Errori ed orrori della cucina italiana all’estero

Siamo il paese della buona tavola dove ogni angolo di territorio propone prodotti gastronomici e piatti irresistibili. All’estero la nostra cucina è indubbiamente la più rinomata ed apprezzata in tutto il mondo fatta di pasta, carne, formaggi, salumi, olio d’oliva, dolci e mille altri prodotti tipici che rappresentano un’icona universale in termini di gusto, qualità e tradizione. Un vessillo del Made in Italy perennemente issato. Eppure non tutto ciò che all’estero si pensa in proposito è vero. Detto subito che un piatto su tre preparato fuori dai nostri confini nazionali è falso, esistono ristoranti che propongono ai propri clienti specialità che in Italia sono inesistenti utilizzando impropriamente parole, colori, riferimenti, immagini, denominazioni e ricette che richiamano al nostro paese per preparazioni che non hanno nulla a che fare con la nostra realtà gastronomica. In aggiunta a questo, molte pietanze o abitudini culinarie vengono fraintese, manipolate da sedicenti esperti gastronomici, chef locali o, ancor peggio, cuochi capelluti o signore per bene di lontane origini italiane a noi completamente sconosciute, millantatori di fantomatiche nozioni di autentica cucina italiana che, grazie a TV, libri e riviste contribuiscono a diffondere ed alimentare parecchi falsi miti e caricature di piatti della nostra tradizione di cui gli stranieri sono fermamente convinti.

Ecco allora il decalogo, sebbene composto da 19 voci, delle più comuni convinzioni degli stranieri sulla cucina italiana che in realtà sono completamente, “autenticamente” false.

1 –  SPAGHETTI BOLOGNESE. È forse uno dei piatti italiani più famosi e richiesti al mondo. A rigore, si tratta di un cumulo di spaghetti scotti, ricoperti da una colata di “un qualcosa” somigliante a ragù pronto. Peccato che sia praticamente impossibile trovare un ristorante a Bologna che lo serva e, soprattutto, la vera ricetta parli di Lasagne alla bolognese e non di spaghetti! Se proprio si vuole usare la pasta lunga, meglio le classiche tagliatelle…

2 –  PANE E OLIO. Bizzarra consuetudine di molti ristoranti all’estero, soprattutto nei locali italiani di basso cabotaggio negli USA e nel Regno Unito. Tralasciando la frequente, discutibile qualità degli ingredienti, consiste nel portare in tavola del pane a fette accompagnato da un piattino d’olio d’oliva talvolta con l’aggiunta di qualche goccia di aceto balsamico. L’intento sarebbe di mescolare e intingervi il pane in una strana concezione di italianità. Ma perché?! Non è meglio, come d’uso in molti locali nostrani, presentare dell’olio extravergine in bottiglia etichettata provvista di tappo anti rabbocco – italiano e di ottima qualità – lasciando facoltà al cliente di provare l’abbinamento pane-olio in attesa delle pietanze?

3 – GARLIC BREAD (o PANE ALL’AGLIO). Variante “robusta” del PANE E OLIO descritta al punto precedente. Si tratta di fette di pane abbrustolito – del tipo baguette o filone – condite con burro fuso, aglio e prezzemolo freschi tritati ed una dose abbondante di aglio in polvere. In altre parole: una robaccia untuosa dall’origine dubbia ma dagli esiti digestivi certissimi. Anche questo, manco a dirlo, spacciato per antipasto nazional-popolare.

4 – “SUGO ALLA PASTA”. È opinione diffusa fuori dai confini nazionali che un piatto di pasta per definirsi tale debba essere condito con una generosa quantità di sugo o condimento, ancor peggio se preventivamente “rinforzato” da massicce dosi di burro o panna, normalmente nella proporzione 40% – 60%. Niente di più sbagliato! Inutile scegliere una pasta di alta qualità per poi coprirne il gusto. Il segreto di un vero piatto di pasta “all’italiana” sta nel giusto equilibrio tra pasta e sugo: nessuno dei due deve prevaricare il sapore dell’altro.

5 – PESTO. Qualsiasi fluido verdognolo ottenuto con ingredienti sminuzzati legati da olio presente nelle pietanze più disparate, dal panino, all’antipasto, al riso, ai secondi di carne (pollo) o pesce, all’estero è rubricato come pesto, mentre pesto –  quello vero, genovese, preparato con i sacri crismi – significa Liguria e condimento esclusivo per trenette o gnocchi.

