I 10 cibi inventati nell’ultimo secolo

Il Cucchiaio.it ha stilato una interessante lista di cibi molto comuni, che ognuno di noi ha assaggiato almeno una volta (con poche eccezioni), cent’anni fa nemmeno esistevano: sono stati inventati nell’ultimo secolo. Scopriamoli insieme .

Il cioccolato rosa, 2017

È fra i dolci più amati, ma per decine d’anni si è evoluto poco o nulla: prima era solo al latte oppure fondente, poi sul finire degli anni Trenta, Nestlé si è inventato quello bianco, la terza variante e la prima a essere in qualche modo “colorata”. E poi? E poi più nulla sino al 2017, quando l’azienda belga-elvetica Barry Callebaut ha brevettato il cioccolato rosa, dopo uno sviluppo andato avanti oltre 10 anni.

Per i golosi più timorosi, una rassicurazione: non contiene coloranti e additivi e la sua originale tonalità è dovuta alla presenza di pigmenti naturali che si trovano nelle fave di cacao che si coltivano esclusivamente in Brasile, Costa d’Avorio ed Ecuador; allo stesso modo, ha sapore fruttato ma non contiene tracce di frutta. Secondo quanto stabilito dalla Food and Drug Administration americana, deve avere “almeno l’1,5% di cacao magro, minimo il 20% di parte grassa e il 2,5% di grassi derivati dal latte”.

Le farine di insetti, 2014

Questa è l’eccezione di cui si diceva all’inizio, perché dalle nostre parti (nel mondo occidentale, cioè), gli insetti non sono esattamente fra i cibi preferiti. E però, anche grazie al via libera al loro consumo dato dall’Unione europea a inizio 2021, è possibile che le cose cambino.

Fra i pionieri del settore c’è l’americano Charles B. Wilson: leggenda vuole che iniziò a sperimentare con grilli e altri insetti commestibili alla ricerca di un modo di aggirare le sue allergie alimentari. Nel 2014 fondò la Cricket Flours a Portland, in Oregon (“crickets” significa grilli), e il resto, come si dice, è storia: negli anni, sono sempre di più le compagnie che si sono dedicate alla produzione di cibo derivato dagli insetti, che si sono dimostrati una fonte ottima e sostenibile di proteine, grassi e vitamina B.

La carne vegetale, 2011

La data è quella di fondazione di Impossible Foods, una delle due aziende americane (l’altra è Beyond Meat) che ha rivoluzionato il settore delle alternative vegetali alla carne, i cui prodotti sono però arrivati sul mercato solo fra 2016 e 2019. Abbiamo scritto “rivoluzionato” perché questi burger di non-carne sono stati i primi ad avere l’aspetto, il colore, la consistenza e pure il sapore del cibo che cercavano di imitare. E pure sostituire, come vorrebbe fare il fondatore di Impossible Foods, che avevamo intervistato la scorsa primavera.

Le crocchette di pollo, 1983

La data si riferisce alla prima messa in vendita da parte di McDonald’s dopo la sperimentazione condotta a Knoxville, nel Tennessee, ma la storia delle pepite (questo vuol dire, “nuggets”) di pollo è più complicata di così. Alla fine degli anni Settanta, l’allora amministratore delegato dell’azienda, Fred L. Turner, le ideò pensando a un cibo che fosse appetitoso e facile da mangiare. E ispirandosi agli studi di Robert C. Baker, professore di Scienze alimentari alla Cornell University, che le aveva inventate negli anni Cinquanta. Dimenticando però di brevettarle. L’enorme successo delle crocchette di pollo, che negli anni sono state migliorate e anche rese in qualche modo più salutari (in passato contenevano pure la pelle, erano fritte in olio di origine animale ed erano piene di conservanti artificiali), è anche colpa e merito del governo americano, che negli anni Ottanta le aveva incluse nella dieta consigliata, sperando di convincere le persone a consumare meno carne rossa e più carne bianca.

Bubble Tea, 1980

Per questa invenzione non c’è un inventore, ma un luogo di origine. Che è Taiwan, e più in generale l’Oriente, dove oltre quarant’anni fa venne l’idea di realizzare un alimento che si potesse insieme bere e masticare. Non è chiaro a chi venne, questa idea: la paternità è contesa fra Tu Tsong-He e Liu Han-Chieh, i titolari di due diverse sale da té, che avrebbero preso ispirazione dalle perle di tapioca (il primo) e dall’abitudine dei giapponesi di bere caffè freddo (il secondo). Fatto sta che entrambi iniziarono a servire ai clienti questa bevanda, appunto arricchita con sfere di tapioca e ghiaccio. Ormai molto diffuso anche in Occidente, il Bubble Tea si può avere anche con sfere che contengono aromi, gelatine di frutta, gelatine vegetali e molto altro.

