Carne artificiale, Churchill aveva ragione, un futuro sostenibile esiste

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Carne Artificiale, nel 1931 Winston Churchill aveva già immaginato un futuro senza allevamenti. Egli affermò: “Dovremmo lasciarci alle spalle l’assurdità di allevare un pollo intero per poi mangiarne solo il petto o le ali, facendo crescere separatamente solo queste parti in un mezzo appropriato. Nel futuro, questo è certo, mangeremo anche cibo sintetico”.

Ma facciamo subito una distinzione.

Distinzione tra carne artificiale e carne finta

Innanzitutto bisogna saper distinguere la carne artificiale dalla carne cosiddetta finta. Quest’ultima comprende tutti quei prodotti di origine vegetale che, ad oggi, vengono commercializzati con definizioni che richiamano la carne, ma che non hanno niente a che fare con la stessa. Esempi tipici sono: il salame vegano, le bistecche di soia e le salsicce vegetali.

Gli scaffali dei supermercati e dei negozi biologici sono saturi di prodotti di origine vegetale. Essi riportano la mente del consumatore agli alimenti a base di carne, ma essendo prodotti vegetali va ricordato che sono prodotti a base di legumi, verdure ed olii vegetali. Questo li pone su un livello differente non solo nel sapore, ma soprattutto in campo nutrizionale. Mettendo da parte la carne finta, parliamo di quella che oggi è pura innovazione: poter ricreare in laboratorio carne vera. Ricostruire in tutte le sue caratteristiche la fibra muscolare, se non addirittura migliorarne i valori nutrizionali, è possibile.

La carne artificiale o anche definita carne “coltivata” o ancora “sintetica”, ancora non in commercio, è il risultato di un prodotto creato totalmente in laboratorio. Vengono utilizzate cellule staminali prelevate dall’animale tramite una biopsia in anestesia e successivamente, vengono inoculate in un bioreattore. Fantascienza? No, scienza. Una tecnologia avanzata che giorno dopo giorno raggiunge ottimi risultati, portando alla luce una vera e propria idea di produzione di carne. Il tutto senza permettere la macellazione di nessun animale.

Partiamo dal concetto di carne

La carne è parte integrante della nostra cultura alimentare fin dai tempi più antichi. Essa è una fonte proteica ad alto valore biologico ed ha un ottimo contenuto di minerali e vitamine, in particolare ferro e vitamina B12.

Nel 2018 il quotidiano “La Stampa” riporta la tesi della giornalista americana Katy Keiffer. Quest’ultima affermava che la produzione di carne è diventata insostenibile, sia in termini economici che ambientali. Questo perché negli ultimi anni la produzione globale di carne bovina è raddoppiata. Quella di carne suina triplicata e quella di pollo è sei volte maggiore. Continuando con questi numeri l’ONU stima che nel 2050 consumeremo 450 milioni di tonnellate di carne all’anno, ossia il doppio della carne consumata negli anni 2000.

Keiffer, inoltre, sostiene che l’allevamento sia causa di un grande consumo di acqua, affermando che “ l’acqua è un bene sempre più prezioso e più  scarso, di cui l’industria della carne ne fa un uso spesso spropositato”.

Greenpeace, famosa organizzazione ambientalista, descrive come gli allevamenti siano una delle principali cause di deforestazione. Nel report “Foreste al macello” viene esposta un’indagine condotta da Greenpeace, dove emerge quanto alcune grandi aziende argentine dedicate alla produzione e alla lavorazione di carne, sono alla base della deforestazione del Gran Chaco.

La deforestazione provoca perdita di biodiversità. Infatti, nel report “Il pianeta nel piatto”, Greenpeace sostiene che l’allevamento è considerato uno dei maggiori fattori di perdita di biodiversità a livello mondiale.

Cosa si può fare per un futuro sostenibile?

Negli ultimi anni ci si interroga spesso a livello globale su cosa sia possibile fare per un futuro più sostenibile. In questo senso grande rilievo spetta alla ricerca nell’ambito delle biotecnologie per la produzione di carne sintetica. Essa potrebbe fornirci, secondo quanto afferma la ricerca, una soluzione eticamente ed economicamente vantaggiosa, ricreando carne vera e propria in laboratorio grazie ai bioreattori. Ché sembrerebbe un’ottima soluzione, poiché non richiede la presenza di allevamenti e non prevede l’utilizzo del suolo e dell’acqua. Nè per la crescita dell’animale, nè per la produzione di mangime e infine, si eviterebbe la macellazione dell’animale stesso.

A proposito di ricerca, per dare credibilità a quanto scritto, è stato un piacere intervistare Matteo Brognoli, CEO di Solaris Biotech. Solaris Biotechnology è un’azienda italiana con sede a Porto Mantovano fondata nel 2002. Tra le tante specializzazioni, l’azienda vanta la produzione di fermentatori e bioreattori che, come vedremo, sono tecnologie fondamentali per la coltivazione cellulare della carne. L’azienda esporta bioreattori e fermentatori in tutto il mondo e si colloca tra i leader del settore.

