5 febbraio, la giornata contro lo spreco alimentare

Sabato 5 febbraio è la giornata nazionale contro lo spreco alimentare. L’Italia è sulla buona strada e, nella lotta allo spreco alimentare, che a livello globale riguarda un terzo del cibo prodotto, possiamo essere presi come riferimento dal resto del mondo.

E’ quanto è emerso dal nuovo Food Sustainability Index (FSI), progetto sviluppato dall’Economist Impact e Fondazione Barilla, che ha analizzato il nesso cibo-salute-ambiente in 78 Paesi (pari a oltre il 92% del PIL globale e oltre il 92% della popolazione mondiale) mediante 38 indicatori legati a temi sociali, ambientali ed economici.

Italia campione mondiale nella lotta agli sprechi

Nell’area degli sprechi e delle perdite alimentari la performance dell’Italia la rende seconda al mondo dopo il Canada. Il nostro paese si colloca al primo posto per le azioni intraprese nella lotta allo spreco alimentare, mentre nella filiera produttiva si perde “solo” il 2% del cibo.

L’Italia è prima al mondo e dà il buon esempio per quanto riguarda l’eliminazione degli sprechi domestici: nel nostro Paese lo spreco alimentare annuo pro capite a livello domestico è di 67 kg, mentre la media di rifiuti sprecati tra le mura di casa è di 85kg pro capite in quasi 40 Paesi del Fsi. I dati italiani che riguardano lo spreco e che ci portano in cima alla classifica comprendono anche i 26kg pro capite nella ristorazione, i 4kg pro capite della distribuzione, mentre nella filiera il quantitativo è di 2kg pro capite all’anno.

L’importanza di una legislazione adegauta contro lo spreco alimentare

Per arrivare ad una reale sostenibilità del sistema alimentare, economica ed ambientale, la riduzione degli sprechi lungo tutta la filiera, dal campo alla tavola, è uno degli obiettivi più concreti e realizzabili da raggiungere.

L’Italia, che può contare su una legislazione sul recupero dei rifiuti alimentari moderna, su strumenti di mercato e su una rete solidale di organizzazioni e istituzioni a livello territoriale, è in primissima fila.

Merito anche della legge Gadda sugli sprechi alimentari, che ha facilitato, anche tramite agevolazioni fiscali, la donazione delle eccedenze alimentari alle onlus. Questo intervento normativo, riconosciuto come best practice a livello mondiale, ha prodotto subito risultati tangibili: solo nel primo anno di entrata in vigore della legge (2016-2017), le donazioni di cibo al Terzo settore sono aumentate del 21%.

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Lotta allo spreco, agricoltura sostenibile e malnutrizione. I dati nel resto del mondo

Il FSI fa il punto anche sulla sostenibilità alimentare nel resto del mondo, facendo notare che nella classifica generale dell’indice, che si basa su su tre pilastri (lotta agli sprechi alimentari, sfide nutrizionali e agricoltura sostenibile), l’Italia si colloca al 16esimo posto tra i Paesi che hanno ottenuto buoni risultati sugli indicatori chiave dell’indice.

Dall’elaborazione dell’indice emerge che la media di cibo scartato dei primi 20 Paesi che si distinguono nella lotta allo spreco alimentare è più bassa della media complessiva dei 78 Paesi (il 3% di tutto il cibo prodotto contro il 6%), ma meno di un terzo dei Paesi presi in analisi ha una strategia dedicata al tema. A tal riguardo l’Italia è in buona compagnia con Francia, Stati Uniti, Germania e Argentina.

Per quanto riguarda l’agricoltura sostenibile, il FSI dimostra che esistono ancora ampi margini di miglioramento: per esempio, meno del 50% di tutti i Paesi analizzati stanno inserendo il tema dei cambiamenti climatici nelle loro politiche. I Paesi con i risultati migliori in questo pilastro includono Finlandia, Estonia, Austria, Tanzania e Svezia.

Giappone, Svezia, Danimarca, Francia e Cina sono i primi 5 Paesi con le migliori performance per l’area delle sfide nutrizionali, che comprende aspetti come la qualità della vita, carenze di nutrienti, aspettativa di vita, malnutrizione e composizione della dieta.

Fondazione Barille sottolinea che «Questa è probabilmente l’area che, più di altri, mette in luce le differenze che ancora caratterizzano i Paesi ad alto e basso reddito: infatti, 19 dei 20 Paesi con i migliori risultati sono Paesi ad alto reddito, in cui le diete sane e sostenibili sono economicamente accessibili alla popolazione. Tuttavia, solo 7 di questi 19 Paesi includono l’aspetto della sostenibilità della dieta nelle linee guida alimentari nazionali».