Oggi è tempo di delivery. E domani?

Sono bastate poche settimane vissute in una condizione “alternativa” per far cambiare le nostre abitudini di consumo. Si beve di più a casa, si fanno le file ai supermercati con pazienza e rassegnazione e nel carrello della spesa mettiamo più prodotti freschi, frutta e verdura, farina, lievito e uova per impegnarci in cucina. Per chi invece non vuole rassegnarsi alle file quotidiane, fredde e tristi (nessuno parla con nessuno, ma si guarda solo il cellulare), si scelgono le botteghe di quartiere, i piccoli negozi forniti di tutto o di quelle chicche che vale la pena comprare per rallegrare la tavola da quarantena. E poi c’è chi opta per il delivery.

Delivery è la parola del momento, quella più usata, discussa, digitata. Il Delivery era un servizio in forte crescita: parliamo in particolare delle consegne a domicilio fatte nel settore della ristorazione, grazie alla nascita di numerose piattaforme che soddisfano ogni voglia gastronomica senza farti uscire di casa.

Il Delivery prima dell’emergenza

Era questo il delivery che tutti conoscevamo e anche se in altri paesi europei e oltreoceano la spesa a domicilio fa parte della quotidianità di molti, in Italia non è così. L’italiano ancora non era abituato a fare la spesa on line, forse perché non si fidava, forse perché ha ancora quel desiderio inconscio di palpare la frutta, anche se non si può. Ora nell’arco di un mese ha dovuto stravolgere le sue convinzioni arrivando ad ordinare non solo la cena o il pranzo di Pasqua, ma anche tutto ciò di cui ha bisogno per cucinare.

La crescita del Wine Delivery

Il primo segnale forte lo abbiamo avuto nel settore beverage, in particolare con il vino, a cui si sono aggiunti la birra e i superalcolici, cocktail compresi. Il consumo casalingo del vino è cresciuto in modo esponenziale: se non è possibile bere fuori, lo si fa a casa e allora a suon di #iobevoacasa diversi shop on line hanno promosso il loro servizio in modo costante. Cresce la domanda e di conseguenza si moltiplicano sul web i siti dedicati, che danno alle cantine la possibilità di far conoscere e vendere i loro prodotti, che contrariamente, vista la chiusura dei ristoranti, starebbero fermi in magazzino.

Cresce la domanda, dunque, anche delle stesse cantine che sgomitano per essere presenti sui diversi shop on line e potersi assicurare una fetta di mercato, piccola o grande che sia. A queste enoteche digitali già esistenti si affiancano i nuovi delivery del vino, ovvero piccoli e grandi distributori che hanno spostato il loro mercato dal B2B al B2C, proponendo il loro catalogo a prezzo di scaffale al consumatore finale e organizzandosi ognuno nella propria città di riferimento con le consegne a domicilio.

È chiaro, nessuno può prendersi il lusso di bloccare ogni attività commerciale e relazionale. La soluzione era lì a portata di mano e ci è voluto poco per capirlo, è bastato osservare le video chat, gli aperitivi on line, i post e le richieste. Di conseguenza non se lo sono fatto ripetere due volte nemmeno le cantine, che se finora non avevano mai preso in considerazione un proprio market on line ora si sono attivate anche dai propri siti o pagine social nella comunicazione di vendita diretta del vino con consegna a domicilio.

Gli altri prodotti

Il vino ovviamente non è l’unico prodotto, è stato l’apri pista. A seguire vengono poi tutte le altre cose buone da mangiare: salumi, formaggi, olio, pasta, farine e tutte quelle materie prime che le varie botteghe artigiane stanno consegnando direttamente a casa. Il loro plus sta nei tempi rapidi di consegna, anche rispetto alle tempistiche oramai allungate dei vari marchi della GDO, e nei prodotti di alta qualità che trattano. E qui non intervengono solo le botteghe, ma anche le enoteche e quei ristoranti oramai chiusi che in collaborazione e sinergia con i loro fornitori hanno creato una serie di panieri da recapitare a casa.

La “conversione” dei grandi distributori

Ai distributori del vino si affiancano anche i distributori classici del food, quelli più grandi che finora hanno fatto servizio di approvvigionamento per i ristoranti. In tanti si sono convertiti alla consegna a domicilio, complice la crescente domanda con il passare dei giorni e lo stallo della merce stessa e di una logistica strutturata. Nel caso del grande distributore lo sforzo è stato più importante: cambiano le logiche quantitative, cambiano i pack, il trasporto e la relazione con il cliente finale che ha bisogno di un customer care dedicato. Non siamo di fronte a un piccolo distributore, ma davanti a importanti protagonisti del trade, e qui l’errore non è ammesso. Ogni scelta, ogni decisione è stata ponderata e studiata nel dettaglio, realizzata velocemente ma senza tralasciare l’efficienza e la qualità, e soprattutto senza tralasciare un’azione di marketing e comunicazione che deve sostenere e alimentare un’operazione che non sarà momentanea, come potrebbe esserlo per i piccoli, ma un’attività che domani diventerà un servizio parallelo al core business e che punterà a crescere sempre di più.

