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  • 17/01/2023
  • Roberto Mirandola Roberto Mirandola

Voglia di pizza? il decalogo per gustarne una buona

Dici pizza e ti viene l’acquolina in bocca. A tutte le ore, a qualsiasi latitudine, in qualsiasi lingua – anche la più improbabile – si pronunci la parolina magica. Ma nella maggioranza dei casi il pensiero e l’aumento della salivazione conseguente, va alla pizza napoletana, un po’ per diritto di primogenitura, un po’ per tradizione che ne fa un’icona mondiale del cibo popolare.

In Italia da alcuni anni la pizza sta avendo una sorta di nuova vita sdoganandosi da alimento di ripiego senza troppe pretese. Il merito va dato in larga parte ai tanti professionisti che quotidianamente sfornano pizze (in Italia, circa otto milioni) sempre più gustose e con ingredienti spesso d’eccellenza, ma anche per la maggiore consapevolezza dei clienti sempre più votati al prodotto di qualità. La conseguenza, il risultato di questo cambiamento ha influito anche sui menu proposti: non più pagine e pagine di pizze alcune dai nomi bizzarri e dagli abbinamenti infiniti che hanno sempre fatto pensare al cliente più attento a troppi ingredienti da preparare ed avere a disposizione, con un conseguente abuso di conservazione degli stessi in frigorifero per molti giorni. In due parole: poche, ma buone.

Ma come deve presentarsi una vera pizza di qualità?

Prima di tutto deve avere un aspetto invitante. Va servita bollente, fumante, come se il cliente dovesse farsi un “aerosol” di profumi mediterranei, con i condimenti in giusta quantità disposti  accuratamente e non buttati sopra alla rinfusa. Troppi ingredienti sopra la pizza non sono indice di generosità, ma di approssimazione e scarsa conoscenza del proprio mestiere. Viceversa, un’eccessiva austerità nel condimento è da considerare altrettanto negativa. Ecco allora il decalogo con gli aspetti, alcuni apparentemente secondari, che occorre sempre notare prima di gustare una pizza:

Il Forno

Deve essere pulito frequentemente dalla patina scura e carbonizzata che si può formare sul pavimento in materiale refrattario dovuta a residui di farina bruciati. Ne va della qualità della pizza e della salute del consumatore. E poi: meglio a legna o elettrico? In termini di resa, il risultato è lo stesso. I moderni forni elettrici di qualità hanno caratteristiche costruttive molto simili ai classici forni a legna fornendo ormai prestazioni praticamente uguali. A riprova di ciò, qualche tempo addietro, durante un evento gastronomico sono state cotte delle pizze con lo stesso impasto, in un forno a legna e in un altro elettrico: nessuno ha notato la minima differenza di gusto e profumo durante la degustazione.

Forma e dimensioni

Fino agli anni ’70 del secolo scorso non esisteva il piatto da pizzeria come lo vediamo ora, cioè enorme, pesante, quello da 32 centimetri di diametro per intenderci. La pizza, quando non era piegata a libretto nella carta oleata e mangiata in piedi veniva servita nel classico piatto piano da 22 centimetri. È la forma che conduce il sapore e conseguentemente il sapore della pizza sta in quella piccola. Quando proprio è fame o desiderio di una scorpacciata, meglio ordinarne due. Piccole, ovviamente.

Abbinamenti e condimenti 

Gli abbinamenti scelti non devono essere un’accozzaglia di sapori e consistenze, senza un ingrediente troppo predominante sugli altri e in quantità mai eccessiva. Ogni materia prima deve percepirsi distintamente. Riguardo l’aggiunta di salumi, sono perfetti così come sono. Perché disidratarli in forno facendoli seccare, cambiando loro il sapore ed esaltando solo il sale presente? Ad esclusione del solo salamino piccante, il prosciutto crudo o la bresaola messi sulla pizza prima della cottura andrebbero vietati con fermezza in tutte le pizzerie! La pizza andrebbe gustata così com’è stata preparata: senza ulteriori condimenti come olio extravergine d’oliva o oli aromatizzati al peperoncino o al tartufo. Ancora peggio – è un vizio abbastanza frequente all’estero e fra i turisti stranieri in visita nel nostro Paese – l’aggiunta di pepe, aglio in polvere o salsa Tabasco. L’unica eccezione è una leggera “spolverata” di origano.

Pomodoro e Sale 

Un pomodoro di qualità ha un’acidità bilanciata, ma in alcune pizzerie si cerca di mascherare il prodotto cosiddetto “economico” mitigando l’agrezza con aggiunta di zucchero rendendolo alla fine troppo dolce, con un sapore quasi innaturale. Stesso discorso per il sale: non deve sentirsi in eccesso nella salsa di pomodoro, altrimenti munitevi di una bottiglia d’acqua sul comodino prima di andare a dormire.

