Consorzio dell’Abbacchio Romano Igp denuncia l’importazione e il mercato low cost

La denuncia del Consorzio dell’Abbacchio Romano Igp lanciata a Roma contro l’importazione di capi senza garanzie e il suo mercato low cost, condanna quello di Pasqua come un periodo a forte rischio. Da qui l’esigenza di sensibilizzare il consumatore sull’importanza di preservare una filiera essenziale, non solo per custodire la tradizione, ma anche per garantire la preservazione della biodiversità dei territori laziali di allevamento.

Natalino Talanas, Presidente del Consorzio Abbacchio Romano IGP ha accolto nel cuore del cuore di Roma una delegazione di testimoni del messaggio che è stato chiamato a diffondere. Nel suo L’Arcangelo il personaggio eclettico Arcangelo Dandini appassionato delle tradizioni culinarie romane, attraverso la sua cultura e capacità di tramandare le memorie trasmesse da generazioni, le esprime a modo proprio interpretando la tradizione attualizzandola; con queste premesse non poteva che essere il portavoce ideale del messaggio del Consorzio, attraverso la preparazione di un menu degustazione, in cui l’Abbacchio Romano Igp è stato esaltato e, alla vigilia della Pasqua cade “a ciccio” l’espressione, celebrato.

L’Abbacchio Romano IGP

L’areale di produzione dell’Abbacchio Romano IGP comprende l’intero territorio del Lazio; è qui, sui grandi pascoli illuminati dal sole e percorsi dal vento, che da millenni viene allevato l’Abbacchio Romano, a diretto contatto con una natura ricca e rigogliosa, in condizioni di crescita e di vita ideali. Praticato nel Lazio da migliaia di anni, ha da sempre fornito beni essenziali alla vita dei popoli: carne per mangiare, latte per produrre formaggi, lana per riscaldarsi, pelli da conciare e – non ultimo – il prezioso letame, necessario a concimare e rendere fertile anno dopo anno la terra coltivata; non a caso il vocabolo “pecora” ha la medesima radice di “pecunia”, denaro, derivata dal latino pecus ‘bestiame’, unica vera ricchezza e moneta di scambio nelle economia primitive a carattere pastorizio. L’ industria pastorizia romana era molto sviluppata soprattutto dall’età imperiale in poi, tramandata per secoli e giunta fino a noi, L’Abbacchio Romano è stato iscritto nell’elenco delle Indicazioni Geografiche Protette (IGP) con Regolamento (CE) n. 507/2009 della Commissione del 15 giugno 2009.  In seguito, con decreto 6 luglio 2010 del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, è stato riconosciuto ufficialmente il Consorzio per la Tutela della I.G.P. “Abbacchio Romano”. Il Consorzio rappresenta tutti gli operatori della filiera produttiva ed ha il compito di tutelare e promuovere il prodotto a marchio IGP e vigilare su tutte le fasi della sua produzione e commercializzazione, non persegue scopo di lucro, e tale impegno è ogni volta indirizzato a garantire al cliente la sicurezza e la qualità definite dallo stretto legame fra il nostro territorio e le nostre tradizioni.

I prodotti agroalimentari come l’Abbacchio Romano, danno maggiori garanzie ai consumatori con un livello di tracciabilità e di sicurezza alimentare più elevato rispetto agli altri: conferiscono una garanzia di origine, in quanto la filiera produttiva certificata garantisce che questo provenga in tutto e per tutto dalla Regione Lazio; garanzia di qualità, che assicura che venga seguito un determinato metodo di allevamento e produzione e che siano applicati controlli più severi rispetto a quelli previsti dalla legge per i prodotti non IGP; tracciabilità, grazie alla quale ogni fase del processo produttivo è monitorata e documentata.

 Da dove nasce quindi l’urgenza di sottolineare tutto questo?

“In un mercato dominato dal ribasso dei prezzi, la disinformazione mette a rischio le aziende locali che faticano a competere con le grandi importazioni straniere – ha sottolineato il presidente Natalino Talanas – è importante sensibilizzare il consumatore e noi, dal 2010, anno di costituzione del Consorzio, ci impegniamo in termini di divulgazione affinché chi ci sceglie sia pienamente informato sulla tracciabilità lungo tutta la nostra filiera e riesca a riconoscere il valore della nostra produzione. La consapevolezza risulta essere l’unica chiave per un’inversione di tendenza in grado di garantire lunga vita alla nostra tradizione che, nei secoli, ha plasmato l’identità paesaggistica e gastronomica della nostra regione”. il Presidente Talanas sottolinea l’importanza di interessare il consumatore sia all’acquisto consapevole, sia alla filosofia del Consorzio, perché innanzitutto il suo è un coinvolgimento personale, da famiglia sarda, in seguito approdata in continente con capi da allevamento, che da generazioni vive e fa della gestione degli ovini il suo lavoro e della loro tutela sua missione. Con l’aumento della popolazione e il successivo incremento di consumo, per cambiamento delle diete e degli usi e costumi, c’è bisogno di un numero di capi maggiore, soprattutto nel periodo pasquale, in cui 4 famiglie su 10 sceglie l’abbacchio per celebrare la Resurrezione. Questo smuove le economie anche internazionali. Su 550 mila agnelli presenti in commercio durante il periodo pasquale, oltre la metà proviene dall’estero. Sono circa 300 mila i capi importati che spesso vivono in condizioni poco rispettose, senza garanzie di tracciabilità e di buone pratiche di allevamento, che affrontano costi nettamente inferiori ai nostri, e sono gli stessi che vengono poi distribuiti a prezzi inferiori del 40% rispetto alla produzione certificata nazionale che conta 185 mila agnelli. Di questi, 35 mila provengono dal Consorzio dell’Abbacchio Romano IGP, su un allevamento totale di 75.100 nettamente inferiore rispetto al periodo pre-covid dove si contavano circa 120 mila esemplari.

I prezzi di un prodotto convenzionale si abbattono in primo luogo in relazione alle pratiche di allevamento; gli animali stabulati, allevati in stalla, sono sottoposti a meno rischi rispetto al gregge che è spesso minacciato da attacchi esterni. Gli allevatori del Consorzio, nel rispetto di un disciplinare rigoroso, si sono negli anni distinti per un modello di allevamento etico e sostenibile, investono in pascoli protetti da alte recinzioni, nutrono gli animali esclusivamente con latte materno e piante spontanee della campagna laziale, contribuendo alla tenerezza e al gusto unico delle carni. Seguono i tempi e i luoghi della transumanza che, oltre a garantire la qualità del prodotto, contribuisce alla tutela del paesaggio e allo sviluppo rurale, unendo da millenni generazioni di pastori, colonna portante di questa produzione. Tutto questo si traduce in alti costi di protezione, spese che il consumatore non immagina ma che si riflettono nel surplus di prezzo finale di una carne certificata.

Questa concorrenza, unito a politiche agricole che avrebbero bisogno di un’attenzione maggiore, comporta un calo sensibilissimo dovuto in alcuni casi all’abbandono dell’attività da parte dei produttori locali e, in altri, alla scelta verso un allevamento non certificato. Scegliere un prodotto con il marchio è sempre garanzia di un consumo consapevole per sé e per il mantenimento della filiera, la quale ciclicamente rimanda alla consapevolezza, innescando un meccanismo a catena continua dalla quale abbiamo tutti da guadagnare.

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