Come il Dpcm colpisce il settore agro-alimentare

Sono circa 128mila i bar, i ristoranti, le pizzerie e gli agriturismi chiusi nelle 6 regioni arancioni e rosse determinate dal nuovo Dpcm. Il lockdown costa 2,7 mld e colpisce 4 locali su 10 in italia.

La serrata imposta dalle misure anti contagio contenute nel nuovo Dpcm riguarda regioni dove il consumo alimentare è molto diffuso fuori casa e colpisce quasi 4 locali su 10 (38%) di quelli esistenti in Italia compresi oltre 5mila agriturismi.

L’analisi della Coldiretti

Nelle regioni rosse e arancioni individuate con il nuovo Dpcm la ristorazione viene praticamente azzerata dalle limitazioni imposte dall’ultimo DPCM per frenare l’ondata di contagi. Gli effetti della chiusura delle attività di ristorazione si fanno sentire a cascata sull’intera filiera agroalimentare con disdette di ordini per le forniture di molti prodotti agroalimentari, dal vino all’olio, dalla carne al pesce, dalla frutta alla verdura ma anche su salumi e formaggi di alta qualità che trovano nel consumo fuori casa un importante mercato di sbocco.

E’ quanto emerge da un’analisi della Coldiretti sulle conseguenze dell’entrata in vigore del nuovo DPCM. Lombardia e Piemonte rappresentano oltre la metà (58%) delle strutture colpite dalle misure più restrittive sul fronte dei consumi fuori casa, mentre il resto è concentrato fra Puglia, Sicilia, Calabria e Valle d’Aosta.

In alcuni settori come quello ittico e vitivinicolo la ristorazione rappresenta addirittura il principale canale di commercializzazione per fatturato. Le limitazioni alle attività d’impresa devono dunque prevedere un adeguato e immediato sostegno economico lungo tutta la filiera per salvare l’economia e l’occupazione in un settore chiave del Made in Italy.

Limitazioni permangono però anche nel resto del territorio nazionale non compreso nelle due fasce più critiche dove le attività di ristorazione (bar, pub, ristoranti, gelaterie, pasticcerie) sono consentite solo dalle ore 5,00 alle 18,00 con la possibilità sempre della consegna a domicilio, nonché fino alle ore 22,00 della ristorazione con asporto.

Smart working e pochi soldi fanno volare il low cost del food

Volano gli acquisti di cibo low cost con i discount alimentari che fanno segnare un balzo dell’8,6% nelle vendite rispetto allo scorso anno. “Una situazione che – è il commento in una nota di Coldiretti – evidenzia la situazione di difficoltà in cui si trovano le famiglie italiane che per risparmiare  orientano le proprie spese su canali a basso prezzo e su beni  essenziali come cibi e bevande, nel tempo del Covid”.

“Le vendite degli alimentari infatti – precisa Coldiretti – non  diminuiscono su base mensile e annua. Esse contribuiscono a mantenere positivo l’andamento delle vendite nel commercio al dettaglio. Un andamento sostenuto anche dal crollo dei consumi fuori casa, in bar, ristoranti e mense per la  preoccupazione del contagio. Lo smart working e le minori disponibilità economiche hanno favorito, infatti, l’acquisto di alimenti da consumare tra le mura domestiche”.

Le eccellenze italiane in difficoltà

La chiusura del canale Horeca, causa Covid, crea enormi difficoltà a tutta la filiera alimentare, l’allarme lanciato da Italia Olivicola e Consorzio del Prosciutto di Parma.

La crisi di ristoranti, bar, alberghi, causa Covid, ha comportato, da marzo ad oggi, un notevole incremento della quantità di olio extravergine d’oliva italiano in giacenza. Urgono interventi del governo per sbloccare il mercato e aiutare i produttori in difficoltà, a partire dalla pubblicazione del Bando Agea da 20 milioni per l’acquisto di olio extravergine d’oliva 100% italiano della campagna scorsa da destinare agli indigenti.

E’ il grido d’allarme lanciato da Italia Olivicola, all’indomani della pubblicazione del report “Frantoio Italia” dell’Icqrf sulla situazione complessiva in Italia, fotografata in base ai dati contenuti sul registro telematico dell’olio. Rispetto allo stesso periodo del 2019, infatti, lo stock di olio extravergine d’oliva italiano è salito a 42.904 tonnellate con un incremento super (+85,9%). Puglia, Toscana, Calabria e Umbria hanno in giacenza il 67,5% dell’intero stock nazionale, mentre a livello di oli Dop, che rappresentano il 4.1% della giacenza totale in Italia in questo momento, le cisterne di Dop Terra di Bari sono quelle che occupano più spazio con il 44.9%.

Alla vigilia dell’inaugurazione della “Settimana del Prosciutto italiano Dop”, Claudio Leporati, responsabile Marketing Italia del Consorzio del Prosciutto di Parma, ha tracciato con Adnkronos/Labitalia, un primo bilancio dell’andamento delle vendite di uno dei prodotti d’eccellenza del made in Italy, colpito dalle conseguenze della pandemia come tutto il settore agroalimentare.

“Sicuramente siamo stati toccati in modo significativo anche noi, c’è stato un calo dei consumi che  abbiamo stimato intorno al 30%, legato al lockdown, alla chiusura dei  ristoranti e di tutto il canale Horeca, ma anche al banco taglio che è stato parzialmente, ma solo parzialmente, sostituito dal consumo del  prodotto preaffettato. Abbiamo avuto grande difficoltà, sia in Italia e sia soprattutto all’estero dove il nostro prodotto spesso viene consumato nel mondo della ristorazione. Quindi, queste chiusure ci hanno danneggiato in modo significativo”.