Al supermercato con il tecnologo: i prodotti “senza”

Torniamo tra le corsie del supermercato con il nostro tecnologo alimentare e in questo articolo scopriamo i tanti prodotti con “senza” qualcosa. Molti sono fondamentali per persone allergiche Altri sono figli di mode o richieste dei consumatori che l’industria prova a soddisfare. Ma sono veramente migliori rispetto al prodotto convenzionale o c’è dietro solo tanto marketing?

Girando tra le corsie del supermercato chi di noi non si è mai imbattuto in confezioni di alimenti che in bella mostra, sulla facciata principale del packaging riportano la scritta “senza” accompagnata dal nome della molecola non presente in esso? Molti sono fondamentali per persone allergiche e le tecnologie alimentari ci aiutano ad ottenere prodotti similari in texture, gusto etc. Altri sono figli di mode o richieste dei consumatori che l’industria prova a soddisfare. Ma sono veramente migliori rispetto al prodotto convenzionale o c’è dietro solo tanto marketing?

Da parte degli addetti ai lavori è sempre molto sfidante riuscire ad ottenere un prodotto con caratteristiche simili all’originale ma privi in qualcosa, dall’altra parte però il consumatore se non ben informato può trovarsi molto confuso tra le mille dicerie sull’alimentazione. Si perché nel bene o nel male oramai (come molti altri topic) anche la comunicazione sul cibo e l’alimentazione è diventata di tipo orizzontale ossia non c’è più l’esperto che da “le regole” e le persone che seguono le indicazioni ma con questo tipo di comunicazione molti se non tutti sentono la necessità di dover esprimere il loro parere sull’argomento creando confusione e generando falsi miti che poi diventano credenza comune. Ed è proprio dalla cattiva informazione e dalle false credenze che si può incorrere nell’alimentare, come in altri campi a voler acquistare un qualcosa solo perché si è sentito dire essere migliore dell’altro prodotto.

I prodotti “senza”

A normare i “claims” ossia le “rivendicazioni” che possono essere presenti sui diversi prodotti ci pensa il Regolamento Europeo 1924/06 relativo alle indicazioni nutrizionali e sulla salute fornite sui prodotti alimentari. Questo regolamento è una guida per gli addetti ai lavori in merito ai limiti di legge da dover rispettare per poter decretare se quell’alimento può o non può fregiarsi di quell’indicazione. “A basso contenuto di sodio/sale”, “senza zuccheri aggiunti” sono solo alcuni dei claims presenti in questo regolamento.

Allergeni

Negli alimenti uno dei “senza” più comuni è sicuramente attribuibile agli allergeni. Questi sono delle molecole che in soggetti predisposti, se ingerite, possono innescare risposte immunitarie poiché l’organismo riconosce queste ultime come estranee e quindi da eliminare. Queste risposte immunitarie così forti possono essere molto pericolose in soggetti in cui questa intolleranza è stata diagnosticata. Per questo è fondamentale per il produttore attenersi allo specifico Regolamento Europeo 852/04 che impone un monitoraggio continuo e costante su questa tematica e di riportare in etichetta la presenza di questi ingredienti. Ad oggi gli allergeni riconosciuti per legge sono 14 e devono essere ben visibili in etichetta segnati in maniera caratteristica e riconoscibile per non cadere in errore.

Perché parliamo anche di allergeni. Perché proprio per ovviare all’assunzione volontaria e/o accidentale di queste molecole potenzialmente pericolose per i soggetti allergici molte imprese alimentari si sono specializzate nella produzione di prodotti senza queste specifiche molecole.

Questa tipologia di alimenti è soggetta a rigidi controlli proprio per scongiurare la presenza di queste molecole con analisi mirate periodiche all’interno dell’alimento e in tutto l’areale di produzione e stoccaggio non possono essere presenti materie prime che presentano quella componente. Cosa vuol dire in parole semplici che ad esempio in un’azienda certificata senza glutine non possono entrare materie prime che presentano anche potenzialmente presenza di quella molecola. Neanche in ambienti differenti di quelli della lavorazione, poiché si potrebbe incorrere in contaminazione crociata ossia, passaggio involontario da un alimento all’altro dell’allergene.

Fatto questa premessa per dire che le tecnologie alimentari si sono evolute negli anni per offrire ad ogni fascia di popolazione alimenti specifici adatti ad ogni tipologia di alimentazione cercando di preservare in esso tutte le caratteristiche anche edonistiche per offrire esperienze sensoriali simili a quelle dell’originale. Molto spesso però anche se non diagnosticata da consulenza medica molte persone mangiano senza glutine. Il perché? Perché si pensa che possa essere salutare. Dati dell’Istituto Superiore di Sanità riportano come molte persone senza diagnosi di celiachia consumino abitualmente prodotti dedicati. Questa abitudine oltre ad essere controproducente per le tasche del consumatore si rivela oltretutto controproducente dal punto di vista alimentare poiché si va volontariamente a privarsi di tutto ciò che di buono c’è oltre al glutine nei cereali come minerali, fibre e vitamine. Come se non bastasse sfatiamo anche un altro mito che è quello che i prodotti senza glutine siano meno calorici. Altra informazione errata, semmai è proprio il contrario. Il prodotto senza glutine contiene proprio in mancanza di questa proteina in quantitativo maggiore di carboidrati e quindi innalzano prima la glicemia nel sangue, inoltre per ottenere caratteristiche di texture appetibili al consumatore in questi prodotti si fa un uso maggiore di grassi quindi, sono in media sempre più calorici del rispettivo prodotto convenzionale.

