TROPICANA FRUIT & VEGGIE CLUB: L’OKRA

Riguardo l’okra, il mondo si divide in due categorie: chi la ama e chi, ovviamente, la detesta.

Il nome di questo vegetale in italiano è bamia, considerato che per la maggior parte di noi il nome ocra (con la “c” al posto della “k”) fa riferimento ad un colore dalle tonalità che variano dal giallo-oro al marrone chiaro. Conosciuta nel resto del mondo come gombo, okro o lady’s fingers (la forma, infatti, ricorda le dita di una mano femminile) – cresce tendenzialmente in climi tropicali e subtropicali, sebbene esistano coltivazioni – non molto diffuse per via della domanda ancora limitata – anche in Italia, soprattutto in Sicilia grazie al clima favorevole. Rappresenta un ingrediente comune nelle cucine di molti paesi africani, soprattutto quelli posizionati nella parte occidentale del continente, ma è largamente apprezzata ed usata in molte ricette in India, Medio Oriente, Brasile ed in tutte le isole caraibiche dove venne importata all’epoca della tratta degli schiavi. Qui solitamente i bambini non amano molto la sua consistenza “viscida come una lumaca”, ma crescendo i gusti cambiano ed alla fine è apprezzata da tutti. Molti uomini giurano che, mangiata in dosi abbondanti, sia addirittura un afrodisiaco ma, in fin dei conti, da queste parti quasi tutto lo è!

Originaria dell’Africa, ha parentela botanica sia con la malva che con l’ibisco (il nome scientifico è Abelmoschus esculentus) ed il frutto – la parte più utilizzata – ricorda nell’aspetto un peperoncino di colore verde (ma esiste anche una varietà rosso-violacea, meno diffusa), ricoperto da una sottile peluria simile a quella dei germogli di zucche e zucchine. È sfaccettato in cinque lati: tagliandone una fetta si ottiene un pentagono perfetto. L’interno è costituito da una polpa bianca spugnosa piena di piccolissimi semi tondi. Perché il frutto sia commestibile questi semi dovranno essere morbidi e cedevoli. Al contrario, quando raggiungerà la completa maturazione, i germi saranno bruni e duri e la polpa diventerà fibrosa e difficile da mangiare. L’okra, se cotta a lungo in un liquido, ha la caratteristica di produrre una sorta di gelatina filamentosa che ne rende interessante l’approccio al palato: il picciolo assume la consistenza di un gambo di carciofo, mentre le fibre della polpa e la pelle ruvida fanno in modo che la vischiosità non sia percepita eccessivamente, creando un gusto gradevole assimilabile al sapore della melanzana.

I frutti e le foglie dell’ocra sono ottimi alimenti ipocalorici ma abbondano in vitamine (soprattutto quelle del gruppo A, la B1, la B6 e la vitamina C), sali minerali come calcio e zinco ed acido folico. L’alta concentrazione di quest’ultimo lo rende un cibo consigliato per le donne in gravidanza. Inoltre aiuta a regolare i livelli di zucchero e colesterolo e, grazie all’elevata percentuale di acqua e batteri probiotici presenti, rappresenta un rimedio naturale contro stitichezza e gonfiori vari. Bollita, infine, viene usata per disturbi agli occhi e si dice che l’acqua rimasta “rinfreschi il ventre”, cioè aiuti a ridurre le infiammazioni dell’apparato riproduttivo.