Si avvicina il Festival del Giornalismo Alimentare, intervista a Massimiliano Borgia.

“Il mondo del cibo dopo la pandemia” è questo il tema su cui si incentra la prossima edizione del Festival del Giornalismo Alimentare che si svolgerà al Centro Congressi Lingotto a Torino, il prossimo 31 maggio e 1 giugno. Radio Food sarà presente come media partner e per prepararci a questo evento abbiamo intervistato l’organizzatore Massimiliano Borgia.

Mancano due settimane a questa nuova edizione 2022 del Festival del Giornalismo Alimentare che torna in presenza e senza restrizioni, seppur in una data anomala rispetto alla “tradizionale ultima settimana di febbraio”, mantenendo anche la diretta streaming. Tante le novità, tante le tematiche riprese rispetto all’ultima edizione e ben otto ricerche e indagine che coinvolgono informazione, mass media e consumatori che saranno presentate nell’arco dei due giorni.

FestivalDelGiornalismoAlimentare2022

Scopri i temi del FGA – Anteprima Festival Giornalismo Alimentare

Il filo conduttore dei vari temi affrontati sarà l’analisi della percezione collettiva dell’informazione sull’universo cibo in un periodo dove l’ottimismo per la ripartenza ha lasciato lo spazio alle nuove preoccupazioni per una situazione economica di guerra.

E proprio riguardo alle novità di questa edizione e a quelli che saranno i temi affrontati abbiamo fatto una lunga chiacchierata con Massimiliano Borgia, patron e organizzatore del Festival.

Questa ottava edizione del FGA si basa molto sulla comprensione del “cosa sta accadendo”, l’idea iniziale era capire cosa ci ha lasciato la pandemia, ma lo scoppio della guerra ha destabilizzato nuovamente gli animi e ci ha fatti entrare in una nuova crisi economica. Ciò che doveva essere ripresa ora si presenza come futuro incerto, ma non solo da un punto di vista geopolitico o economico, ci troviamo coinvolti anche in quelli che sono i nostri beni di consumo quotidiani, dall’energia alla farina, all’olio, al vetro. La domanda che viene naturale porsi è: cosa sarà del nostro cibo? In cosa e come ci dovremo adeguare?

Come già anticipato il Festival sarà palcoscenico per presentare una serie di ricerche fatte tra mass media e conusmatori e che ci diranno come vivono e si orientano i cittadini rispetto al cibo, cosa comprano, dove e quanto ricercano qualità, se preferiscono maniare fuori, a casa o usufruire del delivery. Insomma alla fine di questi due giorni capiremo quanto gli italiani, lettori e consumatori, sono consapevoli o se nutrono incertezze”.

Massimiliano Borgia la nuova edizione del FGA ha come titolo il mondo del cibo dopo la pandemia, secondo te com’è cambiato e dove si avverte di più il cambiamento: consumi, produzione, ristorazione?

“Abbiamo attraversato una pandemia e in questi due anni di virus abbiamo imparato a prenderci più cura di noi stessi sotto diversi punti di vista. Siamo più attenti all’igiene, al benessere personale, alla salute e alla gestione del tempo libero, diamo più valore all’alimentazione e al nostro corpo. Aspetti che andremo a ricercare soprattutto nell’informazione che deve saper spiegare, raccontare, dare consigli”.

“Per quanto riguarda, invece, il nostro essere consumatori di cibo fuori casa, la voglia di tornare a vivere la convivialità nei luoghi canonici c’è, anche se ancora assistiamo a strascichi di timore verso locali affollati o poco puliti. Quello che abbiamo vissuto, a mio avviso, ci porta a osservare di più i posti che viviamo e a scegliergli prediligendo lo “spazio vitale”, il turismo fuori porta, l’agriturismo e tutto ciò che è prossimità e ci aiuterà a conoscere meglio il cibo che mangiamo. La riscoperta e il contatto con la natura ci guiderà nelle nostre future scelte, abbiamo voglia di benessere e questa si riflette anche nel cibo, nella selezione delle materie prime e nell’approccio a alimenti e prodotti sempre più naturali, buoni e figli della terra”.

Quando parliamo di cibo ci riferiamo anche e ovviamente all’informazione. E’ cambiata anche quella secondo te? Forse c’è meno spettacolarizzazone e più voglia di trasparenza?

“Sono cambiate le esigenze dei consumatori mediatici. Oggi vogliono essere messi a conoscenza non solo delle nuove aperture, ma soprattutto vogliono avere più informazione sul cibo, sulle materie prime, da dove vengono, chi le produce e come. Questo carica il giornalista o il blogger di una responsabilità importante, di una scrittura più etica, fatta di ricerca, di domande, di approfondimenti e non solo di iperboli, selfie e comunicati stampa copia e incolla.

