Torniamo tra le corsie del supermercato con il nostro tecnologo alimentare e in questo articolo parliamo di uno dei simboli della Pasqua: le uova di cioccolato. La lavorazione che le distingue dagli altri prodotti a base di cioccolato e sempre con un occhio a quello che portiamo sulle nostre tavole durante questa festività.
Una golosità che non può mancare sulla tavola Pasquale, preda dei bambini (ma anche degli adulti) per la sua golosità ma anche per la sorpresa che riserva all’interno. Ad oggi in commercio ve ne sono per ogni palato: al latte, fondente, cioccolato bianco, con nocciole. E questi sono solo i più comuni. Si perché la fantasia con il cioccolato non si pone limiti e molti maestri cioccolatieri negli anni si sono cimentati nella realizzazione di uova di cioccolato più particolari come ad esempio quelle rivestite con frutta secca o con inserti al caramello. Insomma un prodotto estremamente stagionale che trova riscontro in un’ampia fetta di consumatori. Oggi andremo a vedere come si produce, facendo un piccolo viaggio dalla materia prima fino al prodotto finito.
Processo produttivo cioccolato
Per fare le uova di cioccolato serve appunto il cioccolato. Che non si estrae tal quale in natura ma è esso stesso un semilavorato ottenuto partendo dalla pianta del cacao (Theobroma cacao L.). Questa pianta non cresce in climi mediterranei ma ha aree geografiche specifiche vocate alla coltivazione dove il clima e il suolo incontrano l’habitat perfetto per la crescita e la maturazione di questi frutti. I paesi in cui viene coltivato sono riconducibili a 3 aree geografiche principali: America (Messico, Brasile, Colombia ed Ecuador); Asia (Indonesia, Sri Lanka); Africa (Ghana, Camerun, Nigeria, Costa d’Avorio, Madagascar).
Il frutto di questa pianta si chiama Cabossa al cui interno, immerso in una massa mucillaginosa ci sono i semi del prezioso cacao. Se assaggiato tal quale i semi di questo frutto sarebbero veramente immangiabili perché acidi. Per arrivare al prodotto “commestibile” vi è bisogno di lunghe e laboriose lavorazioni.
1) Estrazione dei semi: Le cabosse appena raccolte vanno rotte e va estratta la massa mucillaginosa che vi è all’interno e da queste separare i semi di cacao.
2) Fermentazione: La fermentazione dei semi può avvenire in diversi modi. Fermentazioni più veloci e spinte o più lente. Questo impatterà anche sulla qualità finale del prodotto e sulla produttività. L’operazione di fermentazione serve a far ossidare la carica fenolica presente in esso. Blocca la germinazione del seme e secca la parte mucillaginosa che rimane adesa al seme. Una fermentazione ben fatta inizia a far sviluppare gli aromi tipici del prodotto e elimina difetti primari del prodotto di partenza.
3) Essiccazione: I semi una volta fermentati vanno fatti essiccare così da fermare l’attività vegetativa dei semi, preservare il prodotto dallo sviluppo di muffe e sviluppare ancora un bouquet di aromi tipici che poi ritroveremo nel prodotto finito. Sono passaggi dispendiosi che richiedono anche fino a 15 giorni. Essiccazione lenta è sicuramente sinonimo di prodotto di più alta qualità. Ma ad oggi l’industria che vuole tutto e subito ricorre molto spesso a essiccazioni più veloci anche a discapito della qualità organolettica finale del prodotto stesso. Queste descritte sono le prime fasi necessari per avere un prodotto stabile da poter insacchettare ed essere venduto e spedito dalle zone di produzione (paesi sopra indicati) alle realtà trasformatrici del cacao in cioccolato.
Appena arrivato in stabilimento il prodotto viene controllato a livello microbiologico e chimico- fisico per scongiurare difettosità importanti del prodotto. Dopodiché viene avviato alla fase di tostatura.
TOSTATURA: Avviene a temperature vicine ai 100°C e serve a facilitare la decorticazione dei semi e per la sanificazione della materia prima. Inoltre se ben eseguita impatta anche sullo sviluppo di aromi nel prodotto finito.
MACINAZIONE: I semi sono pronti ad essere macinati e dar luogo ad un prodotto denominato liquore di cacao. Questo liquore di cacao o massa di cacao è costituito principalmente da:
-Burro di cacao (53% circa) che sarebbe grasso
-Pasta di cacao
La macinazione viene fatta da cilindri di acciaio capaci di ridurre lo spessore delle particelle nell’ordine dei micron.