La scelta dei ristoranti

E arriviamo ora ai ristoranti. Se per i primi tempi sono rimasti fermi ad osservare cosa stava succedendo, a fare i conti con affitti, personale in cassa integrazione e contratti bloccati, già dalla fine di marzo si sono resi conto che la data limite stava diventando “a data da destinarsi”. Scendere in campo diventa obbligatorio ed ecco esplodere l’offerta dei menu. Segnale che non si può rimanere fermi, non si può continuare a fare ricette da casa in diretta instagram, ma in un certo qual modo bisogna tornare a lavorare.

Se alcuni di loro avevano subito optato per il delivery, cercando di mantenere oliato l’ingranaggio produttivo, gli altri si sono allineati nelle settimane successive con proposta di cene pronte e interi menu per il weekend o le feste pasquali con tanto di promo famiglia.

Il problem solving

L’aspetto da mettere sotto la lente d’ingrandimento è innanzitutto la velocità con cui alcune aziende hanno capito subito come dovevano agire, senza perdere tempo. Questione di intuizione, di problem solving o di adattamento alla situazione. Una velocità che comporta in alcuni casi degli errori di valutazione, di comunicazione e promozione, ma che va premiata ugualmente soprattutto per chi work in progress aggiusta il tiro, studia i suoi clienti e punta ad allargarli.

La differenza sostanziale è anche nella gestione di un target completamente diverso. Se il ristoratore ha sempre a che fare con il commensale, il distributore food & wine o la cantina hanno sempre avuto rapporti con l’ho.re.ca. Ora si ritrovano nella parte dell’attore protagonista che deve dialogare con clienti nuovi, che pagano subito e non a 60  giorni, che se soddisfatti del prodotto e della velocità del servizio si fidelizzano. Si apre una relazione nuova e non solo un nuovo servizio.

E qui viene il bello di questa trasformazione. Quanti di quelli che si sono “improvvisati” delivery continueranno con questo servizio? Il delivery è una soluzione del momento che permette di sopravvivere o l’opzione da valutare per un servizio futuro che funziona? E quanto gli italiani adotteranno il delivery come nuovo comportamento d’acquisto?

Gli (ipotetici) scenari futuri

Sarebbe inutile e poco produttivo aver lavorato su una proposta, averla rafforzata nella sua efficacia per poi metterla da parte quando le cose torneranno normali, anche se non sappiamo quando e come sarà la nuova normalità. Certamente se i frutti raccolti in questi mesi non hanno ripagato gli sforzi continuare sarebbe poco intelligente. Ma considerando il cambio delle abitudini di consumo degli italiani, c’è da sperare che il delivery possa essere un trend positivo per tutti, sia per chi ne usufruisce sia per chi lo offre.

Sarà un servizio da non sottovalutare, da non mettere da parte. Questi piccoli e medi imprenditori sono stati bravi a convertire il loro pensiero, a trovare nuove soluzioni di business, senza perdersi d’animo e senza perdere tempo. Si sono reinventati in qualcosa di non previsto prima, ma che la situazione ha generato come necessario. E si sa, necessità fa virtù.

Le nuove opportunità

La crisi attuale ha creato l’opportunità. Si stanno delineando nuovi scenari commerciali e di business, ancora forse poco chiari, ma le cui strade cominciano a essere percorribili e visibili. E saperle riconoscere in questo momento significa non arrivare impreparati a un domani cambiato, il cui cambiamento non sarà repentino, ma diluito.

Domani bisognerà lavorarci ancora di più, trovare il proprio plus, l’unicità che distingue dalla concorrenza – e qui potrebbe essere tanta – presentarsi sul mercato non come improvvisati, ma come professionali e strutturati. Finita l’emergenza l’efficienza, la qualità e la professionalità saranno le tre cose che il cliente valuterà. E se si è stati capaci a fidelizzarli in questi mesi si troveranno davanti a un servizio di cui non possono fare a meno, anche se si potrà uscire in libertà e non si faranno più fare file al supermercato. Ma vuoi mettere la comodità di farti arrivare tutto a casa senza stress di traffico e buste?