grano utilizzare
Un fattore importante delle farine molite a pietra è proprio il tipo di grano utilizzato che determinerà la farina finale, il tipo inteso come la varietà e la qualità del grano quindi anche farina di grano tenero o farina di grano duro. Il chicco di grano duro poi è “duro” veramente, ha una forma leggermente più allungata e si presenta quasi traslucido, il chicco di grano tenero invece si rompe facilmente e risulta opaco, tondeggiando e più friabile. I grani più utilizzati al momento per la molitura a pietra sono quelli di grani antichi. Per varietà di grani antichi si intende ad esempio farro monococco, farro dicocco, timilia, saragolle, marzulo, Senatore Cappelli, khorasan, perciasacchi, kamut, solina abruzzese, verna, gentil rosso e minorca. I tenori di proteine e grassi grezzi risultano decisamente maggiori nelle farine molite a pietra, a raffronto con quelle da molitura a cilindri: proteine, 11,4% vs 7,3%; grassi, 2,1% vs 0,9%. Il contenuto totale di amido è viceversa più elevato nella farina da macinazione a cilindri (77% vs 70%).
La macinazione a cilindri invece, come dicevamo, è l’evoluzione industriale a quella macinata a pietra, ma ad esempio la farina di frumento da molitura a cilindri risulta avere un maggiore quantitativo di amido danneggiato rispetto al prodotto derivato da molitura a pietra. Il germe di grano risulta soggetto a fenomeni di ossidazione e rancidità più pronunciati. Quanto alle proprietà reologiche dell’impasto, il pane ha una consistenza maggiore, assorbimento d’acqua più elevato, superiore stabilità. Le dimensioni delle particelle nelle farine da molitura a cilindri risultano infine meno omogenee. Con una più ampia distribuzione granulometrica, in particolare negli intervalli > 1120 μ e ≤250 μ. Il mulino a pietra può essere anche alimentato ad acqua tradizionale, descritto da Aristotele nel 400 a.C., utilizza la corrente di acqua che alimenta un meccanismo a ingranaggi.
Le farine ottenute con i mulini tradizionali (a temperature di 30°C circa) si distinguono da quelle dei mulini a pietra moderni (a 60°C circa) sotto diversi aspetti, maggiore tenore di amido (68,1% vs 61,6%), minore quantità di fibre insolubili, più polifenoli e flavonoidi. In conclusione, molino che vai, farina che trovi. Entrambi i tipi di molitura presentano vantaggi e svantaggi, in relazione ai diversi obiettivi: la molitura a pietra risulta favorita per realizzare prodotti con qualità nutrizionali e nutraceutiche più spiccate, anche in una logica di filiera corta che consideri i legami tra tradizioni e territori; la molitura a cilindri, di contro, permette di soddisfare richieste di elevati quantitativi di farine e semole idonee soprattutto alle lavorazioni industriali. Per coniugare le diverse esigenze, diversi mulini moderni si stanno dotando di entrambi gli impianti.
“Macinato a pietra” è un claim che inizia ad emergere, come già il ricorso ai grani antichi, su un numero crescente di etichette di sfarinati, paste e prodotti da forno. Grazie al recupero di antichi mulini e a nuovi investimenti su mulini a pietra di ultima generazione. Investimenti che appare ingenuo credere siano motivati da sole esigenze di marketing, considerato il loro impatto sui costi operativi e sulle stesse logiche di produzione.