Il cibo prima ricchezza d’Italia

L’agroalimentare è il 25% del Pil, con 538 miliardi di euro, il cibo rappresenta la prima ricchezza dell’Italia. Marchio “Made in Italy” simbolo di eccellenza nel mondo ma occhio alla contraffazione.

Ormai è un dato di fatto, dopo più di un anno e mezzo di convivenza con l’emergenza Covid, la percezione e la relazione degli italiani con il cibo è radicalmente cambiata. Con le chiusure delle attività, in particolar modo durante i periodi di lockdowm, e la forzata permanenza in casa, gli italiani hanno riscoperto l’amore per la buona cucina e il valore di prodotti di qualità. Il cibo è quindi diventato non solo un mezzo di sostentamento, ma soprattutto uno stile ed emblema culturale. Non è un caso che proprio il cibo sia ad oggi la prima ricchezza dell’Italia rappresentando il 25% del Pil con 538 miliardi di euro lungo l’intera filiera agroalimentare, dal campo alla tavola. E non solo: il settore oggi conta ben 4 milioni di lavoratori impegnati in 740mila aziende agricole, 70mila industrie alimentari, oltre 330mila realtà della ristorazione e 230mila punti vendita al dettaglio.

Agroalimentare sinonimo di resilienza

Dati, questi, riportati dal presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel suo intervento durante l’incontro Food Coalition “La sfida della nutrizione in tempo di pandemia” al Meeting di Rimini, nel quale ha evidenziato come proprio l’agroalimentare si sia dimostrato sinonimo di resilienza, diventando ad oggi uno dei settori traino per l’occupazione e l’intera economia: “Abbiamo elaborato e proposto progetti concreti nel Pnrr per favorire l’autosufficienza alimentare e una decisa svolta verso la rivoluzione verde, la transizione ecologica e il digitale con la creazione di un milione di posti di lavoro green entro i prossimi 10 anni”.

Un obiettivo questo che per Prandini è raggiungibile solo agendo sui ritardi strutturali dell’Italia, sbloccando infrastrutture per migliorare i collegamenti tra Sud e Nord del Paese, ma anche con il resto del mondo: “Una mancanza che ogni anno – continua Prandini – rappresenta per il nostro Paese un danno in termini di minor opportunità di export al quale si aggiunge il maggior costo della “bolletta logistica” legata ai trasporti e alla movimentazione delle merci”.

I numeri del mercato agroalimentare

E i numeri parlano chiaro: il successo dell’alimentare Made in Italy è confermato dal record storico nelle esportazioni con un balzo dell’11,2% nei primi sei mesi dell’anno e punta per il 2021 verso la cifra di 50 miliardi di euro, mai registrata nella storia dell’Italia. Un risultato ottenuto – sottolinea la Coldiretti – nonostante le difficoltà degli scambi commerciali e i lockdown con il blocco della ristorazione che ha pesantemente colpito i prodotti Made in Italy.

Tra i principali appassionati dell’Italia a tavola ci sono gli Stati Uniti che fanno registrare un balzo delle richieste del 18,4%. Positivo l’andamento anche in Germania che si classifica al primo posto tra i Paesi importatori di italian food con un incremento del 6,8%, praticamente lo stesso della Francia (+6,7%) che si colloca al terzo posto mentre al quarto c’è la Gran Bretagna dove a causa della Brexit, con l’appesantimento dei carichi amministrativi, l’export alimentare crolla del 4,6%. Fra gli altri mercati – evidenzia la Coldiretti – si segnala la crescita del 16,5% di quello russo e un vero e proprio balzo in avanti di quello cinese con +57,7%.

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Eccellenze regionali

Guardando poi al mercato interno, vediamo come sempre più eccellenze alimentari regionali siano presenti sulla tavola delle famiglie italiane. Secondo, infatti, la nona edizione dell’Osservatorio Immagino di GS1 Italy, i prodotti del territorio italiano sono protagonisti nel carrello della spesa, producendo un giro d’affari da 2,6 miliardi di euro, in crescita del 6,4% annuo, con supermercati e ipermercati italiani che segnalano oltre 9.200 prodotti food & beverage con l’origine di provenienza riportata in etichetta nel corso del 2020.

Secondo il rapporto al primo posto per valore delle vendite c’è il Trentino-Alto Adige (+7%), in particolare grazie a vini e spumanti, speck, yogurt, mozzarelle e latte, seguito da Sicilia (+5,1% tra vini, sughi pronti e arance) e Piemonte (+3,7%) che però è la regione presente sul maggior numero di prodotti (1.152 referenze), davanti a Sicilia e Toscana. Exploit poi del Molise che guadagna sempre più spazio nel carrello con +24,8% e il titolo di regione più dinamica dell’anno, seguita da Puglia (+14,4%) e Calabria (+12,5%).

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Lotta alla contraffazione

A minare però il valore e il potenziale rappresentato dai prodotti nostrani, sono le imitazioni internazionali che non hanno alcune legame con il sistema agricolo nazionale: “Servono sistemi di etichettatura trasparenti sull’origine delle materie prime e che non siano ingannevoli e nello stesso tempo, non possiamo pensare a un modello dove vi sia spazio per l’artificio e i cibi sintetici, dove si assista alla concentrazione eccessiva dei fattori produttivi, dove prevalga l’interesse particolare delle grandi multinazionali che spingono per l’omologazione su un modello in sostanza dove il cibo sia sempre una commodity” conclude Prandini nel sottolineare che invece “con la nostra idea di filiera sostenibile vogliamo affrontare il futuro non solo creando valore economico, ma guardando anche alla sua distribuzione e alla capacità di restituire valori positivi, sotto il profilo ambientale, sociale, territoriale”.