Da quando hanno chiuso bar, pub e ristoranti e ci hanno obbligati a stare a casa, abbiamo percepito quanto la situazione Covid19 sia molto più seria di quanto si pensasse. Ma volenti o nolenti, ci siamo messi in gioco tutti (o forse no?) nel provare a combattere questo nemico invisibile, che ci sta mettendo a dura prova da tutti i punti di vista. Abbiamo rinunciato agli amici, a vedere i parenti, ad andare a cena fuori e a fare gli aperitivi dopo l’ufficio.

Le regole vanno rispettate: non si esce se non per motivi strettamente necessari, non si sta in posti affollati, niente baci e abbracci e si mantiene la distanza di sicurezza di un metro. Le giornate trascorrono un po’ tutte uguali tra smart working, per chi ancora lavora, letture, impasti, serie tv, allenamenti in door (e non nei parchi), fritture di vario genere, buttare la spazzatura per sgranchirsi le gambe o andare al più vicino supermercato per fare la spesa. E ovviamente mangiare.

Le giornate in casa

Da quando ci è stato imposto il regolamento anti coronavirus la paura più grande è quella di stare da soli, di rinunciare alle persone che quotidianamente e nel modo più naturale possibile riempivano le nostre giornate, ora fatte dalle solite facce, se si sta in famiglia, o dalla propria riflessa nello specchio per i single.

Ma l’uomo, si sa, è un animale sociale e nemmeno il coronavirus e la quarantena possono fermare questa sua natura. Giusto il tempo di organizzarsi e capire quali tecnologie usare per riattivare la nostra vita sociale. Ovviamente on line.

Gli aperitivi in chat

Già nel primo weekend dopo la stretta di vite dei vari decreti ministeriali siamo partiti con gli aperitivi in chat. In fondo perché rinunciare a un buon calice di vino, una birra o bollicina che sia e quattro chiacchiere con gli amici o le amiche? Ciò che si faceva durante la “vita normale” è fattibile anche ora. Lo slogan “vicini ma distanti” sintetizza il concetto e la tecnologia da Whatsapp a Zoom ci aiuta alla grande.

L’aperitivo in chat è il simbolo massimo di questo momento. Rappresenta l’essere umano nella sua piena espressione sociale, la sua esigenza di convivialità e di aggregazione. Raffigura, soprattutto, il potere del cibo come fattore di unione e confronto.

Elementi che antropologi, storici, sociologi e filosofi hanno studiato ed evidenziato raccontando l’uomo nei secoli e che ancora una volta si conferma in questa situazione, dove la vicinanza non è possibile, ma si riproduce senza rinuncia al contesto.

Un’esigenza di socialità

Non un capriccio consumistico e da buongustaio, ma un’esigenza di socialità: ecco cos’è veramente l’aperitivo o il brindisi virtuale pre e post cena. Una scusa per parlare con qualcuno, raccontarsi la giornata, fare il punto della situazione, ma soprattutto alleggerire l’atmosfera. E l’alcol in questo aiuta.

L’happy hour o aperitivo, come dir si voglia, incarna da tempo ormai una ritualità riconosciuta e rispettata. Come ogni rito ha il suo tempio, anche l’aperitivo ha la sua sede stabilità di celebrazione, che in questo momento diventa altra rispetto al nostro bar di quartiere o bistrot del cuore.

In questo frangente viviamo in una nuova dimensione spazio-temporale distaccata e diversificata, ognuno vive la sua senza possibilità di intersezione reciproca, abbiamo bisogno dunque di una sede e un momento condiviso che per forza di cose diventa virtuale. E grazie alla tecnologia si replica più facilmente e coinvolge più persone diverse insieme. E come diceva qualcuno tra i conoscenti: «Stasera ho il terzo aperitivo di fila, vuoi vedere che faccio più vita sociale adesso di prima?»

L’aperitivo filosofico

Addirittura anche le scuole si organizzano per distrarre i ragazzi, come l’Istituto Colombo di Sanremo che ha lanciato un aperitivo filosofico virtuale, mentre altri trasformano l’aperitivo in un evento solidale, il bar Balthazar di Varese ha invitato i clienti a brindare virtualmente su Instagram e fare una donazione per un ospedale locale.

Aperitivo = socialità, l’equazione è lampante; ce lo ricorda anche Alex Revelli Sorini, docente di gastrosofia: “la cucina e la sua evoluzione hanno umanizzato il pasto e trasformato l’impulso a sfamarsi nell’atto di gustare, che è un’esperienza conviviale e linguistica tipicamente umana. E la condivisione del cibo è una passione universale”.  E del vino ci dice: “sul vino nasce la grande cultura, esempio ne sono gli antichi simposi in Grecia e a Roma, occasioni formali create per bere insieme, dove si discuteva di politica e filosofia. E in cui si generavano idee e grandi teorie”. Il vino e il ritrovarsi in compagnia intorno a un calice diventa momento di confronto, di dialogo, di diffusione delle idee. Ieri come oggi. E la riprova di questa natura e voglia di socialità è forte.

I social e le app a disposizione

Per ritrovarsi insieme ai tempi del Coronavirus ci son numerose app che potete usare sia da smartphone che da pc e che vi danno la possibilità di mettere insieme anche gruppi di dieci persone: Whatsapp (videochiamate fino a 4 amici), Google Hangouts, FbMessenger, Zoom, Facetime, Skype, e Houseparty. Per chi non conoscesse quest’ultima è l’app preferita dai più giovani, utilizzata per festeggiare compleanni e lauree, ci si registra tramite Facebook o Snapchat, si trovano le persone digitando il nome utente e ogni volta che qualcuno entra in una «stanza» virtuale Houseparty avvisa tutti gli altri e così la room si riempie di amici.

A parte la tecnologia serve anche la materia prima: vino, birra, cocktail e qualcosa da sgranocchiare. Se avete già dato fondo a tutte le riserve in cantina e in dispensa, nessun problema. La tendenza dell’aperitivo on line, quasi quotidiano, è stato preso seriamente da shop on line di alcolici, enoteche e distributori con consegna a domicilio che mai e poi mai vi farebbero trascorrere una serata in solitudine e a bocca asciutta.