Le Langhe non sono in vendita: il consorzio sottolinea l’importanza di salvaguardare l’identità dei territori.

L’antreprima di Grandi Langhe 2024 del 29 gennaio a Torino, organizzato dal Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani evidenzia l’importanza del valore storico, simbolico ed economico del territorio vitivinicolo.

Dopo Toscana, Sicilia e altre zone d’Italia produttrici di vino di pregio, anche le Langhe sono oggetto di interesse da parte di investitori stranieri. In apparenza un intervento esterno potrebbe sembrare un’opportunità di respiro per molte aziende, ma una cessione di cantine e terreni a terzi, estranei al tessuto sociale costruito da generazioni di produttori, potrebbe far sviare dalla salvaguardia dell’identità e dalla caratterizzazione del terroir. Matteo Ascheri, Presidente del Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani, spiega che “un interesse esterno al tessuto sociale locale può rischiare di distorcere il mercato e portare a fenomeni speculativi, in funzione anche del passaggio generazionale. La situazione impone, dunque, attenzione per le necessità legate alla tutela del terroir, inteso anche come comunità e alla salvaguardia dell’identità competitiva”.

La riflessione di Bruno Bertero, Presidente dell’ATL Langhe, Monferrato e Roero circa gli andamenti dello sviluppo del “brand” Langhe anche a livello turistico e la Ricerca “Langhe (NOT) for sale”, svolta dal Centro di Ricerca sullo Sviluppo di Comunità e i Processi di Convivenza (CERISVICO) dell’Università Cattolica di Milano e Brescia e coordinata dalla professoressa Maura Pozzi e dal ricercatore Adriano Mauro Ellena, hanno dato origine al convegno.

Presentazione dello studio

Inizialmente un’indagine qualitativa e quantitativa ha individuato i “Grandi Investitori Esterni (GIE)” nei Junior (<40) e Senior, appartenenti alle imprese vitivinicole familiari delle Langhe. E’ seguito un approfondimento dell’identità del territorio per comprendere meglio quali possano essere limiti o ostacoli di fronte un’ipotesi di vendita. Alla fine un questionario ha focalizzato le connessioni tra fattori emersi nelle fasi precedenti e l’inclinazione alla vendita. Ne emerge, come presumibile, una diversa sensibilità rispetto all’ipotesi: i Junior considerano l’intervento esterno ricco di progetti industriali e di capitali, i Senior al contrario, mosso da fini speculativi in un quadro di tendenza e finanza. Inoltre i primi considerano una ipotetica vendita come un affare collettivo, da affrontare in un’ottica di considerazione del patrimonio identitario, mentre i secondi la sentono maggiormente come un’”affare personale”, una identificazione personale con l’azienda.

Una tavola rotonda, condotta dalla giornalista Valeria Ciardiello, a cui hanno partecipato Matteo Ascheri, Massimo Romani, Amministratore Delegato di ARGEA, Francesco Mulargiu, dell’Associazione Vini Mamoiada e da Massimiliano Cattozzi, Responsabile Direzione Agribusiness Intesa Sanpaolo, ha approfondito i temi di cui sopra: “Non è possibile pensare a uno sviluppo e una crescita – torna sul tema Matteo Ascheri –  che non passi da un mantenimento dei valori distintivi e della qualità che hanno reso le Langhe, nel corso dei decenni, un’eccellenza. Se penso al domani immagino più che una crescita, in termini di produzione, un incremento della qualità, fatta dalle persone, dalle cantine e dai valori. Non è possibile fare paragoni con altri territori in termini di modello di sviluppo. Contano le persone, le loro tradizioni e le loro storie. È questo il patrimonio che dobbiamo passare alle future generazioni per poter garantire loro un domani di prosperità”. L’intervento di Massimiliano Cattozzi di Intesa Sanpaolo, sottolinea l’importanza di un’adeguata assistenza in termini supporto alle aziende in campo di investimenti, mentre Massimo Romani riconosce l’importanza di una sintesi di tradizione e intervento innovativo, in termini continuità culturale.

Vero è che i presupposti per cedere cantine e terreni a investitori esogeni, sembrano esserci tutti: la valutazione dell’ettaro che sfiora i 4 mln, l’impossibilità di poter investire, vista l’entità della portata, lo sconforto. Un segnale positivo viene dal sentimento dei giovani che hanno partecipato alla ricerca, contro la volontà di vendere e svendere un brand, diventando terra di conquista. L’allarme è stato lanciato, di seguito i numeri che compongono i Consorzi, numeri ce ne sono, ci auguriamo possano continuare ad essere pronunciati in italiano.

Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani

568 aziende vitivinicole associate, 10 mila gli ettari di vigneti delle denominazioni tutelate così suddivisi: Barolo 2214 ettari; Barbaresco 812; Dogliani 761; Diano d’Alba 209; Barbera d’Alba 1672; Nebbiolo d’Alba 1125; Dolcetto d’Alba 927; Langhe 2396 ettari (di cui 939 Langhe Nebbiolo). 66 milioni di bottiglie prodotte. Sono nove le denominazioni tutelate (Barolo, Barbaresco, Dogliani, Dolcetto di Diano d’Alba, Barbera d’Alba, Langhe, Dolcetto d’Alba, Nebbiolo d’Alba, Verduno Pelaverga).

Consorzio di Tutela Roero

250 aziende vitivinicole associate, 1300 ettari di vigneti, 7,5 milioni di bottiglie. Una denominazione tutelata che si esprime in 5 tipologie (Roero Bianco, Roero Bianco Riserva, Roero Rosso e Roero Rosso Riserva e Roero Spumante).

Annunciata la Legge Massari per il riconoscimento di chef, pasticceri e artigiani del cibo.