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Come viene prodotta la carne artificiale?

All’interno del bioreattore avviene la coltivazione delle cellule staminali animali, esse proliferano formando vere e proprie fibre muscolari. Le fibre vengono raccolte e compattate come se fosse un macinato di carne, dandogli successivamente la forma di un hamburger. Il bioreattore è un apparecchio in grado di fornire un ambiente adeguato alla crescita di microrganismi, fornendo alle cellule tutto ciò di cui necessitano e, inoltre, permette di monitorare la crescita degli stessi grazie al controllo di diversi parametri.

Per produrre una certa quantità di carne artificiale le coltivazioni durano attorno alle 7-8 settimane. Ne servono alcune migliaia per formare un hamburger, ma la cosa più stimolante è che queste fibre sono rigenerabili. Da un singolo campione prelevato da una mucca, ad esempio,  si possono produrre più di 800 milioni di filamenti di tessuto muscolare.

Curiosità: vi sono in commercio carni finte che tendono a rispecchiare sempre di più il sapore della carne, ad esempio aggiungendo emoglobina prodotta in laboratorio. Beyond the meat e The impossible foods, producono anche questa tipologia di carne finta avanzata ed utilizzano la tecnologia dei bioreattori Solaris Biotech per produrre emoglobina.

Dal 1900 ad oggi: quando è nata l’esigenza di creare una carne artificiale?

L’idea della carne in vitro coltivata in laboratorio nacque a partire dai primi del ‘900 e si è evoluta sempre di più.

I primi esperimenti sulla riproduzione delle cellule in vitro risalgono al 1912, quando il premio Nobel Alexis Carrel inserì una piccola parte di muscolo cardiaco di pollo in una soluzione, al Rockefeller Institute. La coltivazione in vitro di fibre muscolari venne eseguita nel 1971 da Russell Ross. Le cellule furono coltivate ​​per otto settimane in coltura cellulare e mantennero la morfologia del muscolo liscio in tutte le fasi della loro crescita.

Nel 1995, il ricercatore olandese Willem van Eelen depositò il primo brevetto in Olanda riguardante la produzione industriale di cellule di tessuto di carne aventi completa somiglianza sia dal punto di vista estetico che organolettico.

E poi c’è il XXI° secolo

Nel 2009 spiccò il ruolo del professore di angiogenesi e specialista in ingegneria dei tessuti Mark Post. Il professore affermò che a distanza di pochi anni avremmo ottenuto un hamburger cresciuto in laboratorio. E così fu. Mark Post è inoltre fondatore della startup Mosa Meat. Egli affermò che voler creare la carne sintetica è una risposta logica ad un problema sin troppo evidente, riferendosi ovviamente alle problematiche relative agli allevamenti intensivi, all’impatto ambientale ed alla richiesta sempre maggiore di carne. Inoltre aggiunse che creando carne in laboratorio, vi è la possibilità di ottenere carne qualitativamente migliore e con meno grassi, modificando il contenuto in base al tipo di coltura.

Nello stesso anno, Peter Verstrate, allora direttore di una delle maggiori industrie olandesi di processamento carni ed uno dei maggiori sponsor del progetto carne in vitro, parlò del potenziale commerciale della carne prodotta in laboratorio. Egli affermò che, con un procedimento simile a quello delle stampanti a getto d’inchiostro, avremmo potuto ottenere delle bistecche. Verstrate affermò, inoltre, che i consumatori avrebbero optato per salvare l’ambiente, risparmiando soldi e sofferenze agli animali.

Nel 2013 avvenne la prima degustazione in tv di un hamburger di carne bovina coltivata.

L’hamburger da 330.000 dollari di Mark Post, Mosa Meat, venne cucinato ed assaggiato in diretta tv.

Nel 2016 Memphis Foods pubblicò il video di uno show cooking in cui si mostrava la cottura di una polpetta di carne bovina sintetica.

Memphis Meats ha sviluppato una nuova piattaforma multi-animale che consente di produrre diversi tipi di carne intervenendo su gusto, innovazione e profilo nutrizionale. Uma Valeti, CEO di questa azienda americana , affermò che il pollame è al centro dell’alimentazione di tante culture nel mondo. Evidenziando però come il modo tradizionale con cui viene allevato causa enormi problemi all’ambiente, al benessere degli animali e alla salute degli esseri umani.

Considerazioni finali

Seguendone l’evoluzione ancora troppo da lontano, secondo i progressi della tecnologia e le aziende come Solaris Biotech, la carne artificiale sembrerebbe presentare una serie di pro e pochi contro. A prescindere dalle filosofie di alimentazione, analizzando i fattori positivi si può citare certamente il rispetto di una scelta etica, compresa quella sulla riduzione dello spreco e dell’inquinamento ambientale, con una più armonica gestione delle risorse idriche.

Forse un futuro più sostenibile, grazie a tecnologie che non sostituiscono la carne ma che siano in grado di garantirne un sistema produttivo diverso, sarà possibile. Per ora, però, i costi di produzione sono ancora troppo elevati per permettere il commercio della carne artificiale sul mercato.