6 – PARMESAN. Sulla pasta è lecito aggiungere al massimo due cucchiaini di formaggio. Oltre, infatti, sovrasterebbero il sapore del piatto, sminuendolo. L’uso degli stranieri di aggiungere “Parmesan” (generica traduzione all’estero riferita ai nostri Parmigiano Reggiano e Grana Padano, falsi nel 90% dei casi) spesso degenera in vizio finendo su pietanze come le “linguine ai frutti di mare” o il “risotto ai funghi” che notoriamente non si sposano con il formaggio. Succede quindi che, una volta arrivati in Italia da turisti, facciano inorridire camerieri e patron di ristoranti alla richiesta di formaggio grattugiato (…almeno questa volta Parmigiano autentico) sopra gli “spaghetti allo scoglio”, al “risotto alla pescatora” o ai funghi porcini.

7 –  CAESAR SALAD (o INSALATA CESARE). Molti ristoranti all’estero – soprattutto negli Stati Uniti – la considerano una pietra d’angolo della cucina italiana ma, anche in questo caso, di italiano c’è ben poco. La sua origine, ancora controversa, sembrerebbe essere avvenuta nel 1924 in California quando il cuoco di origine italiana Cesare Cardini, non avendo a disposizione molti ingredienti inventò in occasione dell’annuale festa del 4 luglio – l’Indipendence Day – questo piatto.

8 – PEPPERONI PIZZA. Un intramontabile classico della falsa cucina italiana, soprattutto in Nord America, è la Pepperoni pizza, la più famosa pizza all’estero capostipite di innumerevoli varianti (più o meno “eclettiche” per usare un eufemismo) a cui, ingiustamente, gli stranieri associano a questo nome. Come detto, tralasciando le opinabili modalità di preparazione, gli ingredienti utilizzati (quasi mai vera mozzarella) ed il metodo di cottura, teoricamente per gli italiani equivarrebbe a qualcosa di simile ad una pizza con i peperoni, mentre per gli anglofoni è una pizza guarnita con un particolare salume di origine americana – detto appunto Pepperoni – preparato con carne di maiale e manzo leggermente affumicata. Questa presenza immancabile nelle pizzerie al taglio, ma anche in molti locali italiani di piccole dimensioni, altro non è che una “Diavola” poco o per nulla piccante.

9 – PEPE OVUNQUE. L’abitudine del cameriere “armato” di macinapepe (considerate le dimensioni dell’utensile somigliante ad un oggetto contundente ed inversamente proporzionale alla reputazione del ristorante) pronto ad offrire una macinata di pepe sopra qualsiasi pietanza. Guai osare chiedere il motivo di cotanta “cortesia”. Qualche zelante cameriere potrebbe rispondere (è già successo al sottoscritto…): «In Italia si usa così!».

10 – PENNE ALLA VODKA. Si tratta di un piatto di pasta corta con sugo di pomodoro, bacon, cipolla, panna e, ovviamente, vodka inventato a metà degli anni ’70, la cui origine è ancora controversa. C’è chi sostiene che questo pietanza fu inventata in un ristorante di Bologna, mentre per altri – la maggioranza – pare sia stato Luigi Franzese nel ristorante Orsini di New York a prepararlo per primo usando un bicchiere di vodka per sfumare la salsa di pomodoro chiamandolo in origine “Penne alla russa”. Chiunque sia l’autore, oggi rappresenta un classico della cucina italo-americana. Anche in questo caso, poco “italo” e molto “americana”.

11 –  FETTUCCINE ALFREDO. In Italia nessuno le conosce, tranne che a Roma, eppure è un piatto molto famoso e richiesto all’estero, soprattutto negli Stati Uniti. Le fettuccine Alfredo non sono altro che fettuccine di pasta all’uovo condite con triplo burro e Parmigiano Reggiano inventate nel 1920 da un ristoratore capitolino – Alfredo Di Lelio – in onore di due famosi attori hollywoodiani dell’epoca. In teoria sarebbero effettivamente una vera ricetta italiana, ma il fraintendimento è di considerarle come un piatto molto famoso della nostra cucina quando invece non lo sono affatto.