CONCAGGIO: Questa fase consiste nella movimentazione del cioccolato allo stato fluido all’interno di grosse conche riscaldate. Questo processo è utile a: Continuare ad ossidare sostanze fenoliche (amare) presenti all’interno. Favorire l’emulsione tra la fase grassa e la fase secca del prodotto. Abbassare l’acidità del prodotto tramite la perdita di molte componenti volatili responsabili di questo difetto. In questa fase vengono aggiunti anche gli altri ingredienti che possono essere ad esempio latte in polvere (per quanto riguarda il cioccolato al latte) o lo zucchero.
TEMPERAGGIO: Seguita alla fase di concaggio questa fase fondamentale per ottenere un prodotto croccante, lucido, scioglievole e stabile nel tempo. Questa operazione consiste nel portare a diverse temperature il cioccolato stesso in breve tempo affinché ci sia una riorganizzazione a livello dei grassi presenti al suo interno e il prodotto “cristallizzi” in maniera efficace.
Le temperature di temperaggio variano in base al prodotto che si va a realizzare che esso sia al latte, fondente o bianco. Ad esempio il cioccolato fondente si tempera sciogliendo il prodotto a 50°C successivamente abbassando in maniera omogenea la temperatura intorno ai 28°C per poi riportare il composto intorno ai 31°C riscaldando nuovamente. Questo procedimento è molto bello e scenografico quando eseguito da maestri cioccolatieri su tavoli di marmo e con spatole. A livello industriale si fa ricorso alle così dette temperatrici che sono dei tank preriscaldati in cui sono impostabili le temperature ed il cioccolato circola seguendo questo diagramma di temperature.
MODELLAGGIO: A questo punto il cioccolato è pronto. Pronto per essere inviato alla fase di modellaggio. Questa fase (vedi il nome) dà il senso a quella che sarà l’operazione. Ossia andare plasmare la forma del prodotto finito partendo da cioccolato fluido. Nel caso delle uova di cioccolato vi sono degli stampi plastici a forma di uovo appunto formati da 2 metà (metà superiore ed inferiore). Il cioccolato fluido viene inserito in una delle 2 metà, lo stampo viene chiuso ed avviato su una sorta di giostra in cui lo stampo viene mosso con movimenti lenti e precisi affinché il cioccolato si distribuisca uniformemente su tutto lo stampo. Vi è inevitabilmente una fase di raffreddamento che porta a solidificazione del cioccolato.
INSERIMENTO SORPRESA E CHIUSURA UOVO: Ed ecco che ci torna utile l’utilizzo dello stampo suddiviso in due “emisferi”. Lo stampo viene aperto e si ottengono le 2 metà del nostro uovo di Pasqua. In una delle due metà verrà inserita la tanto agognata sorpresa e le due metà verranno ricongiunte tramite leggero scioglimento dei bordi di una delle due metà e ricongiungimento con la metà “integra”.
DESTAMPAGGIO: Il prodotto ben freddo e temperato non ha paura di qualche colpetto. Infatti questa fase serve a togliere l’uovo di cioccolato dallo stampo ed avviarlo al confezionamento. Con qualche colpetto eseguito manualmente o meccanicamente a livello industriale l’uovo di Pasqua si stacca dallo stampo plastico ed è pronto ad essere avviato al confezionamento nella classica carta alluminata.
Uova al cioccolato fondente, latte o bianco?
Andiamo ora a vedere come si ottengono le 3 categorie di cioccolato più vendute in commercio e da che ingredienti sono costituiti.
Cioccolato fondente: è costituito da massa di cacao + burro di cacao + zucchero. Per essere cioccolato fondente si deve avere una percentuale minima di cacao del 43% e 28% di burro di cacao. Quando si va oltre il 70% di massa di cacao nel prodotto finito si parla di extra-fondente.
Cioccolato al latte: E’ un cioccolato che può essere ottenuto da granella di cacao, da cacao in pasta, cacao in polve o da cacao magro e da saccarosio. A questi viene aggiunto in percentuale del latte (intero parzialmente scremato-scremato) che può essere disidratato totalmente o parzialmente. Deve avere una quantità di cacao non inferiore al 25%. Se ci troviamo davanti a claim come cioccolato fine o finissimo siamo davanti ad un prodotto che deve avere almeno il 30% di contenuto in cacao.
Cioccolato bianco: Questo è il nome comune con cui chiamiamo questo prodotto ottenuto dalla
mescolanza di burro di cacao, zucchero, latte o suoi derivati per almeno il 14%. Che tecnicamente
non potrebbe essere chiamato cioccolato proprio perché non contiene massa di cacao. Il burro di
cacao viene estratto tramite pressione meccanica dopo la macinazione dei semi.
