Paolo Gramaglia, gusto e bellezza nello spazio di 5 millimetri.

In vista della prima data di Chef sotto le Stelle presso il DoubleTree by Hilton Rome Monti abbiamo intervistato lo chef Paolo Gramaglia, una stella Michelin con il suo Ristorante President a Pompei da ben 15 anni, che inaugurerà il ciclo di cene stellate.

Paolo Gramaglia dal 2006 è alla guida del ristorante President di Pompei in qualità di executive chef e patron, conquistando in breve tempo importanti riconoscimenti, tra cui la prestigiosa stella Michelin. Il suo approccio alla cucina è racchiuso nella frase che introduce il suo menù: “Il successo della gastronomia è nella tradizione, basta solo saperla interpretare senza nostalgia.” Un pensiero che riflette pienamente la sua visione culinaria, dove la tradizione si trasforma in arte grazie a talento, creatività, ispirazione e profonda conoscenza. La sua formazione matematica gli conferisce una visione sulla cucina dove la formula “sottrarre per moltiplicare” ovvero togliere il superfluo per esaltare e intensificare il piacere e la profondità del gusto.

La sua cucina si basa anche su un rapporto univoco e di reciproco scambio tra il concetto di tradizione e quello di innovazione. La tradizione si riflette nel territorio e nella scelta delle materie prime, nell’elemento marino, nella storicità di alcuni piatti, che riportano all’attualità l’antica Pompei con la sua gastronomia, esempio massimo per chi lo conosce è il suo pane, mentre l’innovazione dello chef del President di Pompei si rintraccia nella sua creatività, nella sua personale elaborazione, che riflette la sua nota filosofia del rintracciare l’essenziale che diventa protagonista e che orami riconosciuto come sua cifra stilistica.

Paolo Gramaglia

Chef Paolo Gramaglia come ti avvicini ti avvicini alla cucina e soprattutto a quella gourmet?

“Non so come spiegarti, queste cose le ho sempre sentite in me, c’erano da sempre”.

Dove cerchi ispirazione per i tuoi piatti?

Nelle storie, nei viaggi, nelle tradizioni, nella vita nel tempo e nello spazio.

Ma secondo te la cucina della nonna esiste ed esiste anche nella tua esperienza da cuoco?

La cucina della nonna esiste perché da sempre è esistita la nonna. Oggi la chiamano tradizione. I sapori primordiali sono sempre stati la mia ricerca dei miei primi anni da cuoco, li ho riconosciuti, studiati e riprodotti e poi mi sono detto perché fermarsi solo a questi, perché non ricercare altri sapori, altre tradizioni, la cucina di altre nonne. Così è incominciato il viaggio, una ricerca che non si è mai conclusa.

Cosa deve dare la cucina a chi la fa e soprattutto a chi la riceve?

Sedersi a tavola da me significa entrare in uno spazio in cui cucinare è un gesto d’amore, fatto per dare gioia agli altri. Uno chef, secondo me, deve cucinare con un solo obiettivo: far felice chi assaggia. Tutto si gioca in quei famosi “5 millimetri”. Sì, proprio cinque millimetri: è lì che si misura la vera soddisfazione.

Ovvero? Spiegati meglio…

Hai mai fatto caso a cosa succede quando vai in un ristorante con grandi aspettative? Magari conosci lo chef, lo hai studiato, sei lì piena di curiosità. Arriva il primo piatto, lo assaggi… e se è davvero straordinario, fai quel gesto spontaneo: inarchi la schiena di pochi millimetri, 5 per l’esattezza, quasi senza accorgertene. Ecco, in quello spostamento microscopico c’è tutto. C’è il successo di un piatto. Il nostro intento è proprio questo: ottenere quei 5 millimetri in ogni portata. Io lavoro nello spazio della gioia, nello spazio dei 5 millimetri. Non esiste un “non piace”, esiste sempre il desiderio che piaccia il prossimo piatto.

Il tuo piatto preferito?

E se mi chiedi qual è il mio piatto preferito del menù, ti rispondo che non ne ho uno solo. Sono uno chef che mette attenzione e ripetizione in ogni creazione. Ma se parliamo di comfort food, quello che mi fa sentire a casa, che mi riporta a quando ero ragazzo… allora ti dico: la pasta al pomodoro. Semplice, autentica, irresistibile. Se sono a casa, scelgo sempre quella.

Dal punto di vista della ricerca e dell’espressione la ristorazione e la cucina italiana dove sta andando?

La ristorazione e la cucina italiana è ricca, ha una sua identità radicata, ha una tradizione fatta da tantissime tradizioni provinciali, un sistema di interpretazione e di passaggi di eredità che non perde mai di valore, ma anzi continua ad arricchirsi. E la fine dining resiste, ma c’è un meccanismo intrinseco di progetti e consulenze collaterali che tiene vivo l’intero sistema, anche se si fa tanto rumore nel parlare di crisi.

Come ti definiresti come persona e come definiresti la tua cucina.

Sono un motociclista, uno studente e un bambino insieme … Lamia cucina? La mia compagna ideale.

Paolo quali sono le novità nella tua vita professionale?

Ho da poco avviato una nuova collaborazione che promette di rivoluzionare l’arte del ricevere, unendo alta cucina, eleganza e territori da sogno. Il progetto con Sole Ricevimenti nasce dalla volontà di offrire qualcosa di autentico e indimenticabile. Un evento deve emozionare, sorprendere e restare nel cuore. L’obiettivo è chiaro: trasformare ogni ricevimento in un’esperienza totalizzante, dove il gusto diventa narrazione e l’evento un momento da vivere e custodire per sempre.

Sole-Gramaglia

Cosa ci dobbiamo aspettare in questa nuova interpretazione dell’arte del ricevimento?

Non un semplice servizio di catering, ma un viaggio sensoriale tra sapori, storie e paesaggi. Un percorso fatto di piatti che raccontano il territorio, allestimenti e atmosfere studiate in ogni dettaglio. A fare da cornice a questa visione, alcune delle location più suggestive del Sud Italia: dalle ville affacciate sul mare di Napoli ai giardini incantati della Costiera Amalfitana, passando per la bellezza autentica della penisola Sorrentina e dei Campi Flegrei.

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