Cosa si beve sulle piste da sci.

Cosa si beve sulle piste da sci? Antiche storie narrano delle imprese dei cani da valanga, grandi benemeriti del soccorso alpino, portando loro soccorso con la botticella portata al collo. Ma l’alcol aiuta veramente per combattere il freddo.

Antiche storie narrano delle imprese dei cani da valanga, grandi benemeriti del soccorso alpino. Divenne leggendario, agli inizi dell’800, Barry der Menschenretter un cane San Bernardo vissuto dal 1800 al 1814 che salvò – così si racconta ancora oggi – decine di escursionisti travolti dalle valanghe, portando loro soccorso con la botticella portata al collo. Viveva a circa 2.400 metri di quota nell’Ospizio del Gran San Bernardo situato sul Colle omonimo nel Canton Vallese gestito dai monaci agostiniani dediti, oltre alla preghiera e allo stile di vita improntato alla semplicità, anche all’allevamento di questi giganteschi e bonari cani fin dal ‘600. Barry il Soccorritore, così è chiamato in italiano, morì di vecchiaia nel 1814 e il priore lo fece impagliare. Nel tempo la sua fama crebbe, tanto da diventare un mito della Confederazione Elvetica al pari di Guglielmo Tell e della pastorella Heidi. Oggi i visitatori possono ammirare l’eroico cagnone provvisto dell’immancabile borraccia con la croce bianca in campo rosso appesa al collo, presso il Museo di Storia Naturale di Berna.

La preziosa bevanda corroborante contenuta nella botticella altro non era che brandy, l’acquavite ricavata dalla distillazione del vino d’uva dopo un periodo di invecchiamento in botte, dalla gradazione minima alcolica di 38% vol, di colore bruno trasparente e gusto molto aromatico con una piacevole tendenza dolce in bocca.  

Tuttavia, a ben guardare, la generosità di questo animale poteva rischiare di peggiorare le condizioni dei malcapitati, tanto da portarli alla morte. Infatti è molto pericoloso assumere alcol in caso di freddo intenso o se si è esposti a temperature rigide. L’assunzione di bevande alcoliche, abbassando la temperatura corporea, provoca uno stato di torpore conciliando in questa maniera il sonno, aumentando di conseguenza il rischio di congelamento. Ecco perché molti accattoni che dormono sulla strada, soprattutto in inverno, muoiono assiderati.

Lo spiega bene in una nota anche l’Istituto Superiore di Sanità affermando che si tratta di una sensazione temporanea avvertita solo in superficie. L’effetto calore è percepito perché l’alcol è un potente vasodilatatore ma, subito dopo averlo ingerito, genera una reazione del tutto contraria al riscaldamento. I vasi sanguigni superficiali si dilatano, il sangue scorre più facilmente a livello superficiale, la pressione corporea, dopo un primo innalzamento, si abbassa e il calore si disperde all’esterno provocando l’ipotermia. Quindi il corpo si raffredda più velocemente, trasformando gli intrepidi soccorritori in ignari, potenziali assassini.

Per proteggersi dal freddo, raccomanda l’Istituto, è necessario cercare di mantenere costante l’equilibrio termico. Il nostro corpo ha bisogno di attivare il meccanismo contrario: la vasocostrizione, ossia la riduzione temporanea del diametro dei vasi sanguigni che provoca il rallentamento della circolazione. Il flusso di sangue si sposta così verso gli organi interni diminuendo la perdita di calore verso l’esterno. È dunque tutto ciò a determinare una situazione di maggiore benessere termico, non certo l’alcol. Invece del tradizionale bombardino (sorta di cocktail caldo ottenuto con ⅔ di liquore VOV® o ZABOV®, ⅓ di brandy e panna montata, inventato negli anni ’70 del secolo scorso a Livigno presso il Rifugio Mottolino), del punch all’arancia (preparato con rum, succo d’arancia, zucchero, chiodi di garofano e cannella) o del vin brulè, molto meglio un tè caldo o un buon espresso allungato per avere sollievo dal freddo intenso. Con buona pace di Barry e di tutti i suoi colleghi a quattro zampe.

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