Sarah Cicolini, l’anima contemporanea della trattoria italiana e il futuro dell’imprenditoria.

Nuovo appuntamento con con “Cucina da femmine”, dopo l’intervista a Barbara Agosti, per questa quinta chiacchierata al femminile restiamo a Roma e incontriamo Sarah Cicolini, proprietaria e chef del ristorante SantoPalato.

Conosco questa giovane donna abruzzese da diversi anni. Prima ancora di saperla cuoca e imprenditrice, l’ho incontrata a tavola. Stavamo cenando gomito a gomito in un piccolo locale di Centocelle che oggi si è trasformato in altro e ci siamo riconosciute dai tatuaggi. Occhi allenati per riconoscere l’inchiostro che spuntava dalle nostre maniche: avevamo la stessa tatuatrice. In pochi mesi Sarah Cicolini — classe 1988, in quel 2017 meno che trentenne — ha aperto il suo locale a Roma. Lì sono stata una delle prime clienti e lì ho festeggiato il mio trentesimo compleanno, con un grande pranzo per trenta ospiti un po’ sorpresi dal nostro servire trippa per tutti. Sempre autonome, un po’ sarcastiche e sufficientemente sicure di noi per buttare il cuore oltre l’ostacolo, quando serve. Probabilmente un’attitudine che ci siamo portate dietro dalla provincia, Sarah e io.

SantoPalato, immaginare una trattoria

Ci vediamo per colazione, parliamo delle cose che abbiamo in comune e Sarah mi racconta com’è andata in quel periodo. “Quando abbiamo aperto avevo 28 anni. Prima avevo lavorato da Roy Caceres a Metamorfosi (una stella Michelin, oggi non più in attività, n.d.r.), poi da Sbanco con Stefano Callegari, dove ho impostato la linea di cucina e imparato a gestire grandi numeri. Da queste due esperienze ho appreso molto e quando si è trattato di pensare a un progetto mio ne ho fatto un ‘mix and match’”. SantoPalato, il suo locale a San Giovanni, è uno degli esempi di maggiore successo della cosiddetta “nuova trattoria italiana”. Quella che ha delineato una tendenza al ritorno al passato e che ha visto, nella seconda metà dello scorso decennio, molti giovani cuochi riproporre una cucina della familiarità e della tradizione, in locali che ne rispettassero l’umore. “L’idea di aprire questo tipo di ristorante è arrivata dal mio essere abbastanza immersa nel mondo della comunicazione. Avevo percepito un certo fermento in quel senso e ho pensato che mi si adattasse bene. Dall’esempio di Consorzio a Torino sono nati tanti ‘figli’, ognuno con un’identità precisa. Cito soltanto ‘Trippa’ a Milano, che lavora sulla cucina del Nord Italia e come noi sul quinto quarto. Trattare le frattaglie, a dire il vero, dimostra un’attenzione verso il risparmio e il riuso che accomuna le cucine di tutta Europa”.

Non soltanto cuoca, ma anche imprenditrice (oggi è unica proprietaria di SantoPalato), Sarah ha messo sulla bilancia le valutazioni economiche. “Insieme a Mattia Bazzurri — collega ai tempi di Metamorfosi e oggi fondamentale braccio destro — ci siamo promessi di delineare un progetto che, a quella età e in un momento di crescita e maturazione, saremmo riusciti a sostenere. A 28 anni non potevamo e non volevamo, da diversi punti di vista, mirare all’alta ristorazione. Abbiamo immaginato un’offerta che riprendesse i principi della trattoria tradizionale, ci permettesse di metterci in gioco e crescere con il tempo, restando sempre liberi in quello che presentavamo. E che, naturalmente, fosse per me affrontabile dal punto di vista imprenditoriale”.

Mi interessa sapere cosa c’è nel futuro di Sarah e del suo ristorante. Provare a capire se le carte sono già tutte sul tavolo o se invece — come immagino, conoscendola un po’ — il percorso si manterrà fluido. “Quello che faccio è legato alle scelte della mia vita. SantoPalato sono io e immagino che, come me, avrà un’evoluzione imprevedibile. Ogni giorno mi trovo davanti a un bivio: scegliere di continuare a dedicarmi al 100% alla mia professione o iniziare a guardare più alla mia sfera personale, con progetti di vita al di fuori del ristorante. Al momento mi dedico interamente al lavoro, ma per il futuro non mi pongo limiti”.

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Sarah Cicolini e il lavoro di squadra

Torniamo su un tema importante e attualissimo, quello della gestione del lavoro. Rispetto alla sua squadra, Sarah mi racconta di una modalità nuova, pensata dopo la rivoluzione del lockdown: “Mi sono ingegnata per capire come bilanciare le enormi spese e al contempo tutelare i miei collaboratori. Ho pensato di tenere aperto 7 giorni su 7 a pranzo e cena, introdurre un’altra risorsa e far fare un upgrade a quello che era il mio lavapiatti. Una persona capace e con tanta voglia di imparare, alla quale ho affidato anche altre mansioni. Così facendo, abbiamo 14 servizi a settimana e i ragazzi — me inclusa — hanno due giorni di riposo conseguenti. Nel mondo della ristorazione è praticamente una chimera. Io ci ho messo grande passione e ho provato a impegnarmi per risolvere il problema strutturale della stanchezza e della mancanza di vita sociale per i lavoratori. Per ora andiamo avanti così”.

Pensandola alle prese con la brigata e i suoi collaboratori, ricordo uno dei nostri scambi su Instagram, in cui lei scriveva: “Io stessa ogni giorno mi devo ricordare che sono il capo, perché a volte me lo dimentico”. Staff spesso esclusivamente al maschile, una piccola quota di subalternità interiorizzata nostro malgrado e ancora tanto lavoro da fare per acquisire autorevolezza. “È un bug culturale da correggere”, concordiamo.

Un mestiere affatto semplice, quello dell’imprenditrice, che Sarah Cicolini dice di aver imparato a comprendere a fondo solo al terzo anno di attività. “Ovvero quando ho iniziato a prendere dimestichezza con la gestione degli investimenti, delle entrate e delle uscite, e non solo con le questioni di cucina”, aggiunge. “Anche se mi definisco sempre e in primo luogo una cuoca, da SantoPalato sono responsabile del versante creativo quanto di quello amministrativo, ed è davvero molta carne al fuoco”. In questo viaggio, però, non è sola e non perde occasione per sottolineare il ruolo centrale dei collaboratori. “Nel mio caso è stato molto importante individuare delle risorse preziose, che partecipassero quanto me al progetto. Ad esempio, per la gestione della sala mi sono fatta affiancare da una persona molto esperta, con un passato solido e grande competenza. Io stessa approfitto dei miei giorni liberi per visitare cantine, produttori e formarmi quanto più possibile. Per diventare una professionista completa non posso esimermi dal continuare a imparare, sempre”.

Crediti fotografici: Andrea Di Lorenzo.