Il mondo del sake è una realtà indipendente che appartiene ad una categoria tutta sua. In realtà quello che noi chiamiamo sake è un particolare vino di riso conosciuto in Giappone come nihonshu (liquore giapponese) in quanto in giapponese la parola sake significa semplicemente “bevanda alcolica”.

Il Sake, anche chiamato erroneamente sakè è la bevanda giapponese più famosa al mondo. Quando parliamo di bevanda alcolica, però, non ci riferiamo ad un distillato come la grappa o il whisky,  ad un liquore come può essere il limoncello e nemmeno ad un fermentato (birra) o ad un vino. Il mondo del sake è una realtà indipendente che appartiene ad una categoria tutta sua. Conosciamo meglio questa bevanda di origine giapponese.

Il primo Sake e i suoi ingredienti

Gli ingredienti del sake sono pochi e semplicissimi, riso, acqua e il fungo aspergillus oryzae, chiamato più semplicemente koji, che è il responsabile della fermentazione e della saccarificazione del riso durante il processo di preparazione.

Il primo sake di cui siamo a conoscenza è chiamato kuchikami (sake masticato in bocca) perché gli ingredienti venivano masticati e poi sputati in un tino a fermentare. La masticazione era essenzialeperché, grazie alla ptialina, gli enzimi presenti nella saliva iniziavano il processo di saccarificazione (conversione in zucchero) degli amidi e da lì aveva luogo la fermentazione.

Sicuramente il risultato non è quello che conosciamo noi oggi, ma lo stesso processo di masticazione si ritrova anche nella preparazione della chica sudamericana, una bevanda alcolica preparata a partire dal mais.

Leggi anche – “Mikachan a Roma, la tradizione di un’Izakaya giapponese”

Il koji

Questa muffa converte l’amido presente nei chicchi di riso, in zucchero, in seguito all’aggiunta dello shubo (lievito) gli zuccheri presenti nel composto si convertono in etanolo e il tasso alcolico del sake sale sensibilmente: questa è la differenza principale tra il sake e le altre bevande alcoliche, in questo caso il riso subisce contemporaneamente più di una fermentazione, a differenza di vino e birra.

Con il passare del tempo il sake divenne sempre più raffinato e di qualità e raggiunse una popolarità tale che fu istituito un organismo per la sua preparazioneaddirittura nel palazzo imperiale di Kyoto, l’antica capitale dell’impero giapponese, con la successiva creazione di una figura professionale apposita per la preparazione del sake, ovvero il toji; oggi il toji è una figura professionale molto rispettata nella società giapponese, al pari di un medico o di un avvocato.

Quanti tipi di Sake esistono?

Quando parliamo di sake, dobbiamo essere consapevoli che, così come accade per il vino, per l’olio, la birra o altri distillati, neesistono diverse tipologie e la National Tax Agency, agenzia delle entrate giapponesi, ha elaborato diverse categorie per le varie tipologie di sake in base alle loro caratteristiche.

Era il 1992 quando fu redatto un disciplinare che farà da riferimento normativo sia per i produttori che per i consumatori, stabilendo due macro categorie, non tenendo conto del sake “normale”, quello che noi potremmo paragonare al nostro vino da tavola, quello che si compra al supermercato, ma riguarda solamente i sake del tipo premium.

Le due macro categorie sono Junmai e Hanjozo, dove la prima racchiude tutti i sake i cui ingredienti sono solamente acqua riso e koji, mentre nella seconda categoria possiamo trovare sake dove, oltre agli ingredienti principali, vi è anche la presenza di alcol etilico.

Leggi anche – “Otosan: come andare in Giappone restando a Roma”

Come bere il Sake: caldo, freddo o….

Vi siete mai chiesti come si beve il Sake? Quando, in un ristorante orientale, per concludere il pasto, vi portano il classico bicchierino di sake, le opzioni sono due: caldo o temperatura ambiente, in verità’ abbiamo anche un’altra possibilità e cioè quella di bere il sake freddo o ghiacciato senza assolutamente comprometterne le caratteristiche organolettiche.

Ricordatevi sempre che una temperatura eccessiva causa l’evaporazione della componente alcolica e degli ingredienti con un punto di ebollizione più basso. La temperatura di servizio non influisce sulla capacità del commensale di percepire l’acidità a differenza dei gusti dolci che, vengono meglio riconosciuti ad una temperatura prossima a quella corporea. Se scegliessimo di pasteggiare con il sake nel massimo rispetto della cultura gastronomica giapponese piuttosto che degustarlo solamente a fine cena, la regola vorrebbe che la temperatura del sake e quella del cibo corrispondano.

Ricordate che il sake è una bevanda che si presta a sperimentazioni di vario tipo, perciò provate, assaggiate, degustate, cercate il sake che più vi aggrada, da quello più fruttato a quello più dolce, acido, secco, caldo o freddo. Iniziate a piccoli sorsi, quasi a bagnarsi le labbra e chiudendo gli occhi, cercate di ritrovare tutti i sapori e i profumi che questa splendida bevanda, ricca di storia, porta con sé.