Nonostante fosse la terza volta, ho ritrovato suoni, silenzi, luci e profumi che non sono ancora riuscito percepire altrove.
Oggi, tra queste colline, elette nel 2014 dall’UNESCO Patrimonio naturale dell’umanità, c’è benessere, ma non è sempre stato così. Bisogna arrivare agli anni ’50-’60 del secolo scorso quando, grazie al lavoro di un gruppo di albesi visionari, il cibo e il vino del territorio sono diventati un bene straordinario. L’antesignano, colui che prima di tutti aveva aperto la strada, fu Giacomo Morra (1889-1963) imprenditore e ristoratore nato – nomen omen – a La Morra, un paesino confinante con Alba.
Un po’ di storia
Nel 1933 è stato il primo vero imprenditore di Alba. Gli altri tre capitani d’industria locali – Giuseppe Miroglio e i fratelli Pietro e Giovanni Ferrero con le loro aziende, arriveranno più tardi una decina di anni dopo. Definito dal giornalista Enzo Arnaldi, nel 1936, il Re del Tartufo, Morra manterrà il titolo per tutta la vita, addirittura registrandolo come marchio. Nato da una famiglia di contadini, con una mente brillante e acuta, lascia la campagna per lavorare in varie osterie e poi aprire una bottiglieria a Torino. Qui osserva che i clienti sono disposti a pagare cifre importanti per il tartufo, mentre nelle Langhe i tartufai – coloro che cercano e raccolgono tra il 21 settembre e il 31 dicembre il pregiato fungo sotterraneo con l’ausilio di cani addestrati – lo vendono per poche lire.
Negli anni ’20 e ’30 i contadini dell’Albese davano loro scarso valore. Morra, invece, ne intuisce la potenzialità e nel 1928 torna ad Alba per rilevare l’Hotel Savona (ancora oggi esistente) puntando tutto su un sistema innovativo: per tutti e non per pochi. Quindi acqua corrente, termosifoni, telefono, un bar all’ingresso, sale per banchetti, una sala da ballo e un biliardo. Inventa perfino quello che oggi viene definito il servizio di catering. Sprona i contadini locali a vendere i tartufi perché, come diceva, a chi non ha niente porteranno un po’ di benessere. Gira per le Langhe e il Roero selezionando capi di bestiame, polli e verdure di alta qualità.

Un moderno ristorante
Negli anni ’30 ha già l’impronta di un moderno ristoratore e serve in tavola solo vini locali. Elabora una raffinata gastronomia, una miscela di cucina sabauda e tradizioni langarole dove il tartufo bianco la fa da padrone. Ha una visione democratica della ristorazione credendo che tutti debbano almeno una volta nella vita andare al ristorante proponendo, in diverse occasioni, un ricco menù a prezzo fisso. Il ‘Savona’ diventa così un punto di riferimento a livello nazionale. Lavorarci è un privilegio e i cuochi lavorano di gran lena per offrire una cucina di qualità sia per i buongustai, sia quando si tratta di fare duemila coperti al giorno. Dalla campagna arrivano giovani a fare i camerieri, madri di famiglia a fare le lavapiatti e garzoni agli ordini dei cuochi. E l’avventore, se si presenta agli orari giusti, può vedere l’andirivieni dei fornitori e dei tartufai che portano i loro prodotti avvolti nella carta di giornale.
Le intuizioni di Morra
Ma le intuizioni di Morra non finiscono qui: nel 1929 inventa la Fiera d’Alba (successivamente assumerà la definitiva denominazione di Fiera Internazionale Tartufo Bianco d’Alba), giunta quest’anno alla sua 95ª edizione in programma da metà ottobre alla prima settimana di dicembre. Un anno più tardi, fonda la Tartufi Morra inventando un procedimento per conservare il prezioso fungo che inizia a viaggiare nel mondo ridotto in purea e confezionato a mo’ di tubetto di dentifricio, tritato insieme al paté o conservato sottovuoto. Nel 1936 il giornalista Enzo Arnaldi in un articolo su Stampa Sera lo incoronerà per sempre ‘Re del Tartufo’, mentre il Principe Umberto di Savoia conferirà ad Alba il titolo di ‘Regina del Tartufo’, riconoscimento che sancirà la fortuna della città e della preziosa specialità. Ed è ancora Morra che, sempre nel ’36, decide di regalare ogni anno in occasione della Fiera, il tartufo più grosso a politici – soprattutto stranieri – o ad attrici di grido come Marilyn Monroe, Rita Hayworth, Sophia Loren e Claudia Cardinale. Rimane leggendario quello da 2.520 grammi del valore di 75.000 lire (oggi varrebbe circa 11.000 euro) donato nel 1951 all’allora presidente americano Harry Truman. In genere vengono spediti ai destinatari, ma un regista buongustaio come Alfred Hitchcock approfittò di un viaggio a Torino per andarlo a ritirare di persona soggiornando all’Hotel Savona di Mora godendosi, manco a dirlo, le specialità enogastronomiche locali. Si favoleggiò perfino di un possibile thriller incentrato sui preziosi tuberi, ma con il tempo si scoprì che il celebre regista britannico era solito ‘incensare’ i luoghi dove andava come location di improbabili pellicole.
Grazie quindi a Morra e a tutti i suoi caparbi conterranei che hanno proseguito e proseguono tuttora il suo lavoro in queste terre, particolarmente in questo periodo autunnale, a tratti incantate.