Detto ciò l’invito è quello di consumare prodotti specifici per persone intolleranti solo se in presenza di diagnosi medica.

L’esempio del senza coloranti aggiunti

Il mondo dell’alimentazione sta cambiando, nel corso degli ultimi decenni con il progredire della ricerca scientifica molte molecole, molti ingredienti sono stati banditi e non possono essere più usati in preparazioni alimentari. Basti pensare all’uso indiscriminato che si faceva di coloranti negli alimenti o l’utilizzo di grassi idrogenati all’interno di preparazioni alimentari.

Un ente operante in Europa estremamente autorevole è L’EFSA ( European Food Safety Authority) che ha la facoltà di esprimere pareri scientifici in merito a molecole potenzialmente dannose per la salute umana.

A questo riguardo studi specifici da parte di questo ente possono influenzare il legislatore ad emanare norme specifiche in merito all’utilizzo di un determinato ingrediente per la produzione di alimenti destinati al consumo umano. Un esempio su tutti può essere la recente rivalutazione da parte dell’EFSA in merito ad un colorante noto come E171 ossia il biossido di titanio. Questo colorante veniva utilizzato all’interno di preparazioni come ad esempio creme per renderle più brillanti e meno opalescenti. A seguito di un parere dell’EFSA sulla potenziale genotossicità di questa molecola. A seguire gli stati membri valuteranno questo parere e attueranno con legge specifica il divieto di utilizzo. A tal proposito però le aziende alimentari stanno ricorrendo ai ripari cercando di eliminare questo colorante per farsi trovare pronte qualora il tutto diventasse attuativo.

Senza grassi idrogenati e Senza olio di palma

La questione sui grassi è stata centrale e lo è ancora in merito alla formulazione di alimenti sani, bilanciati che però abbiano caratteristiche organolettiche appetibili al consumatore. Il processo di idrogenazione è nato per migliorare la stabilità dei grassi serve in sintesi a rendere solido o semisolido un grasso che a temperatura ambiente è fluido. Questo processo effettuato sul grasso poi porta ad ottenere prodotti finiti più spalmabili, più palatabili ma al contempo nel tempo si è visto come questo processo di aggiungere idrogeno per far diventare saturo un grasso insaturo o polinsaturo associato ad un consumo esclusivo e quasi di questi grassi, aumenti il rischio di placche aterosclerotiche, rischio di malattie dell’apparato circolatorio e favorisca lo sviluppo del così detto colesterolo “cattivo” o LDL.

Insomma se da una parte questo processo ha portato a sviluppare prodotti con texture interessantissime al contempo si è visto non essere funzionale ad una sana alimentazione e quindi moltissime se non tutte le aziende produttrici di alimenti molto grassi, mi vengono in mente le creme, le margarine sono corse ai ripari mettendo in campo tecnologie e ingredienti che simulassero o provassero ad avvicinare gli stessi risultati che si ottenevano con questa tipologia di grasso. Ovviamente per enfatizzare tutto ciò sulle confezioni troveremo scritto “Senza grassi idrogenati” come claim oppure si potrà leggere in etichetta.

Altra questione riguarda il tanto condannato olio di palma. Come spiegato anche nell’articolo delle Uova di Pasqua il problema legato a questa tipologia di grasso è più correlato ad una questione etico-ambientale che salutistica. Infatti crescendo in climi tropicali ed essendoci grande richiesta di questo grasso essendo estremamente funzionale a livello tecnologico oltre che economico vi è la corsa al disboscamento della flora tropicale a scapito delle popolazioni indigene che vengono cacciate da questi territori o sfruttati e sottopagati nella coltivazione e raccolta di questo frutto da cui si estrae il grasso. La demonizzazione di questo olio a livello mediatico è stata smentita anche da associazioni autorevoli quale l’AIRC (Associazione Italiana Ricerca Cancro) che conferma che l’olio di palma va considerato alla stregua di qualsiasi altro grasso saturo che come tale, se consumato in eccesso porta ad effetti negativi sul nostro organismo.

Tornando al nostro olio di palma dal punto di vista socio-economico / ambientale essendo un tema molto sentito dall’opinione pubblica molte aziende hanno eliminato dall’ingredientistica dei loro prodotti questo grasso sostituendoli con altri grassi vegetali. Chi invece è rimasto fedele all’olio di palma per dare quel quid in più al prodotto e non dare un’impressione negativa al cliente finale molto spesso si certifica RSPO o con altre certificazioni che garantiscono che l’olio utilizzato viene da piantagioni sostenibili e che non vi è sfruttamento del lavoro o deforestazione ulteriore etc.

