Al supermercato con il tecnologo: la mozzarella e le sue denominazioni.

Al supermercato con il tecnologo. Guida pratica per orientarsi nella spesa. Ecco una nuova puntata, alla guida del nostro carrello, lungo le corsie del supermercato e in compagnia di Gioacchino Testa che ci aiuterà a chiarire qualche dubbio. Abbiamo parlato di mozzarelle, molto spesso le indicazioni come Mozzarella di Bufala, Mozzarella e basta oppure Mozzarella Fiordilatte possono essere estremamente confusionarie. Anche se sul pack è il marketing che la fa da padrone, quello che ci deve guidare nella scelta è la denominazione di vendita sempre e comunque.

Come abbiamo imparato nel corso della nostra rubrica al marketing è data la grande fetta del packaging su cui scrivere e riportare nomi di fantasia ed indicazioni a volte forvianti. Quello che ci deve guidare nella scelta è la denominazione di vendita sempre e comunque.

Molto spesso le indicazioni come Mozzarella e basta oppure Mozzarella Fiordilatte possono essere estremamente confusionarie. Per Mozzarella si può intendere un formaggio appunto “mozzato” ma non ci dà certezza della materia prima. Quindi è una denominazione del tutto generica e che può trarre in inganno. E’ quello che c’è e ci deve essere scritto dopo a cui dobbiamo prestare attenzione.

Traditional preparation of mozzarella cheese in Italian culture

Mozzarella di Bufala Campana DOP

Il disciplinare “Allegato al Decreto del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali del 18 settembre 2003 (G.U. n. 258 del 6.11.2003) della Mozzarella di bufala Campana DOP” specifica l’areale di provenienza del latte e di “elaborazione” ossia di lavorazione del latte affinché possa fregiarsi del marchio DOP. Il disciplinare indica una vasta area geografica che va dalla Campania passando per il Lazio, la Puglia e il Molise e indica i comuni in cui questo prodotto può essere realizzato con questo marchio.

Inoltre scendendo più nel tecnico lo stesso disciplinare indica la modalità di allevamento e di foraggiamento delle bufale; che il latte deve essere esclusivamente di bufala; proprietà chimico-fisiche del latte di partenza (min 7,2% di grasso e min. 4,2% di proteine); trasformazione e filtrazione entro 60 ore dal conferimento della materia prima; utilizzo di solo caglio di vitello e altri parametri tecnici di caseificazione al fine di ottenere un prodotto di cui è definito addirittura le pezzature ammesse e le forme (tondeggianti, trecce). Inoltre si vieta per chi aderisce al disciplinare aggiunta di qualsivoglia indicazione territoriale se non la denominazione unica Mozzarella di bufala Campana DOP.

Mozzarella di Bufala

Qualora trovassimo al supermercato una confezione di “Mozzarella di Bufala” non siamo più nell’areale della DOP, quindi il produttore non può scrivere la denominazione precedente. In questo caso la denominazione DOP precedente ci assicurava ingredientistica, metodi di lavorazione e parametri specifici per la produzione della stessa. In questo caso non vi sono dei paletti quindi è fondamentale per noi consumatori leggere le etichette, l’ingredientistica ed eventuali aggiunte fatte nel prodotto come ad esempio latte vaccino, additivi etc.

Fiordilatte e Fiordilatte dell’Appennino Meridionale.

Con il termine Fiordilatte o mozzarella di latte vaccino si indica un prodotto generico di forma tondeggiante come quello della mozzarella che però non è di latte di bufala ma di vacca. Il nome generico fiordilatte o mozzarella di latte vaccino, non ci indica la materia prima utilizzata, è quindi bene, pur sapendo che per fiordilatte si intende il prodotto derivante da latte di vacca, assicurarsi che la materia riportata in etichetta sia appunto latte bovino.

Il caso del Fiordilatte in questo caso certificato da disciplinare (ho preso per esempio quello dell’Appennino Meridionale), ci dà la certezza che quello specifico marchio è garanzia di materia prima, processo di lavorazione garantito e univoco per tutti gli aderenti.

Nel caso specifico di questa tipologia di prodotto si va a specificare: l’areale ben preciso che raccoglie comuni della Campania, Lazio, Molise, Puglia, Basilicata e Calabria; l’alimentazione delle bovine; il latte crudo non pastorizzato con STD di proteine (non inferiore a 2,7%) e grasso (non inferiore a 3,3%); il conferimento latte entro 36 ore dalla mungitura e lavorazione secondo specifici parametri e che non sono ammessi conservanti.

Da questa breve disamina possiamo vedere che un prodotto che aderisce ad un Consorzio di Tutela, teoricamente ci da garanzia di qualità, garanzia delle materie prime utilizzate, garanzia della tipicità del prodotto e delle sue caratteristiche intrinseche ed estrinseche.

Recenti inchieste giornalistiche anche in questo settore hanno fatto luce su sofisticazione da parte di alcuni “furbetti” aderenti al Consorzio di tutela del prodotto venduto. Ma per fortuna sono pochi casi e non dobbiamo lasciarci scoraggiare da questi episodi a dir poco spiacevoli che si ripercuotono inevitabilmente su di noi consumatori e sulla nostra spesa.

I Consorzi di tutela vigilano appunto su queste specifiche produzioni analizzando i flussi di materia prima latte e determinando quelle che possono essere le quantità di prodotto finito rispetto alla stima di materia latte prodotta dal singolo allevamento. Qualora rilevino delle difformità in questi sensi ossia, produzioni di mozzarella superiori rispetto al latte effettivamente disponibile, è qui che scattano i controlli ed eventualmente sequestri e sanzioni.

Affidarsi quindi a marchi registrati, leggere sempre le etichette senza soffermarsi soltanto sul nome commerciale del prodotto risulta determinante per la scelta al supermercato.

Al supermercato con il tecnologo: mozzarella e fiordilatte