Etienne Bistrot, la favola a tavola.

Fine dining e cucina esperienziale nel quartiere Trieste. Da Etienne Bistrot lo chef Stefano Intraligi ci regala un percorso da “favola”, dove sulle orme di Alice nel Paese delle meraviglie i commensali possono vivere un’esperienza che coinvolge tutti i sensi. Ci siamo stati e ve lo raccontiamo.

Ognuno di noi vorrebbe ritrovare la magia dei tempi in cui credevi nelle favole, quando non ti chiedevi se un avvenimento fosse reale, ma seguivi solo il filo delle emozioni, delle sensazioni e dell’immaginazione. Ed è proprio attraverso l’immaginazione che lo Chef Stefano Intraligi portare i propri ospiti nel in un mondo magico, trasformando le sue cene da raffinate espressioni gastronomiche a vere e proprie esperienze multisensoriali. Siamo a Roma, il ristorante è l’Etienne e il nostro modo magico è quello di Alice nel paese delle meraviglie.

La favola inizia

Leggendo il menù già ci si accorge della grande creatività nel presentarlo, si tratta infatti di un libretto delle istruzioni, non di quelli noiosi e difficili da comprendere, ma fatto di immagini, testi e titoli di canzoni alle quali lo chef è particolarmente affezionato. “Sogni di Latta” è il percorso completo composto da dieci portare, ognuna delle quali prende il nome da alcuni spezzoni dell’omonima canzone di Renato Zero (“Sogni di Latta” 1978 Album Zerolandia). Affascinante l’idea di fondere e confondere due mondi fatti di grande immaginario, tanto da affascinare i nostalgici e incuriosire le nuove generazioni, con un pizzico di personale eccentricità.

Il viaggio inizia con un entrèe di pane al basilico e crema di carote, ingredienti semplici ma carichi di gusto dove il dolce della carota e il vegetale balsamico del basilico, danno vita a un boccone intenso e allo stesso tempo pulito. Da segnalare che le carote, come le altre verdure e parte della frutta, sono prodotte nell’orto sinergico situato nel Parco di Veio e coltivate personalmente dallo Chef. In particolare per lui, la coltivazione della carota è stato un percorso lungo anni e fatto di lavoro e di studio.

Con le aspettative che aumentano si arriva all’amuse bouche, che rappresenta appieno il tema del menù. Sferetta molecolare di gazpacho e cetriolo, Cubetto di melone e liquerizia e Frolla con gelato al basilico e parmigiano, serviti su un tavolino e delle sedie minuscole scelte per farci immergere nel mondo di Alice. Infine, all’interno di una vetrinetta, Spezzatino di mela e cipolla con miscela di spezie. La cura nei dettagli e l’attenzione all’estetica saltano subito all’occhio, per poi lasciare spazio a controllate esplosioni di sapori in bocca caratterizzate principalmente da note dolci e balsamiche.

Il viaggio nel paese delle meraviglie continua da Etienne Bistrot

Asso di cuori” è questo il nome del primo antipasto che lo Chef di Etienne Bistrot identifica come il padre della Regina di cuori nelle carte da gioco francesi, si tratta dell’Arrabbiata ed da questo piatto tipico della tradizione culinaria romana che inizia il viaggio nel nostro paese delle meraviglie. la pasta non c’è e nemmeno il pane o delle posate, ma viene servito il condimento dell’arrabbiata da leccare direttamente dal piatto. Al netto della provocazione un po’ trash, da arrabbiati a divertiti è un attimo.

A seguire arriva una Bruschetta con pane di cristallo, maionese vegana al cocco e germogli di ravanello rosa. Anche questa portata è riconducibile ad Alice nel paese delle meraviglie, poiché addentando il pane di cristallo sembra di mangiare del vetro, proprio come quando nel cartone il cappellaio matto, bevendo il tè, mangia anche la tazzina. I contrasti di sapori e di texture sono equilibrati. Il dolce e il vellutato della crema al cocco con l’amarognolo dei germogli e la croccantezza del pane, rendono al piatto un buon equilibrio di sapori.

Da Etienne Bistrot le sorprese non finiscono

Lo chef ha un debole per la panificazione e i lievitati portati a tavola gli rendono giustizia. Così, distratti dal burro bretone si fa strada L’orto e il Mare, un piatto dove le verdure dell’orto incontrano un pesce maccarello, ovvero lo sgombro che si trova nelle acque di Fiumicino. Alla base una terra di pomodoro con panna cotta al basilico, spugna di agrumi e pomodoro, emulsione lime ed infine gel di cipolle caramellate con fiori tagete e primule viola. La lista degli ingredienti è lunga ma ben calibrata nel suo insieme e comunque il maccarello rimane l’elemento dominante per consistenza e note sapide, in un piatto dove ogni sapore ha il suo spazio.

Torna la musica come protagonista nel “Goodbye Engalnd’s Rose”, un piatto dedica nella dedica, in quanto prende il nome in prestito dal titolo della struggente canzone di Elthon Jhon, riadattata nel 1997 in onore della scomparsa di Lady Diana. La forma nel piatto è quella di una rosa, fatta di rapa rossa marinata alla sambuca su crema di formaggio e mizuna corallo, che arriva al tavolo insieme ad un paio di cuffie auricolari per ascoltare la canzone mentre si mangia. Una sensazione unica, che, secondo la teoria dello Chef, riuscirebbe ad influenzare il sapore e il gusto della portata.

Il primo è un gioco di fantasia che si presenta come un Palloncino di pasta ripieno di Gricia con pere e limone. La forma è quella del classico raviolo, ma saldato per formare un vero e proprio “palloncino”. Il gusto forte del tradizionale ripieno, viene smorzato dalla freschezza del limone e arrotondato dalla dolcezza della pera.

Lo chef, come ultima portata prima del dolce, ci porta nei Caraibi con un piatto tipico delle festività Cubane, il Filetto di maiale con spuma di banana, platano fritto e chutney di mango. Anche in questo caso troviamo differenti gusti e texture: la cremosità e dolcezza della spuma di banana, la croccantezza del platano e la freschezza del mango. Tutti gli ingredienti sono caratterizzati dal gusto dolce e ciò che rimane sul palato è una piacevole morbidezza.

Chiudiamo in bellezza

Il viaggio, qui da Etienne Bistrot, si sta per concludere, non prima però di un particolarissimo pre dessert, il suo nome è “Finto tartufo nero” e viene servito su di un tronco di albero con sopra dell’erba dove vengono adagiati i due bignè che sembrano appunto, dei piccoli tartufi neri, ma che in realtà sono al nero di seppia, foie gras e tartufo bianco. Il gusto è deciso e non comune, sicuramente una sorpresa.

Il dessert viene letteralmente dipinto direttamente dallo Chef sul tavolo, l’effetto “wow” è assicurato ed anche la bontà di riuscita. Si tratta di una cassata a base di ricotta classica, ricotta di mandorle e pistacchio, con crumble di mandorle, spugne di agrumi, canditi prodotti in casa e spolverata di arancia. Un dolce classico, ma sempre appagante.

Il menù “Sogni di Latta” è riuscito a sorprendere in ogni sua portata, si parte da Alice e Renato Zero e si divaga su ritmi anglosassoni e note dolci caraibiche, fino ad approdare in Sicilia. Un viaggio che parte dalle favole e che racconta il grande studio che lo chef mette alla base della voglia di stupire. Un piacevole eccesso che gli si concede per tecnica e capaci di divertire, anche nel gusto.

Cena nello spazio, sogno o realtà?