La cucina dovrebbe essere raccontata come costume, come cultura, storia piuttosto che come luogo di chef che sono sempre più personaggi di un certo star system. A mio avviso c’è bisogno di più indagine e meno senso di protagonismo, di più consapevolezza e e formazione su ciò che scriviamo. C’è bisogno di porre delle domande, di andare alla ricerca di una notizia e non di trasmettere solo quello che troviamo già confezionato. Non si può pensare di scrivere di cibo e cucina e non sapere di cosa stiamo parlando”.

Quindi il giornalismo che ci dobbiamo aspettare per il futuro prossimo come sarà?

Un giornalismo che deve essere più sociologico, più economico e che segua delle logiche di approfondimento. E’ vero che il web premia la quantità e ha le sue logiche di indicizzazione, ma dobbiamo discostarci da questo concetto perché i lettori sono sempre più alla ricerca di informazione chiara, nuova, vera. Vogliono saperne di più e noi dobbiamo essere in grado di fornire un’informazione adeguata. E poi dimentichiamoci il giornalismo da posto fisso, saremo tutti free lance e prprio per questo dobbiamo essere bravi a specilizzarci e a cercare le notizie. In poche parole dobbiamo saper essere autorevoli e crearci il nostro seguito di lettori.

Tra i temi che il FGA tratterà c’è un focus sull’agricoltura, sempre più presente nell’informazione alimentare ed enogastronomica in genere, anche con un consumatore/lettore sempre più attento alla materia prima..

“Sì è vero il lettore oggi è sempre più attento alle materie prime, c’è ricerca di informazione, ma a dire il vero  c’è poca formazione del giornalismo su questo settore, sono pochi i giornalisti che sanno parlare di agricoltura e sono adeguatamente formati per farlo. Questo non significa che devono essere degli agronomi, ma che bisognerebbe essere più propensi a frequentare le campagne, aparlare con i contadini, a indagare su tecniche, produzioni, tecnologie”.

Giornalismo alimentare e sostenibilità, parola sempre più diffusa, a tratti abusata, di cui si dice tanto ma spesso non si capisce fino in fondo di cosa stiamo parlando, come il giornalismo può aiutare a far capire questo concetto e a essere esso stesso sostenibile?

“Tutto il giornalismo deve essere comunicazione autorevole. Se si pensa alla sostenibilità in effetti ci sono tanti settori, tanti temi, tante varianti e alla fine ne esce fuori un concetto nebuloso, confuso, che molto spesso viene identificato con la promozione o la questione solo di emissione di co2, di pannelli solari, dello spreco alimentare. Queste sono solo delle parti del messaggio che dovrebbe essere dato. Se vogliamo essere chiari sul tema, anche in questo caso dovremmo approfondire alcuni argomenti, come la conoscenza dell’ambiente, di cui sappiamo veramente poco. Dobbiamo capire i cambiamenti climatici, capire come adattarci in questa evoluzione, capire come mangeremo, come coltiveremo, ecc.. “

Nel 2020 prima che scoppiasse tutto ci siamo lasciati con un’edizione del Festival incentrata sul concetto dello spreco alimentare con il progett della foodbag, progetto che stai continuando a promuovere? Pare che lockdown e pandemia abbiamo sensibilizzato molto i consumatori..  

“l tema degl sprechi ritorna puntuale negli utlimi anni ed è importante non solo per una questione ambientale, ma anche della sostenibilità economica. Ammetto che siamo stati di esempio per molti. Per esempio Fondazione Campagna Amica le ha proposte e le chiama agribag. Nel 2020 la nostra proposta di legge aveva raccolto 15mila firme per l’adozione nei ristoranti, che sono attenti al tema, sono anche partecipi, ma ancora non sono attrezzati, non c’è quell’investimento giusto che li porta a creare un packaging studiato in linea l’immagine del ristorante stesso e farne anche una questione di brand”.

Ultima domanda, ristorazione post pandemia qual è il suo stato di salute e come viene percepita soprattutto dal consumatore, anche attarverso i racconti fatti dalla stampa e dai blogger?

“Amio avviso è diminuito l’interesse per i ristoranti nell’ultimo periodo, ma è solo una fase naturale, risalirà presto perché la gente ha voglia di uscire, di socializzare, di stare con le persone e la ristorazione fa parte della cultura della socializzazione. Il cliente oggi vuole però sentirsi raccontare altro rispetto alla filosofia di cucina. Vuole sapere cosa c’è nel piatto, da dove arriva, perché è stato scelto e com’è stato trattato. In questa  fase sono gli stessi chef e i camerieri a essere i primi comunicatori. La loro offerta deve basarsi sempre di più su benessere e salute e porre anche una sostenibilità nei prezzi. Certi aumenti sono ingiustificati e la crisi che ci accompagna non aiuta la ristorazione a mettersi in sesto se essa stessa non va incontro ai clienti. Senza la rabbia covata negli ultimi anni”.

A questo punto non ci resta che dare appuntamento al Festival Del Giornalismo alimentare per il 31 maggio e il 1 giugno a Torino. Tutte le info sull’evento su www.festivalgiornalismoalimentare.it.