Torna puntuale ogni mese il nostro aggiornamento per il “kit di pronto soccorso” per frequentatori di ristoranti per comprendere meglio il linguaggio della ristorazione e fornire curiosità su materie prime, preparazioni e piatti della tradizione. In questo appuntamento mensile scopriamo i termini da Stoccafisso a Strangozzi.
Il Glossario Gastronomico è un “kit di pronto soccorso” per frequentatori assidui di ristoranti, una raccolta di 750 termini per aiutare a comprendere meglio il linguaggio utilizzato nel mondo della ristorazione, ma anche per fornire in poche righe informazioni e curiosità su alcune parole, materie prime, preparazioni e piatti-simbolo della tradizione gastronomica italiana che normalmente compaiono nei menu. “Le parole della ristorazione: dall’Abbacchio alla Zuppa Inglese” di Roberto Mirandola è un libro utile e dettagliato che consente al lettore di potersi orientare al meglio in un ambito fatto di definizioni, materie prime, tecniche di cottura e ricette tradizionali. Mensilmente pubblicheremo sulle pagine di Radio Food alcuni termini del Glossario Gastronomico, per scoprire il significato dei termini più ricorrenti utilizzati da chef, sommelier, critici e ristoratori.
Termini da Stoccafisso a Strangozzi
Stoccafisso: al contrario del baccalà, per la produzione dello stoccafisso si usa solo il merluzzo artico norvegese chiamato skrei, pulito, pressato ed esposto circa 3 mesi sui graticci di legno per essere essiccato dall’aria del mare. Nel Triveneto e nelle altre aree un tempo appartenenti alla Repubblica di Venezia lo stoccafisso prende il nome di baccalà o bacalà, tanto che il rinomato ‘Bacalà alla Vicentina’ è preparato proprio con il merluzzo essiccato e non con il merluzzo salato. Nel Sud Italia viene invece chiamato ‘stocco’ o ‘pesce stocco’. Lo stoccafisso più pregiato proviene dalle isole isole Lofoten in Norvegia. Il migliore è senza dubbio della qualità “Ragno”, maldestra traduzione italiana di Ragnar Riksheim, il venditore norvegese che, in passato, garantiva un prodotto di alta qualità. Il nome sembra derivi dalla cittadina norvegese di Stokke, ma secondo alcuni potrebbe discendere dal norvegese ‘stokkfisk’ oppure dall’olandese antico ‘stocvisch’ – cioè pesce bastone – anche se a riguardo non vi è alcuna sicurezza etimologica.
Straccetti: secondo piatto di origini laziali preparato con sottili strisce di carne di manzo (generalmente dalla noce) o di pollo (petto) della larghezza di 3-4 cm cotte in olio d’oliva extravergine.
Stracciatella (1): piatto tipico romano che consiste in una zuppa a base di uova, Parmigiano Reggiano grattugiato (talvolta anche semolino), noce moscata, sale, pepe cucinata in un brodo di carne. Il nome deriva dal composto che all’interno del brodo forma dei piccoli straccetti. Esistono varianti anche in Emilia-Romagna e Marche non molto diverse dalla ricetta capitolina.


Stracciatella (2): è l’interno della burrata formata da straccetti di mozzarella (da cui prende il nome) e panna freschissima. Di colore bianco latte, struttura fibrosa, priva di crosta, ha sapore fresco leggermente acidulo e profumo delicato. Per estensione con questo termine si identifica anche un gusto di gelato a base di latte, panna, zucchero con una dose di cioccolato fondente che, grazie allo sbattimento delle pale nella gelatiera, “straccia” il cioccolato mentre lo solidifica. Fu inventato a Bergamo nel 1961 da Enrico Panattoni presso il caffè “La Marianna” per richiamare la stracciatella alla romana, il consommé più famoso dell’epoca.
Stracotto: taglio di carne cotto per molte ore.


Straecca (o Straeca): taglio di carne equina (cavallo o puledro) ricavato dal diaframma dell’animale. Sono strisce lunghe 1 m e larghe 10-15 cm dalle quali vengono sfilettate delle particolari “bistecche”, poi marinate per circa un’ora con olio d’oliva, aromi (salvia, rosmarino) e quindi cotte alla griglia. Di origine veneta, il sapore della straecca è gustoso, corposo e soprattutto è un taglio tenerissimo, sebbene a volte sia presente un filo di grasso nelle fibre che ne accentua il gusto


Strangozzi: più stretti e spessi delle fettuccine, sono una pasta di origine umbra lunga circa 30 cm impastata con farina di grano tenero, grano duro, sale, acqua o talvolta albume. La forma è molto simile a quella delle stringhe delle scarpe, da cui deriverebbe il nome. Esiste anche una leggenda secondo la quale al tempo dello Stato Pontificio le stringhe venivano usate dagli anticlericali per strangolare i prelati. Non vanno confusi con gli strozzapreti, prodotto completamente diverso.