Senza, senza e ancora senza.

Un tale Paracelso vissuto intorno al 1500’ scrisse: Tutto è veleno: nulla esiste di non velenoso. Solo la dose fa in modo che il veleno non faccia effetto. Parafrasando questa affermazione e riportandola ai giorni nostri si dice oggi comunemente che: “è la dose che fa il veleno.” Proprio cosi, perché nessun medico o nutrizionista vieta il consumo di un alimento, è l’abuso che ne determina la pericolosità. Quindi il produrre correlato poi al consumo di cibi senza qualcosa deve essere inserito all’interno di un discorso ben più ampio e non legato alle dicerie del “fa male”.

Senza grassi saturi, senza zuccheri, a basso contenuto di zuccheri, senza grassi saturi sono solo alcuni dei claim contemplati all’interno del Reg.UE 1924/06 e che definiscono se un alimento può essere così denominato o no ma vanno inseriti in un discorso più ampio. Facciamo qualche esempio:

Un modello alimentare riconosciuto valido a livello scientifico è la cosi detta “dieta Mediterranea” su questa base vediamo insieme un esempio di calcolo calorico ad esempio degli zuccheri. Un uomo adulto, sano, normopeso, che ha uno stile di vita sedentario dovrebbe assumere circa 2000 Kcal/die di cui circa il 50% di carboidrati. Di questi carboidrati l’80% devono essere carboidrati complessi (amidi) e 20% zuccheri semplici (saccarosio, glucosio, fruttosio etc.)

50% di 2000 Kcal sono 1000 Kcal. Considerando che 1g di carboidrati apportano 4 Kcal, al giorno dovrebbero essere assunti 250g di carboidrati di cui circa 200g di carboidrati complessi e circa 50g di zuccheri semplici. Tenendo in considerazione che un cucchiaino da caffè colmo di zucchero sono 9g di zucchero noi al 5° caffè della giornata senza aver mangiato null’altro abbiamo già quasi raggiunto il nostro fabbisogno di zuccheri semplici. In questo caso può avere senso inserire nella dieta alimenti senza zuccheri o a basso contenuto di zuccheri per completare la nostra giornata, proprio perché già abbiamo soddisfatto quel fabbisogno e andare oltre con prodotti zuccherini può causarci problemi alla salute come glicemia alta ed altre problematiche correlate.

Ed ecco che spuntano fuori prodotti e bevande light, 0, con edulcoranti naturali e artificiali.

Tra i dolcificanti naturali troviamo sorbitolo, mannitolo, xilitolo in etichetta possono essere indicati come polioli, forniscono circa 2 Kcal a fronte dei 4 Kcal fornite dal saccarosio. Consumi eccesivi di questi prodotti possono avere ad esempio effetti lassativi quindi è meglio non abusarne. Dall’altra parte ci sono gli edulcoranti artificiali. I 5 approvati dall’ FDA (Food and Drug Administration) sono Acesulfame K , Aspartame , Saccarina, Neotame, Sucralosio. Allo stesso tempo nessuno studio scientifico ad oggi conferma che un consumo eccessivo di questi dolcificanti sia innocuo per la salute umana. Inoltre consumare prodotti con edulcoranti è vero che limita l’assunzione calorica ma studi recenti correlano assunzione eccessiva di edulcoranti ad un più rapido assorbimento di zuccheri da parte del nostro organismo, un incremento di produzione insulinica con conseguente impatto su glicemia, appetito e peso corporeo.

Stesso ragionamento per i grassi saturi. Sono fondamentali all’interno di una dieta sana ed equilibrata perché fungono da riserva energetica del nostro organismo. Demonizzarli non aiuta di certo ad una sana divulgazione. Ben venga invece in etichetta il NON utilizzo di antibiotici nella filiera della carne che ci potrebbe aiutare a non portare in tavola residui di questi medicinali somministrati al bestiame e a sviluppare nel tempo un antibiotico resistenza che potrebbe essere veramente molto dannosa per la nostra salute. Ben venga il consumo di prodotti “senza sale” se consumiamo abitualmente cibi saporiti come salumi e formaggi. Infatti secondo dati OMS a livello mondiale le quantità di sale consumate al giorno da una persona adulta si aggira intorno agli 11g al giorno mentre la dose raccomandata si aggira al di sotto dei 5 grammi/die quindi consumiamo più del doppio della dose di sale raccomandata e questo eccesso di sodio all’interno dell’alimentazione Occidentale è legata strettamente a problemi e malattie del sistema cardiocircolatorio che ad oggi sono la prima causa di mortalità a livello globale. Sarebbe giusto far conoscere le basi dell’alimentazione e fare in modo che le persone non siano spaventate dai nutrienti e vadano a caccia del “demone” da eliminare dalla propria tavola. Il miglior modo per vincere queste paure ed approcciare ad una spesa intelligente e quindi ad una alimentazione sana è quella di informarsi sul piano alimentare da professionisti competenti che possano dare supporto ai mille dubbi che una informazione fai da te può portare.

Al supermercato con il tecnologo: pizza surgelata