Girando tra gli scaffali al supermercato per la consueta spesa quotidiana o settimanale, vi siete mai chiesti l’origine del nome di alcuni tra i più comuni o storici prodotti che mettiamo nel carrello? Ecco allora questa guida a puntate, che spiega la provenienza, il significato e qualche aneddoto legato ad alcuni marchi o agli stessi prodotti. In questo nuovo appuntamento scopriamo le curiosità legate ai liquori e digestivi più noti.
AMARO MONTENEGRO: amaro italiano inventato nel 1885 dal bolognese Stanislao Cobianchi, dal contenuto alcolico di 23% vol, attualmente prodotto nello stabilimento di Zola Pedrosa (BO). Inizialmente venne denominato Elisir Lungavita ma, nel 1896. In occasione del matrimonio della principessa Elena del Montenegro con Re Vittorio Emanuele III di Savoia, Cobianchi decise di dedicarle il suo distillato cambiandone il nome in Amaro Montenegro. La bottiglia fu disegnata dallo stesso Cobianchi ispirandosi a una ampolla, che evoca una ‘pozione’ ed evocante l’alchimia. Questa forma rimase invariata fino al 2017, quando la bottiglia venne rinnovata, pur in coerenza con l’aspetto tradizionale, con linee più decise e con in rilievo l’anno di fondazione sulla spalla e la firma di Stanislao Cobianchi sul piede. Curiosamente Elena del Montenegro fu l’ultima Regina consorte d’Italia, fino al 9 maggio 1946, giorno in cui il marito sovrano abdicò in favore del figlio Umberto II di Savoia.
BRAULIO: amaro alpino prodotto in Valtellina inventato nel 1826 (ma la produzione inizio solo nel 1875) dal farmacista e appassionato botanico bormino Francesco Peloni. Il nome Braulio (si pronuncia Bràulio, con l’accento tonico sulla ‘a’) deriva dall’omonima montagna che sorge nelle vicinanze di Bormio. Commercializzato in due versioni – Braulio e Braulio Riserva, quest’ultimo prodotto in quantità molto limitata – è un digestivo da consumare freddo o a temperatura ambiente. Il suo sapore deciso non permette molti accostamenti con altri alcolici, ma talvolta viene servito come aperitivo mescolato a del vino bianco frizzante. L’unico cocktail abbastanza noto in cui è utilizzato il Braulio è il fraelino, preparato con della grappa in parti uguali. Curiosamente ‘Braulio’ è il nome d’arte di un cantante spagnolo famoso nel paese iberico soprattutto negli anni ’70.


CAFFÈ BORGHETTI: liquore al caffè attualmente prodotto dalla F.lli Branca Distillerie presso lo stabilimento di Milano. Fu ideato nel 1860 dall’anconetano Ugo Borghetti, proprietario di un bar chiamato Caffè Sport, situato nella piazza della stazione centrale di Ancona. In occasione dell’inaugurazione della linea ferroviaria Ancona-Pescara, nel maggio del 1863, venne distribuita ai viaggiatori in partenza il Caffè Sport, una particolare bevanda alcolica la cui ricetta era stata ideata per l’occasione. Inizialmente preparato con una miscela di caffè e alcool, la ricetta venne successivamente affinata con una miscela di caffè Arabica e di caffè Robusta. Viene commercializzato in bottiglie in vetro di diverse capacità anche se la versione più conosciuta è in bottigliette di plastica da 3,5 cl – conosciuta come ‘Borghettino’ – concepita per il consumo nei grandi eventi calcistici dove ancora oggi rappresenta ‘la bevanda alcolica popolare’ più diffusa, soprattutto nei principali stadi italiani. Curiosamente esistono venditori abusivi di questo liquore (e probabilmente anche di altri) soprannominati dai tifosi ‘Borghettari’.
