La filiera corta come acceleratore per un sistema alimentare sostenibile

Filiera Corta

Scegliere il cibo la cui produzione, distribuzione e consumo rispetta l’ambiente, i diritti dei lavoratori e del consumatore è un’azione che va verso la sostenibilità ambientale, sociale ed economica.

Sin dall’inizio degli anni 2000, in tutta Europa si sono iniziate a verificare, nel settore agroalimentare, delle spinte verso uno sviluppo sostenibile. Le famiglie contadine cominciarono ad adottare pratiche per migliorare la loro qualità della vita seguendo strategie fondamentalmente diverse dall’approccio impiegato dai processi di modernizzazione.

Si è assistito, quindi, ad una riconfigurazione “di prossimità” con aziende che hanno scommesso sempre più su un modello di filiera corta sostenibile. Le aziende, infatti, si sono dedicate alla ricerca di soluzioni innovative nella prevenzione e gestione delle eccedenze alimentari adottando modelli di economia circolare che puntavano alla sostenibilità sociale e ambientale.

Cos’è e come funziona la “filiera corta”

La filiera agroalimentare è un sistema molto articolato, composto da materie prime, tecnologie, attività produttive, risorse e imprese che creano, trasformano e commercializzano i prodotti agroalimentari.

Si parla di filiera corta per indicare un sistema di distribuzione dei prodotti che utilizza un numero ridotto di attori, come ad esempio la filiera dei prodotti freschi. Di solito più corta è la filiera, più lo sviluppo delle economie locali viene promosso.

La filiera corta è un valore aggiunto per le aziende alimentari poiché, grazie ad essa, le aziende riescono ad assicurare un’altissima qualità dei prodotti. Ciò che viene venduto attraverso la vendita diretta o attraverso aziende a filiera corta è certamente fresco, non industriale, spesso più sano grazie all’uso contenuto di pesticidi o di prodotti conservanti strettamente necessari durante la lavorazione industriale.

I prodotti a filiera corta

I prodotti a filiera corta sono anche, molto spesso, espressione del territorio in cui nascono, quindi eccellenze gastronomiche o comunque prodotti che non vengono solitamente venduti nella grande distribuzione. Il binomio che si crea tra aziende e tessuto sociale circostante rende possibile una maggiore salvaguardia dell’ambiente ed un rafforzamento della biodiversità agricola.

Adottare il sistema della filiera corta del cibo significa dunque ridurre i passaggi tra produttore e consumatore; portare vantaggi al consumatore in termini di freschezza e qualità del prodotto; rientrare in contatto con molti ambiti del vivere quotidiano che sono collegati alla cultura del cibo come il legame con la natura; ridurre la necessità di ricorrere a lunghi trasporti inquinanti.

Risulta, dunque evidente, come nel concetto di “filiera corta” sia intrinseca oltre ad un’idea di prossimità geografica, anche e soprattutto una prossimità sociale che implica la capacità della catena di stabilire un canale di comunicazione tra produttore e consumatore.

La filiera corta a servizio dell’agricoltura urbana

Il concetto di prossimità intrinseco nella essenza del sistema di “filiera corta” è sempre più applicabile all’agricoltura peri-urbana. Lo sviluppo che ha interessato la filiera corta, durante questi anni, ha avuto un impatto importante anche in riferimento al recupero ed alla riqualificazione, in ottica di economia circolare, delle aree peri-urbane.

Le aree agricole peri-urbane si trovavano spesso in uno stato di diffuso degrado ed il loro recupero è stato fondamentale per l’ottenimento di un’agricoltura peri-urbana consistente e di qualità.

L’utilizzo della filiera corta nel settore alimentare può fornire risposte adeguate all’esigenza di produrre cibo più accessibile. Inoltre, la domanda di prodotti alimentari da luoghi vicini potrebbe contribuire a ridurne la destinazione energetica, con un effetto positivo sui prezzi alimentari. La valutazione ambientale, quindi, deve essere rigorosa e attenta, con un occhio anche ad altri aspetti, che vanno dalla biodiversità al paesaggio. Il consumo locale, in altri termini, non deve diventare una forma di chiusura e di protezionismo, ma una delle tante risposte che, integrate ad altre, possono contribuire a sviluppare comportamenti sociali ed alimentari più sostenibili anche nelle aree urbane.