12 – PASTA E RISOTTO. Rigorosamente scotti, proposti come contorno o serviti assieme al pollo. Quelli che da noi sono i primi piatti per definizione – pasta e riso appunto –  fuori dai confini nazionali vengono spesso serviti come contorno associati ad altre pietanze.

13 – SPAGHETTI MEATBALLS (o SPAGHETTI CON LE POLPETTE). Il 4° ed ultimo “impostore” della falsa cucina italiana assieme a Caesar Salad, Spaghetti Bolognaise e Fettuccine Alfredo. Ennesimo esempio di piatto-caricatura della nostra gastronomia all’estero. Andrebbe piuttosto classificato come piatto americano di lontana ispirazione italiana. È vero che nel Sud Italia esistono molti sughi di pasta a base di polpette, ma sono preparati utilizzando pezzi molto piccoli e non polpette intere somiglianti a palline da golf sopra gli spaghetti!

14 –  CAPPUCCINO. Il cappuccino alla fine di un pranzo o, ancor peggio, dopo cena. Ciò che per noi è il rito della più classica colazione all’italiana – cornetto e cappuccino – per gli stranieri è una bevanda da gustare dopo pranzo alla stregua di un caffè. Sarebbe come se negli Stati Uniti, a fine pasto, ordinassimo una tazza di latte freddo e cornflakes o una ciotola di porridge nel Regno Unito!

15 – IN TUTTE LE SALSE. Le salse riunite sotto la dicitura “Italian Dressing”, declinate in decine di varianti, dai nomi più fantasiosi: Family Recipe Italian Dressing, Organic Tuscan Italian Dressing, Lite Italian Dressing, Homestyle Italian, Fra Diavolo, fino alle immancabili Creamy Caesar Dressing ed Alfredo Sauce per citarne solo alcune. A seconda della composizione – un concentrato calorico di grassi, acidi, spezie, sale ed additivi – sono usate non solo per condire (anche se sarebbe più corretto dire “annegare”, considerata la quantità utilizzata) insalate verdi, ma addirittura paste fredde, patate fritte e panini imbottiti. Inutile affermare che per noi l’unico condimento che si abbina perfettamente all’insalata è composto da olio extravergine d’oliva, aceto o succo di limone, sale e pepe nero. Nient’altro.

16 – FESTA DEI 7 PESCI. Nota anche come “The Vigil”, celebrata la sera del 24 dicembre, prevede che si ceni con 7 portate di pesce. Curiosamente la “Festa dei Sette Pesci”, che negli Stati Uniti è ritenuta da molti la più importante festività italiana, è in realtà a noi sconosciuta, sebbene – soprattutto nel Sud Italia – esistano tradizioni piuttosto simili e sia comunque abitudine diffusa mangiare pietanze senza carne la sera della vigilia di Natale.

17 – BUONSENSO. Mangiare gli spaghetti o più in generale, la pasta lunga, con forchetta e cucchiaio. Oltre il buonsenso, lo impone anche il galateo: spaghetti, bucatini, fettuccine, tagliatelle o tagliolini si mangiano esclusivamente con la forchetta! Non si tagliano con il coltello, tanto meno si usa il cucchiaio per aiutarsi.

18 – CHICKEN PARMIGIANA.  Letteralmente “Pollo alla parmigiana”, un classico che ancora oggi resiste nei menu di tutti i ristoranti italo-americani. Si tratta di una petto di pollo impanato e successivamente ricoperto da uno strato di salsa di pomodoro e un qualsiasi formaggio purché filante, quasi sempre servito su un letto di spaghetti al pomodoro. Nessuno sa spiegare l’uso del termine “parmigiana”: non vi è infatti alcun riscontro con il capoluogo emiliano, tantomeno l’impiego di Parmigiano Reggiano nella preparazione.

19 – AL FRESCO. È opinione diffusa tra gli stranieri che la quintessenza del desinare italico nella bella stagione sia pranzare o cenare “al fresco”, tanto meglio su tavoli apparecchiati con l’immancabile tovaglia a quadretti bianchi e rossi, il fiasco impagliato di Chianti (come se il famoso vino rosso toscano – seppure pregiato – fosse l’unico vino presente in Italia) all’ombra di un pergolato di vigne. Pochi o forse nessun forestiero sa che per noi italiani “al fresco” equivale a “carcere, prigione”. Un luogo accuratamente da evitare: forse per il servizio, probabilmente per la cucina, senza dubbio per la clientela.