La pasticceria Giotto, a Padova, è un progetto che ha avuto inizio nei primi anni del 2000 e consente a persone detenute e svantaggiate di ottenere un lavoro per reintegrarsi nella società. Nasce dal lavoro della cooperativa Work Crossing, attiva dagli anni ’90.
«Libertà va cercando, ch’è sì cara», afferma Dante nel Canto I del purgatorio; sta cercando la libertà, che è così preziosa, e attraverso Padova e la pasticceria Giotto questa ricerca può diventare reale per chi la vede come un orizzonte lontano.
Compassione, pietà, commiserazione, sono atteggiamenti che spesso subiscono persone in difficoltà da parte degli occhi esterni, di chi non è nella stessa situazione, da parte di chi se ne tira fuori: sono atteggiamenti che spesso vive chi ha sbagliato e per questo viene punito con la reclusione.
Esiste una realtà lavorativa che si è distinta dalla sua nascita per aver restituito dignità e fiducia a chi non ne riceve quasi mai. È quella nata negli anni ’90 con la Cooperativa Work Crossing, che si è occupata di svolgere attività sul territorio veneto inerenti all’ambito della ristorazione collettiva e commerciale. Inizialmente ha operato presso aziende, case di riposo, scuole, tramite pasti veicolati e la gestione delle cucine dei clienti direttamente in loco.
In linea con l’articolo 27 della Costituzione, il quale stabilisce che “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato“, la Cooperativa sociale Work Crossing si occupa dalla sua nascita di dare lavoro a persone svantaggiate e non.
La Cooperativa entra in carcere
Nel 2004 l’impresa adempie al progetto PEA14 (Piano Emergenziale d’Azione ministeriale), e vede l’inizio della sua collaborazione con la Casa di Reclusione “Due Palazzi” di Padova.
Dal 2005 la produzione si espande, chef professionisti iniziano a formare persone detenute che vengono assunte dalla cooperativa e retribuite secondo il contratto nazionale collettivo delle cooperative sociali. Il laboratorio di pasticceria si sposta in carcere.
Nonostante il cerchio ancora ristretto di affari e dunque il rischio assunto, in pochi anni la cooperativa riesce ad acquisire valore e ad assumere un numero maggiore di lavoratori. Nel 2006 diviene cooperativa sociale per azioni, con lo scopo di amplificare e migliorare le opportunità lavorative di dipendenti e soci, in una forma societaria che prevede il reinvestimento in azienda.
Secondo il bilancio sociale redatto dall’impresa nel 2022, le aree di operatività sono situate nelle città di Padova, Conegliano, Vittorio Veneto e Trieste. Al termine dell’anno 2022 offre lavoro a 182 persone di cui 60 con uno svantaggio certificato. Come vedremo in seguito, il tasso di recidiva, ovvero la percentuale di persone che commette un reato dopo aver scontato la pena di un reato precedentemente commesso, risulta essere quella maggiormente rappresentativa dell’utilità sociale di Work Crossing.
Le parole del vicepresidente della pasticceria Giotto
Luca Passarin, vicepresidente della Pasticceria Giotto, afferma riferendosi all’importanza del contatto tra il carcere e il mondo esterno che «questo rende possibile all’uomo tutto, fuorché negare l’unica cosa che non gli potrà mai togliere nessuno: ossia che un cuore che batte in ciascuno di noi è sempre un cuore umano, un cuore vivo, quindi la libertà, nonostante ci siano quattro mura e 10mq non la si può negare a nessuna persona.».
È la libertà, insieme alla dignità, quella caratteristica che le persone detenute devono essere consapevoli di portare con sé sempre, qualunque sia la motivazione per cui si trovino all’interno di un carcere. Essere ristretti nelle proprie libertà è già la punizione.
Dare lavoro ad una persona che deve scontare una pena significa tendere la mano, restituire la speranza che all’esterno di quelle quattro mura un futuro possa esserci. Significa dire: tutti sbagliamo, e anche se è capitato anche a te, anche tu hai valore e puoi riscattarti.
Giotto: un nome per diverse realtà
I servizi della cooperativa sono concentrati principalmente nella residenza universitaria Murialdo, nel collegio Forcellini, nella pasticceria Giotto e nella Gelateria Giotto. Queste ultime due hanno sede nei pressi del centro di Padova e rappresentano indubbiamente il canale attraverso cui l’impegno sociale è maggiormente conosciuto dal pubblico. La Pasticceria Giotto, in particolare, è considerata una delle migliori d’Italia. Ha ricevuto riconoscimenti dal Gambero Rosso, il premio come Miglior Pasticceria d’Italia per il sondaggio popolare de Il Gastronauta, Piatto d’Argento dell’Accademia della Cucina Italiana.
È stata menzionata dal New York Times per i panettoni e da Forbes per le colombe. Oltre al punto vendita ha anche un e-commerce e clienti in tutta Italia, sia privati che aziende.
La produzione
Il punto vendita mette a disposizione non solo prodotti sfornati quotidianamente come brioches, croissants e dolci monoporzione; ma anche colombe, panettoni, pastiere e qualunque dolce vi venga in mente, tutti rigorosamente di alta qualità. Naturalmente vi è una vasta scelta anche per la vendita in e-commerce.
Il tasso di recidiva
Dietro un’azienda che ottiene numerosi riconoscimenti e risultati c’è l’attenzione verso il singolo lavoratore. Ognuno degli operatori viene retribuito e ciò rappresenta sia uno sgravio per i costi dello stato sia la possibilità, per una persona detenuta, di guadagnare ed ottenere un riconoscimento per il proprio lavoro, effettuare il versamento di una cifra, seppur minima, alle proprie famiglie.
Il lavoro svolto dalla Cooperativa rappresenta un mezzo per dare benessere a chi per definizione, per molte persone, non dovrebbe averne; rappresenta un metodo per abbassare il tasso di recidiva. Si stima, infatti, che nei casi in cui il reinserimento lavorativo e sociale è inesistente o inadeguato, 9 detenuti su 10 tornino a delinquere o in carcere.
Nel caso dei lavoratori nella cooperativa il tasso di recidiva varia dall’1 al 3%, secondo quanto riportato dal vicepresidente Luca Passarin.
L’obiettivo del progetto è duplice e lodevole. Riconoscere il carcere come parte della società e non un dimenticatoio di chi è dalla parte del torto e, riprendendo ancora le parole di Passarin, «far capire loro (i detenuti, ndr) che non è un’isola estranea al mondo, il carcere, ma un punto da cui devono ripartire per reintegrarsi nella società. E quando io esco da lì mi domando chi è veramente recluso.»