Cannolo Siciliano: ambasciatore goloso della cucina italiana nel mondo.

Oggi, 28 aprile, è la Giornata Nazionale del Cannolo Siciliano. Fra le tante ed eccellenti specialità della tradizione italiana, uno delle più ricercate e apprezzate, benché ormai rarissima da trovare realizzata nell’ambito della decenza in molti ristoranti italiani all’estero, è il cannolo siciliano spesso proposto con un banale “Italian cannoli” – al plurale – che alla fine si fa ricordare più per il prezzo ingiustificato, che per la qualità spesso mediocre. Ecco, allora, la storia di questo dolce.

Il cannolo ha più di duemila anni. Parola di Marco Tullio Cicerone (106 a.C- 43 a.C), oratore e filosofo romano nonché questore in Sicilia nella città di Lilibeo, l’attuale Marsala, nel 78 a.C, l’illustre politico romano ebbe modo di assaggiare quello che veniva chiamato Tubus farinarius dulcissimo edulio ex lacte facto (Cilindro a base di farina, molto dolce, preparato con latte buono da mangiare) e di apprezzarlo come una delle migliori specialità locali.

La formula, un po’ rudimentale, di questi primitivi cannoli, si è andata affinando durante il periodo delle dominazioni arabe (dal 827 al 1091) che oltre a portare nuovi ingredienti fino ad allora sconosciuti, come lo zucchero di canna, erano anche abilissimi pasticceri. Furono i primi infatti a lavorare la ricotta con canditi, cioccolato e liquori, ottenendo così la tradizionale farcitura di questa specialità.

Ma chi ha inventato le “scorze”, ossia il caratteristico cilindro in cui racchiudere la dolcissima crema? Qui la storia sfuma nella leggenda. Protagonista la città di Caltanissetta, in arabo “Kalt El Nissa”, che significa Castello delle Donne, a quei tempi sede di molte alcove di emiri saraceni.

Semplici odalische e superbe favorite si dedicavano volentieri, per occupare il tempo, alla preparazione di dolci manicaretti come il cannolo la cui forma, secondo alcune interpretazioni maliziose, voleva essere un inequivocabile omaggio alle arti amatorie del loro signore. Questa la versione pagana delle origini del dolce, in contrapposizione con quella sacra che lo vuole inventato dalle monache di un convento della stessa città in occasione del carnevale.

Qualcuno poi, salomonicamente, suggerì che alla fine della dominazione araba, dismesse le alcove, alcune donne “ravvedute” si rifugiassero in convento portando con loro i segreti delle ricette preparate al sultano.

Circa l’origine del nome, il termine ‘cannolo’ deriva da ‘canna’ e da una particolare pratica diffusa in passato per la sua preparazione. Pare, infatti, che, per ottenere una forma cilindrica, i primi pasticceri professionisti arrotolassero l’impasto intorno alle canne di bambù raccolte lungo gli argini dei fiumi. Oggi esistono appositi stampi metallici, ma quell’espediente rimane indissolubilmente nella storia e nel nome di questa preparazione. Curiosamente a Palermo esiste un quartiere – Settecannoli – che tuttavia non ha nulla a che fare con il dolce in questione.

Nei secoli a seguire i cannoli hanno continuato ad affermarsi come dolce simbolo della tradizione siciliana. In origine venivano preparati in occasione del carnevale (oggi la dimensione più diffusa è di 14-16 cm, diametro di 4-5 cm e peso circa 150-160 g), ma col passare del tempo la preparazione ha perso il suo carattere di occasionalità ed ha conosciuto una notevolissima diffusione sul territorio nazionale, divenendo in breve un rinomato esempio dell’arte pasticcera italiana nel mondo.

Le versioni del Cannolo Siciliano

Occorre dire, comunque, che non esiste un solo cannolo siciliano, ma due scuole di pensiero, simili ma al contempo diverse.

Quello di Palermo è croccante, molto svasato e scuro poiché all’impasto tradizionale si mescolano cacao amaro e Marsala Superiore, mentre nel ripieno di ricotta di pecora si aggiungono gocce di cioccolato fondente. Le estremità vengono decorate con granella di pistacchio, scorzette d’arancia o ciliegie candite. Quello di Catania è più friabile, poco svasato, chiaro e leggermente aromatizzato alla cannella.

La ricotta del ripieno viene passata al setaccio e può essere impreziosita da cubetti colorati di zuccata, pezzetti al cioccolato o granella di pistacchio e una spolverata finale di zucchero a velo. Esistono anche versioni “alternative” dove la ricotta è arricchita con mandorle, pistacchi, canditi o addirittura si preferisce utilizzare come ripieno della crema pasticcera o della crema al cioccolato.   

In un modo o nell’altro, i cannoli per i siciliani restano il dono più gradito in occasione di un invito a cena (il galateo impone di portarne non meno di dodici e comunque a dozzine). Riempiti al momento, conservano fragranza e croccantezza della pasta in piacevole contrasto con l’avvolgente cremosità del ripieno. Poiché questo non è sempre possibile, si trovano sul mercato cannoli con al loro interno uno strato di cioccolato che, raffreddandosi, crea una sottile barriera isolante tra la pasta e l’umidità rilasciata della ricotta.

Si apprezzano ancora di più se accompagnati da un Moscato di Siracusa, vino prodotto con uve di Moscato Bianco sottoposte a un leggero appassimento, dove la componente alcolica non dominante, esalta tutti i sapori di questi straordinari dolci siciliani.

Gola, il più “buono” dei vizi capitali.

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