Chi resta a casa #Mangiaitaliano

Per sostenere i produttori del nostro paese nel periodo di emergenza per il Coronavirus Coldiretti lancia la campagna #MangiaItaliano

Il decreto emanato la sera del 9 marzo scorso ha trasformato l’intero paese in zona rossa. Ciò che fino a qualche giorno prima era obbligatorio solo in Lombardia e in alcune province del nord ora è una norma da rispettare sensatamente in tutta Italia. Niente differenze tra nord e sud, siamo tutti uguali e tutti dobbiamo adottare l’impegno, prima di tutto etico, di #iorestoacasa.

Le conseguenze sono state immediate e in primis si è scatenata la paura, comprensibile ma anche immotivata, che ha fatto assaltare a Roma e a Napoli i supermercati. La mattina seguente molti ristoranti, bistrot e servizi di ristorazione che potevano continuare a lavorare hanno “responsabilmente e altruisticamente” deciso di chiudere. Rimanere aperti è oggettivamente svantaggioso sia dal punto di vista della salute dei clienti e di chi lavora, sia dal punto di vista economico. L’appello è unanime restiamo a casa il più possibile, usciamo solo per andare a lavorare, per fare la spesa, per provvedere ai bisogni necessari. Non è una vacanza, né un’esercitazione per le prossime ferie.

Tutto questo porterà inevitabilmente a un blocco produttivo del comparto manifatturiero italiano e in particolare dell’agroalimentare. Se la ristorazione si ferma e si fermano i consumi “alternativi” a quelli casalinghi si fermeranno di conseguenza i circuiti distributivi. Già all’indomani delle chiusure si segnalano ordini food e beverage cancellati o posticipati – com’è giusto che sia – e si tocca con mano la preoccupazione di un’economia che non gira più per il verso giusto.

Come si legge nel decreto saranno garantiti i rifornimenti di merci alimentari per i supermercati e per tutte le botteghe dedicate, non ci sarà il pericolo di rimanere a digiuno, e siamo anche liberi di uscire per acquistare ciò che serve. La spesa per colazione, pranzi e cene a casa sarà garantita ed è l’unico motore che rimane acceso del circuito agroalimentare.

L’appello di Coldiretti

Da qui l’appello di Coldiretti per la grande distribuzione commerciale “affinché sostenga il consumo di prodotti alimentari Made in Italy con la scelta di fornitori in grado di garantire la provenienza nazionale di alimenti e bevande”. È quanto afferma il presidente Ettore Prandini, nel sottolineare l’esigenza di sostenere l’economia, il lavoro ed il territorio nazionale in questo momento di difficoltà a causa dell’emergenza Coronavirus.

Chiediamo a supermercati, ipermercati e discount di aderire con atti concreti alla campagna di mobilitazione #MangiaItaliano privilegiando negli approvvigionamenti sugli scaffali le mozzarelle con il latte italiano al posto di quelle ottenute da cagliate straniere, salumi ottenuti con la carne dei nostri allevamenti, frutta e verdura nazionale ed extravergine Made in Italy al 100%” ha precisato Prandini. Un appello forte e giusto al “senso di responsabilità, che serve anche a fermare le speculazioni in atto sulla domanda di prodotti agricoli e alimentari dopo la paralisi del turismo, i ristoranti vuoti, la chiusura forzata delle mense scolastiche e le difficoltà per l’export.

La posizione di Confali

Anche Federalimentare pone l’attenzione sul rischio che corrono le nostre eccellenze alimentari e tutto un settore che finora si è dimostrato in controtendenza al resto dell’industria. “L’emergenza Coronavirus potrebbe comportare per la nostra economia complessivamente una perdita di Pil di oltre 5 miliardi”. È quanto afferma Donatella Prampolini, coordinatrice nazionali di Confali, il coordinamento della filiera agroalimentare di Confcommercio-Imprese per l’Italia, facendo riferimento alle stime di queste ultime settimane. C’è da parte dei vertici il timore sulla gestione del normale svolgimento delle attività di distribuzione dei prodotti agro-industriali, vista la riduzione drastica dei consumi del canale food service. E come sottolinea la Prampolini: “Ci auguriamo che l’attività possa continuare senza limitazioni o danni alle imprese del dettaglio, dell’ingrosso, della produzione che insieme sono fornitrici di servizi necessari per le comunità locali e le città di riferimento”.  Inoltre la libera circolazione dei prodotti serve e va tutelata anche per evitare psicosi da “scaffale vuoto” come quelle viste nei giorni scorsi.

L’export

L’export è l’altra nota dolente. Una azienda su due (53%) che esporta nell’agroalimentare ha ricevuto disdette negli ordini dall’estero secondo l’indagine Coldiretti/Ixé.  Al via il piano salva export alimentare che vale 44,6 miliardi di euro e rappresenta un elemento di traino per l’intero Made in Italy, in difficoltà sui mercati esteri sempre per l’emergenza coronavirus. Una campagna necessaria per combattere la disinformazione, gli attacchi strumentali e la concorrenza sleale che ha portato alcuni Paesi – come denuncia Coldiretti – a richiedere addirittura insensate certificazioni sanitarie “virus free” su merci alimentari provenienti da Lombardia e Veneto.

Una vera e propria azione di difesa del territorio, dell’economia e del lavoro Made in Italy che trova la sua matrice nell’iniziativa #MangiaItaliano che serve a far conoscere il valore enogastronomico del Paese. E che deve partire da noi.

#Mangiaitaliano

Un appello quello di Coldiretti #Mangiaitaliano che deve essere accolto da tutti, da chi vende il cibo, ma anche di chi lo compra. Anche in una situazione difficile come questa che stiamo vivendo possiamo (e dobbiamo) proteggere e aiutare il nostro paese, sotto ogni punto di vista.

Scegliamo il quartiere per fare la spesa, prediligiamo i piccoli negozi sotto casa, acquistiamo prodotti da filiera tutta italiana, prediligiamo nella nostra scelta, magari produttori locali (contadini, casari, cantine, ecc.), mantenendo viva la produttività regionale. Sosteniamo in grande il made in Italy e nel nostro piccolo la nostra regione. Compriamo il giusto, evitiamo l’esagerazione che porta allo spreco, e impariamo stando a casa a consumare tutto e a riciclare in cucina. Questo aiuterà anche l’economia di casa e non solo quella dell’Italia.