Le compresse multivitaminiche, 1970

Vero: non è cibo. Però è comunque qualcosa che si mangia, o che può fare parte dell’alimentazione delle persone. Due le tappe fondamentali nella storia di quelli che oggi conosciamo come integratori: il 1912, quando il chimico polacco Casimir Funk inventò la parola “vitamine”, dimostrando che nel cibo c’erano altre sostanze nutritive, oltre a carboidrati, grassi e proteine; gli anni Settanta, quando le compresse multivitaminiche iniziarono a essere messe in vendita al pubblico negli Stati Uniti, e da lì in poi anche in tutto il mondo.

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Il cheeseburger, 1935

Sembra incredibile (anche se purtroppo i risultati un po’ si vedono), ma sono quasi novant’anni che mangiamo cheeseburger. E no, a inventarli non è stata la catena di fast food che viene subito in mente quando si pensa a questi panini, anche se senza dubbio ha dato un notevole contributo alla loro diffusione in tutto il mondo. La paternità è comprensibilmente combattuta, e chi se la attribuisce con maggiore forza è la città americana di Denver: qui, alla metà degli anni Trenta, un certo Louis Ballast pensò di far sciogliere una fetta di formaggio su uno degli hamburger che serviva nel suo drive-in, che si chiamava Humpty Dumpty, brevettando poi l’idea col nome di cheesburger. Il locale non c’è più, ma il Comune ha fatto erigere un memoriale per ricordarlo.


La gomma da masticare, 1928

Qui c’è da fare una distinzione che l’italiano non aiuta a fare, quella fra chewing gum e bubble gum, che per noi sono la stessa cosa (gomma da masticare, cingomma, gomma americana) ma in realtà non sono la stessa cosa. La prima, che risale addirittura alla fine dell’Ottocento, è appunto una gomma da masticare (“chew”, in inglese) e non inghiottire; la seconda è un tipo specifico di gomma da masticare creato proprio per fare i palloncini o le bolle (“bubbles”, in inglese).La sua invenzione si deve all’americano Walter Diemer, che lavorava come contabile in una fabbrica di gomma da masticare e dopo lunghi esperimenti riuscì a realizzarne una variante meno appiccicosa e molto più elastica ed estensibile. Perfetta per fare le bubbles, insomma. Se vi state domandando perché nella maggior parte delle confezioni, dei marchi e delle foto iconiche che rappresentano la bubble gum, i palloncini siano rosa, è semplicemente perché rosa era l’unico colore in cui era disponibile la gomma da masticare nello stabilimento dove lavorava Diemer.

Il pane in cassetta, 1928

Lo sappiamo: è junk food (anzi, è cibo ultratrasformato), come vi abbiamo raccontato a metà 2020. E però, il pane a fette, o pane in cassetta, ha il suo perché e può salvare da molte situazioni difficili in cucina. Talmente tanto che gli americani gli hanno addirittura dedicato un modo di dire: per sottolineare qualcosa di cui sono molto contenti, dicono “best invention since sliced bread”, cioè “la miglior invenzione dopo il pane a fette”. Invenzione che si deve all’ingegner Otto Frederick Rohwedder, che alla fine degli anni Venti non ha creato il pane (ovviamente), ma la macchina che poteva tagliarlo automaticamente in fette uguali, che poi potevano essere confezionate e vendute. Fu una novità di cui parlarono tutti i quotidiani dell’epoca e anche se l’azienda che lo portò per prima sul mercato, la Chillicothe Baking Company del Missouri, non esiste più, il pane in cassetta resiste e fra poco compirà cent’anni.

Le patatine fritte, 1920

Come si vede, gli anni fra le due Guerre Mondiali furono anni in cui il junk food la fece da padrone, con la nascita di alcuni capisaldi che hanno tantissimo successo ancora oggi. E le rappresentanti più famose della categoria non possono che essere le patatine fritte, cui nel 2021 il New York Times dedicò addirittura un editoriale per difenderle dalla crociata salutista (lo avevamo commentato facendoci aiutare da una nutrizionista). In inglese sono “french fries”, anche se non si sa con certezza se siano francesi o belga e i due Paesi litigano (anche) su questo da più o meno un secolo. Quello che si sa è che divennero famosissime dopo che i soldati americani le portarono con loro tornando in patria alla fine della Prima Guerra Mondiale. E che buona parte del loro successo si deve anche all’invenzione del tagliapatate ad acqua, che dagli anni Sessanta permise di industrializzarne la produzione. E ai fast food di venderne a tonnellate.