Cioccolato al latte e nocciole o gianduia: E’ come dicevamo prima cioccolato al latte con aggiunta in percentuale di granella di nocciole dal 15% al 40%.
Tutte queste diciture sono normate dalla Costituzione Italiana con la Legge 351/1976.
Sulla percentuale totale di grassi è possibile sostituire non oltre il 5% di burro di cacao con altri grassi come oli di palma, karité etc. E allacciandomi a questo discorso andiamo a definire quelli che vengono chiamati surrogati del cioccolato. Sono prodotti di minor pregio e di minor qualità sicuramente rispetto al cioccolato poiché hanno al loro interno sostituzione parziale o totale del burro di cacao con altri grassi come quelli che dicevamo prima di palma, di karité di cocco etc.
Sono sicuramente prodotti di più bassa qualità sensoriale utilizzati ad esempio per abbassare il costo ricetta. Quindi occhio alle etichette se non vogliamo pagare del surrogato a prezzo intero come invece cioccolato.
Al supermercato. Scegliamo il nostro Uovo di Pasqua
La qualità del prodotto dipende da tutte le componenti sopracitate ossia:
–Varietà di cacao utilizzate
–Lavorazione dei semi
–Lavorazione dei semi dopo l’essiccazione
Insomma tante variabili che portano a distinguere un prodotto di grande qualità da un prodotto di più bassa qualità. Ad oggi si può dire che il prodotto che troviamo tra gli scaffali è di fascia media con picchi poi di prodotti di fascia più alta di qualche azienda che spinge di più sul prodotto cioccolato e non sulla sorpresa. Si perché ad oggi diciamoci la verità, l’uovo di Pasqua è tendenzialmente un prodotto riservato ai bambini e quindi l’attenzione si sposta più sul contenuto della sorpresa e non sull’effettivo valore della materia prima cioccolato. Per una scelta di gusto e quindi di esperienza gustativa i consigli che possiamo dare sono sicuramente come prima cosa leggere l’etichetta badando poco al packaging.
Dobbiamo sicuramente trovare:
-Come grasso il burro di cacao, trovare in etichetta grassi esogeni al cacao come grasso di palma, karitè o cocco ci porta già sicuramente ad un prodotto di più bassa qualità organolettica.
-Per gli intenditori che vogliono gustare del buon cioccolato non dovrebbero esserci aggiunti molti zuccheri così da poter apprezzare al meglio il gusto vero del cioccolato
-Al primo posto degli ingredienti deve esserci la pasta di cacao almeno 43% sul prodotto finito per il fondente, almeno il 25% sul prodotto al latte.
- Per una esperienza di gusto più particolare focalizzarsi sulle varietà di cacao utilizzate che se
pregiate molto spesso vengono indicate in confezione. Ad oggi la varietà più usata è il Forastero
perché molto resistente agli attacchi di patogeni e più produttiva rispetto ad altre varietà e copre
oltre l’80% della produzione mondiale.
Se si vuole scegliere prodotti più di nicchia si può andare su varietà di cacao come il Trinitario,
Nacional ( Perù) , Amelonado (Africa), Curaray (Ecuador) e poi uno dei più pregiati il Criollo
originario del Venezuela è quello più “raro” perché molto difficile da coltivare per la sua poca
resistenza agli insetti e per la bassa resa.
-Oltre alle varietà è importantissima la lavorazione e questo il consumatore finale non può saperlo.
Quindi affidarsi ad aziende o ad artigiani seri che sanno lavorare la materia prima in maniera
ineccepibile per tirarne fuori il meglio del bouquet aromatico delle varietà lavorate.
Da consumatori cosa possiamo valutare: - Lucentezza: La lucentezza è un parametro importante che denota la buona lavorazione del
cioccolato. Dopo aver controllato l’etichetta l’aspetto può già indicarci la qualità del
prodotto. Se ci troviamo difronte ad un prodotto tendente all’opaco di sicuro è di gamma
inferiore. - Croccantezza: Il cioccolato deve suonare in bocca. Questo è indice di un buon temperaggio
del prodotto e di una buona materia prima utilizzata. - Olfatto: Non devono esserci difettosità o odori fastidiosi ma deve risultare un profumo
armonioso e rotondo. - Gusto: Un buon cioccolato è persistente in bocca, rotondo e deve essere gustato
lasciandolo per qualche secondo fondere in bocca senza masticarlo eccessivamente. Anche
dopo deglutizione deve dare sensazioni piacevoli con il retro olfatto e non terminare la sua
persistenza gustativa in bocca.