Come un’ape cambia il mondo: tra apicoltura, miele e biodiversità. Un volo tra passato, presente e futuro della filiera apistica.

Il ruolo chiave dell’ape nel benessere degli ecosistemi attraverso la produzione di miele e l’impollinazione porta con sé numerosi vantaggi e problemi di cui la politica ha iniziato ad occuparsi.

Esiste un animale essenziale per le nostre vite. Piccolo, spesso spaventa le persone mentre si aggira tra i fiori. È l’ape, e svolge un compito che permette il benessere dell’ecosistema, delle coltivazioni e la varietà nella nostra alimentazione, come vedremo più avanti.

La struttura gerarchica delle api

La vita delle api avviene in comunità di un numero variabile tra 20.000 e 60.000 api, che si trovano all’interno di un alveare. Sono organizzate secondo un ordine gerarchico, al vertice del quale c’è l’ape regina, seguita dalle api operaie, e, infine, dai fuchi. Questi ultimi sono i maschi dell’alveare, deputati a fecondare l’ape regina, l’unica donna dell’alveare in grado di riprodursi. Le api operaie, che sono sterili, provvedono all’alimentazione delle uova depositate dall’ape regina, attraverso la fornitura di propoli, miele e pappa reale. Questa struttura ha lo scopo di garantire la sopravvivenza della comunità.

Ape: insetto impollinatore e…

Come accennato in precedenza, le api passano di fiore in fiore, con lo scopo di nutrirsi di nettare e polline. I granuli di polline, poi, restano sulle zampe e sulle ali delle api, e vengono trasportati dalla parte maschile a quella femminile della pianta in una quantità che basta a far riprodurre il prossimo fiore sul quale si poggeranno. Non sono gli unici insetti impollinatori, ma grazie all’elevato numero di fiori su cui si posano sono indubbiamente gli insetti che si occupano maggiormente di dar vita a nuove piante.

…garanzia di biodiversità

La vita delle api, attraverso questo passaggio, garantisce la riproduzione e la biodiversità delle specie vegetali, ovvero la ricchezza genetica, di specie e degli ecosistemi.

Un’intervista a Claudia Roggero della Fattoria Roggero (Rivoli, TO) e ad Alessandro Appennino, di Apicoltura Aperin (Carmagnola, TO), spiega che l’impollinazione permette al fiore di trasformarsi in un frutto quantitativamente e qualitativamente maggiore, ad esempio, grazie alla percentuale più elevata di sostanza zuccherina. Questi giovani apicoltori provengono da aziende a conduzione familiare ormai nel campo da diversi decenni, e, con lo scopo di preservare la biodiversità e fortificare le specie vegetali, svolgono il servizio di impollinazione, spesso tra i frutteti monocolturali del Trentino.

Il servizio di impollinazione

Claudia ed Alessandro ci raccontano che questo servizio consiste nello spostamento degli alveari tra i frutteti, coltivazioni intensive carenti di insetti impollinatori. Gli apicoltori soccombono a questa mancanza attraverso il nomadismo delle api allevate.

Una fonte di reddito nuova che garantisce anche il reddito degli agricoltori, bisognosi di impollinare le piante per riuscire ad avere una produzione adeguata alla domanda.

E il miele?

Lo sviluppo del servizio di impollinazione avviene mentre l’esternalità per cui sono maggiormente conosciuti gli apicoltori, ovvero la produzione di miele, attraversa una crisi. Tra l’1 e il 3 marzo scorso, infatti, si è tenuta Apimell, una mostra internazionale di apicoltura, durante la quale Coldiretti ha denunciato un import sleale di miele.

Un’indagine della Commissione europea dimostra come nel 46% dei casi il miele proveniente da paesi non comunitari non sia conforme alle regole comunitarie. In particolare, risultano essere adulterati quelli provenienti dalla Turchia e dalla Cina, in percentuali equivalenti, rispettivamente, al 93% e al 74%.

Un prodotto di scarsissima qualità, trattato con additivi, coloranti e sciroppi zuccherini; i prezzi ribassati, che arrivano addirittura ad 1€/kg, costituiscono una sfida per il miele italiano che si trova già a fare i conti con le conseguenze dei cambiamenti climatici, tra cui maltempo e siccità, e l’aumento dei costi di produzione.

Il futuro della filiera apistica secondo il MASAF

Che sia però di buon auspicio, lo scorso febbraio il Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste (MASAF) ha convocato un tavolo di discussione del futuro della filiera apistica, durante il quale ha proposto un sistema di qualità nazionale per il miele italiano.

La proposta è stata avanzata dal sottosegretario all’Agricoltura Luigi D’Eramo, e prevede anche un’attività promozionale a sostegno del consumo di miele italiano.

Sebbene sia ancora tutta in via di sviluppo, è stata accolta positivamente dal presidente della FAI (Federazione Apicoltori Italiani), Raffaele Cirone, che si è pronunciato anche in rappresentanza di Confagricoltura, cui aderisce.

Il suo monito è il seguente: «Servono azioni coordinate, disciplinari stringenti e controlli adeguati ad una politica di valorizzazione del già eccellente prodotto nazionale, altrimenti si rischia di deludere le attese di un consumatore sempre più attento, consapevole, propenso all’acquisto del prodotto migliore».

Facendo attenzione ai numeri dell’apicoltura italiana, ovvero 2 milioni di alveari e 80.000 apicoltori, Cirone sottolinea l’importanza di un’azione informativa rivolta agli estimatori del miele di alta qualità ma anche a bambini, giovani, sportivi e anziani.

Nessun progetto concreto è emerso dal tavolo apistico, ma lo scopo sembra essere proprio quello di preservare la dignità dei lavoratori nella filiera dell’apicoltura e gli alveari, indispensabili per l’ambiente.

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