Mozzarella

La mozzarella si deve presentare sciolta in modo omogeneo: quando sembra di plastica o più simile a una Sottiletta®, è quasi certamente “un qualcosa” a pasta filata di bassa qualità. Imitazioni, contraffazioni e frodi sono sempre dietro l’angolo e anche la “mozzarella” utilizzata per guarnire la pizza non fa eccezione. In particolare, sembra che la maggior parte delle mozzarelle utilizzate sulle pizze, così come quelle sugli scaffali dei supermercati, non sia in realtà vera mozzarella ma più precisamente cagliata spesso spacciata per mozzarella. In realtà è un semilavorato, ottenuto a partire da latte e caglio, sempre più impiegato per produrre mozzarelle da quattro soldi. In più, in Italia una mozzarella su due è prodotta con latte straniero e una su tre con cagliata estera.

Cottura

Un fondo della pizza bianco e umidiccio è indice di una cottura frettolosa o di una temperatura della platea del forno troppo bassa (normalmente deve essere attorno ai 430-440°C).  Viceversa, il fondo non deve presentarsi nemmeno eccessivamente bruciato per via della troppa farina utilizzata in stesura che, a contatto con la superficie del forno, carbonizza. Il cornicione, grosso o sottile che sia, deve beneficiare di una giusta esposizione alla fiamma:  l’interno, nel caso delle pizze napoletane, deve presentare un’alveolatura leggera e uniforme indice, questo, di una giusta lievitazione.

Consistenza

Una pizza ottenuta da un impasto correttamente maturato si deve sciogliere sotto ai denti con facilità, senza eccessi di masticazione. Purtroppo i tempi lavorativi stretti e a volte anche la mancanza di professionalità portano a prediligere tempi di lavorazione brevi con impasti fatti dalle due alle quattro ore prima di essere serviti al pubblico. Correttamente maturato, in ogni caso, non è sinonimo di lunghissime lievitazioni ormai sbandierate ovunque. Un impasto non maturo diventa pesante già con il primo boccone e spesso non permette di terminare la pizza in tavola o, ancora peggio, affatica la digestione inducendo in questo modo a nottate insonni il cui unico desiderio è bere così tanto da prosciugare un acquedotto.

Taglio

Per tagliarla, indubbiamente le posate sono necessarie, a meno che non vi arrivi al tavolo già tagliata a spicchi (cosa alquanto improbabile in Italia, se non dietro specifica richiesta. All’estero, invece, rappresenta la norma). Gli amanti della pizza tonda spesso preferiscono mangiarla con le mani. La pizza napoletana si presta molto più facilmente a questa modalità perché l’impasto è elastico e quindi si può piegare unendo i due angoli del cornicione e magari con una forchetta spingere la punta dello spicchi verso l’interno in modo da non perdere tutti gli ingredienti. Oppure si può piegare lo spicchio due volte su se stesso sempre per raccogliere in un solo boccone tutto ciò che ricopre la base.

Agliara

Se scorgete sul banco di lavoro del pizzaiolo un’agliara, la tipica oliera in rame stagnato provvista di manico e becco stretto per distribuire velocemente e in maniera uniforme l’olio sulla pizza formando un “6” come da tradizione, segnatevi il nome della pizzeria: è un ulteriore indice di professionalità e, quasi certamente, anche di qualità delle pizze.

Tipologie di pizza

Le cose buone durano poco. La pizza è un supremo sfizio, non è la grande abbuffata! In passato la pizza – marinara, margherita o napoletana (con pomodoro, filetti di acciuga e aglio sminuzzato) costituiva il primo, il secondo o il piatto unico abbondante e sufficiente a ricaricare di energia pulita buona e giusta zappatori, camionisti, aviatori, poeti, santi, navigatori, operai, muratori, direttori e imprenditori. Ai bambini, invece, metà: questo era il vangelo della pizza. Con il tempo sono diventate “classiche” anche capricciosa, quattro stagioni, prosciutto e funghi (detta anche Regina), salsiccia e friarielli (o Carrettiera), salame piccante (o Diavola) e la versione napoletana della quattro formaggi con fiordilatte di Agerola, caprino, Emmental e Gorgonzola dolce. Insomma, come succede per i gusti di gelato, anche le pizze tradizionali rimangono sempre le migliori (…e le più richieste).

E poi la pizza è una scusa: per vedersi, parlare, stare insieme. La pizza è una scusa quando hai avuto una giornata no, quando non vuoi sbagliare, quando vuoi stare bene. La pizza è una buona scusa. Sempre. Viva la pizza!

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