Alimentazione sostenibile e dieta mediterranea

Maggiore consapevolezza generale sul concetto di sostenibilità alimentare e promozione dei principi della dieta mediterranea in tutti i suoi aspetti, ambientali, nutritivi, sociali ed economici

Questi sono gli scopi per cui lo scorso martedì 24 novembre ha avuto luogo l’evento digitale “Virtù: i cento ingredienti della dieta sostenibile”. L’evento è stato organizzato dalla FIDAF (Federazione italiana Dottori agronomi e forestali) con la collaborazione della Music Theatre International (MThI) e del Consiglio dell’Ordine nazionale dei Dottori agronomi e forestali (Conaf) e il patrocinio del Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali (Mipaaf).

Il Progetto all’insegna dei principi di economia circolare

Il nome del progetto ha tratto ispirazione dalle “Virtù Teramane”, piatto tradizionale abruzzese preparato con circa 100 ingredienti diversi, immolati sull’altare della primavera sopraggiunta, e condiviso con vicini e parenti in occasione del “Primo Maggio”.

La caratteristica nella preparazione di questo piatto è che ogni ingrediente viene cucinato e preparato uno ad uno separatamente. S’innesca qui un andamento rotante che riprende i temi dell’economia circolare dove ogni elemento ritorna, ogni ingrediente non si annulla ma conserva la sua essenza.

Gli obiettivi sono quelli di prediligere alimenti prodotti con minore impatto ambientale nutrienti e sani, ma anche gustosi e consumati in compagnia; preferire porzioni equilibrate, molto variate, con grande spazio per frutta e verdura, ma solo se di stagione e a cereali integrali. Ridurre i consumi di carne rossa, che può essere parzialmente sostituita dai legumi; puntare inoltre a un riciclo delle risorse e alla riduzione di perdite e sprechi alimentari, che gravano sull’economia mondiale in termini di costi complessivi per circa 990 miliardi di dollari ogni anno.

Quando l’alimentazione si dice sostenibile

Ma cosa intendiamo quando parliamo di diete sostenibili? Secondo la FAO, le diete sostenibili sono le diete che sono composte da alimenti la cui produzione ha un basso impatto ambientale, che contribuiscono alla sicurezza alimentare e nutrizionale e che permettono una vita sana e attiva per le generazioni presenti e future.

Sempre secondo la FAO, “le diete sostenibili, mediante una grande varietà di alimenti consumati, proteggono e rispettano la biodiversità e gli ecosistemi, sono culturalmente accettabili, accessibili, economicamente eque e convenienti, nutrizionalmente adeguate, sicure e sane, mentre ottimizzano l’uso delle risorse naturali e di quelle umane”.

Questa definizione di dieta sostenibile ne mostra la sua natura multidimensionale: vengono difatti considerate congiuntamente le variabili agricole, alimentari, nutrizionali, ambientali, sociali, culturali ed economiche, che interagiscono le une con le altre.

“Quando buttiamo via cibo – dichiara Andrea Sonnino, Presidente FIDAF – buttiamo via al contempo le risorse naturali che sono state impiegate per produrle. Acqua utilizzata, terra impegnata, biodiversità sfruttata, anidride carbonica emessa in atmosfera per niente. La FAO stima che circa il 30% del cibo prodotto viene perduto o sprecato nelle varie fasi della filiera alimentare. In altre parole, se riuscissimo a eliminare perdite e sprechi potremmo risparmiare per esempio 250 miliardi di litri dell’acqua usata per la coltivazione dei campi o per gli allevamenti animali, potremmo coltivare solo due terzi della superficie oggi utilizzata, e via dicendo. Molto deve essere fatto per migliorare l’efficienza delle catene logistiche di trasporto, conservazione e distribuzione degli alimenti, ma molto può essere fatto anche dai consumatori per rendere più intelligenti i loro acquisti ed evitare sprechi nei loro frigoriferi e sulle loro tavole. Ne guadagnerebbe molto l’ambiente, ma ne otterrebbe un beneficio anche il loro portafoglio.”

I consigli per rendere sostenibile la nostra alimentazione

“Il consumatore può fare molto per la sua salute e quella dell’ambiente attraverso le proprie scelte alimentari – spiega Laura Rossi, Coordinatore generale Osservatorio Nazionale Sprechi Alimentari costituito in ambito CREA su richiesta del MIPAAF  – Ad esempio, la produzione di carni bovine ha un impatto ambientale più elevato rispetto a quella di altre carni, come quella suina e il pollame. Prediligere le carni bianche (pollame e coniglio), ridurre i consumi di carne rossa, sia fresca che trasformata (bovina, suina e ovina) e sostituire spesso la carne con pesce, uova, latticini o con la combinazione di cereali e legumi, rappresentano scelte ottimali sia dal punto di vista nutrizionale sia dal punto di vista ambientale.”

“Tra i prodotti di origine animale – conclude Laura Rossi – vale la pena ricordare che latte e yogurt, alimenti importanti per l’equilibrio della dieta e che gli italiani dovrebbero consumare in maggiore quantità, hanno anche un impatto ambientale minore rispetto alle carni. Per il gruppo degli ortaggi, della frutta e della verdura, l’impatto ambientale può variare molto a seconda del tipo di produzione e di trasformazione. I prodotti fuori stagione, conservati in celle frigorifere, la coltivazione in serra con riscaldamento o illuminazione aggiuntiva, la catena del freddo per il trasporto e la distribuzione di alimenti surgelati o pronti per l’uso, possono implicare un consumo di energia elevato. Tuttavia, poiché l’obiettivo di salute pubblica è aumentare il consumo di ortaggi, frutta e verdura, tali prodotti possono rappresentare una strategia accettabile che stimola il consumatore in tal senso”. 

La battaglia contro gli sprechi alimentari

Uno degli impegni più grandi che ha preso già dal 2015 l’ONU è stato quello di “creare nuovi percorsi per i Sistemi di nutrizione, agricoltura e alimentazione”. Si tratta dell’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile (SDGs) n.2 “FAME ZERO: porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione e promuovere un’agricoltura sostenibile”. Si inizia quindi a capire l’esigenza di garantire modelli sostenibili di produzione e di consumo.