ELISIR BORSCI SAN MARZANO: liquore inventato nel 1840 dal liquorista Giuseppe Borsci, ispirandosi a un’antica ricetta ereditata dagli avi caucasici. Una volta perfezionata, iniziò a produrre il suo Elisir ponendo sulla storica etichetta gialla la dicitura Specialità orientale e l’aquila nera a due teste caratteristica dell’Albania. Al nome ‘Elisir’ vennero aggiunti ‘Borsci’, italianizzazione del cognome del suo inventore, figlio di una famiglia arbëreshe (una minoranza etno-linguistica albanese storicamente stanziata nel Sud Italia, in questo caso nell’Albania tarantina) originaria di Borsh, una località del comune di Himara nel sud dell’Albania sulla costa ionica e San Marzano (di San Giuseppe), il luogo dove venne inizialmente preparato. Tradizione vuole che vada aggiunto soprattutto sul gelato alla crema o alla vaniglia e come correzione nel caffè. Viene inoltre utilizzato nelle diverse varianti dello spumone pugliese (una sorta di ‘budino di gelato’) e, in particolare, come ingrediente nel disciplinare per la realizzazione dello Spumone di Conversano, riconosciuto prodotto De.Co.


JAGERMEISTER: amaro tedesco a base di erbe prodotto a Wolfenbüttel, città della Bassa Sassonia nel centro-nord della Germania. La sua formula è composta da 56 varietà di erbe, radici, frutti s spezie macerate in alcol. Dal gusto più amabile e meno amaro rispetto ad altri distillati simili, ha una gradazione alcolica pari a 35% vol. Il termine Jagermeister, traducibile in italiano in Maestro cacciatore, fu dato in onore di Curt Mast, grande appassionato cacciatore nonché inventore del celebre distillato. Il nome richiamava anche l’attitudine della figura del maestro cacciatore, ovvero colui che fa rispettare le regole del gioco. È rimasta celebre la campagna pubblicitaria dal titolo Così fan tutti diffusa tra il 1974 e il 1983 su alcuni dei principali periodici italiani dell’epoca, in televisione e sottoforma di affissioni pubbliche. Era caratterizzata da ritratti fotografici di gente comune (in totale più di 1.300 persone) abbinati a frasi profondamente ironiche che cominciavano con Bevo Jagermeister perché… Ogni soggetto veniva pubblicato una sola volta, su una singola testata, spot TV o manifesto pubblicitario. Due curiosità: tra i periodici scelti queste vi era anche il mensile Playboy, nel quale le testimonial selezionate potevano vantarsi di apparire nelle pagine della versione italiana della celebre rivista erotica senza mostrarsi discinte. L’altra è lo slogan probabilmente più ironico in assoluto (e, sembra, preventivmente censurato):Bevo Jägermeister perché spero che tra le 56 erbe ci sia anche la marijuana.
VOV: liquore di origine veneta dal contenuto alcolico di 26% vol inventato a Padova nel 1845 dal pasticcere Gian Battista Pezziol specializzato nella produzione del mandorlato (una varietà di torrone tipica di Cologna Veneta in provincia di Verona), specialità per la cui preparazione si utilizzano solo gli albumi delle uova. Per non gettare i tuorli Pezziol pensò di unirli a marsala, alcol e zucchero per avviare una produzione di uno zabaione liquoroso. Inizialmente venne chiamato ‘Vovi’, ossia ‘Uova’ in dialetto veneto. In seguito alla sua diffusione anche fuori dai confini regionali il nome fu mutato in ‘Vov’. La tipica bottiglia cilindrica bianca, presente fin dagli esordi commerciali, è divenuta col tempo un’icona della liquoristica italiana. Inizialmente prodotta in ceramica bianca opaca, in seguito fu prodotta di vetro bianco. Attualmente Vov è confezionato in una bottiglia di comune vetro trasparente ricoperto da un foglio di plastica bianca che imita la tradizionale bottiglia originale ma, oltre a essere di minor pregio rispetto a quest’ultima, pone dei problemi per un corretto smaltimento e riciclo. La produzione del VOV è stata supportata fin dagli inizi da un’efficace quanto creativa campagna pubblicitaria fatta di manifesti, cartoline, bicchierini e numerosi altri gadget, alcuni dei quali divenuti nel corso degli anni oggetti da collezione ricercati. Curiosamente il ‘sacro Graal’ è rappresentato da una radio AM a transistor a forma di bottiglia prodotta verso la fine degli anni ’60.