C’è un vino che più di ogni altro rappresenta la terra emiliana: il Lambrusco. Nonostante le sue profonde radici nella tradizione agricola e sociale di Modena e Reggio Emilia, è stato per lungo tempo un vino sottovalutato e frainteso. Oggi, però, torna al centro della scena grazie a un gruppo di produttori che ha deciso di custodirne l’identità più autentica e valorizzarne la grandezza.
Nasce così l’associazione Custodi del Lambrusco, una realtà collettiva che unisce 27 cantine con l’obiettivo comune di riscrivere la percezione di questo vino, puntando sulla qualità e sul valore culturale del Lambrusco. Una “rivoluzione gentile” che parte dalla vigna e arriva al calice, per restituire voce e visione a un vino che non ha nulla da invidiare ai grandi vini italiani ed internazionali. Per capire meglio le origini, le motivazioni e gli obiettivi di questo movimento, abbiamo avuto il piacere di parlare con Fabio Altariva, presidente dell’associazione Custodi del Lambrusco.

Qual è stato il momento in cui avete capito che c’era bisogno di un’associazione come questa? Tra giugno e agosto 2024 ci siamo trovati in molti produttori fuori sia dal Consorzio del Lambrusco che dall’ Enoteca Regionale. Sentivamo che mancava uno spazio dove poterci ritrovare e riconoscere. Così ci siamo incontrati un paio di volte e, confrontandoci, è emersa chiaramente una necessità: unirci per non disperdere il valore del nostro territorio, della nostra storia e della nostra identità. Da lì è nata l’idea di fare qualcosa insieme, in modo autonomo ma coeso.
Perché avete scelto proprio il nome “Custodi del Lambrusco”? In realtà all’inizio non avevamo le idee chiarissime sul nome. Tutto è nato in modo molto spontaneo e veloce. Un giorno Silvia Zucchi mi ha mostrato una sua fotografia: due mani che formano una sorta di nido e custodiscono un grappolo di Lambrusco. Quel gesto, quell’immagine, ci ha colpiti profondamente. Rappresentava esattamente ciò che sentivamo: la voglia di prenderci cura di qualcosa di prezioso. Da lì, quasi naturalmente, è nato il nome “Custodi del Lambrusco”. Del resto il termine Custodi porta con sé un’etimologia importante che è un po’ la nostra mission: deriva dal latino “custos, custodis”, che significa “guardiano” o “protettore”.
Qual è la vostra visione condivisa del Lambrusco? I Custodi del Lambrusco nascono con una missione chiara: riscrivere il futuro di questo vino. Vogliamo esaltarne il valore autentico, senza compromessi, e restituirgli il ruolo che merita tra i grandi vini. Il nostro obiettivo è che la percezione esterna sia finalmente all’altezza del suo valore reale, della sua unicità e delle sue caratteristiche straordinarie. È un vino con una storia antichissima, un vino versatile e identitario, e può – anzi deve – essere riconosciuto nel mondo come un riferimento nel suo genere.
Qual è il messaggio chiave che volete trasmettere attraverso il vostro Manifesto? Vogliamo che il Manifesto sia uno strumento per ribadire i valori fondanti del nostro lavoro. Siamo accomunati dalla qualità come filo conduttore, e puntiamo a riscrivere la storia di uno dei vini più rappresentativi dell’Emilia-Romagna con un linguaggio contemporaneo, diretto e sensibile alle novità. Dalla vigna alla bottiglia, ogni scelta sarà dettata da un principio chiave: esaltare il carattere autentico del Lambrusco, elevandone la qualità e rendendone unica ogni espressione.
Cosa rappresenta per voi la “rivoluzione gentile” di cui parlate? La rivoluzione gentile non è uno slogan, ma un atteggiamento. È il modo in cui abbiamo deciso di agire: in modo compatto ma pacato, determinato ma rispettoso. Se oltre il 50% dei soci, tra i quali cantine storiche e strutturate, prende una posizione del genere decidendo di uscire da un sistema come quello del Consorzio, forse è il momento di fermarsi e riflettere. La nostra ‘rivoluzione’ non è contro qualcuno, ma semplicemente a favore di una visione diversa.


In che modo intendete riposizionare il Lambrusco tra i grandi vini? Attraverso una valorizzazione della filiera, che per noi è già di per sé garanzia di qualità. Puntiamo sulla diversità delle espressioni del Lambrusco, sulla ricchezza delle sue varietà, sulla storicità del vitigno, sulla sua naturale bevibilità e sull’identità territoriale. Ma soprattutto, vogliamo costruire un fronte compatto di produttori che remi nella stessa direzione: promuovere il Lambrusco per quello che è davvero, un grande vino con radici profonde.
Quali criteri utilizzate per definire e promuovere un Lambrusco di qualità? Ci basiamo su alcuni pilastri: il rispetto del vitigno, la coerenza con il territorio, la trasparenza nel lavoro e il controllo diretto su ogni fase della produzione. La qualità per noi non è una questione di numeri o di certificazioni astratte, ma di verità nel bicchiere, di fedeltà al racconto della nostra terra.
Quanto è importante il controllo diretto da parte dei produttori su tutte le fasi della produzione? È fondamentale. Solo se il produttore ha il pieno controllo dalla vigna alla bottiglia si può garantire coerenza, qualità e identità. Vogliamo che la produzione resti ancorata ai luoghi dove la vite si è radicata e addomesticata, perché è lì che nasce il vero Lambrusco.
Come riuscite a raccontare le diverse espressioni del Lambrusco mantenendo un’identità unitaria? Le differenze tra i vari Lambrusco sono un patrimonio, non un ostacolo. L’identità unitaria nasce dalla nostra cultura comune, dalle nostre radici, dai valori condivisi. Anche se ogni territorio ha il suo stile, tutti i nostri Lambrusco parlano la stessa lingua: quella dell’Emilia, della convivialità, del cibo, del rispetto per la terra.
Quali sono le sfide principali che dovrete affrontare per raggiungere i vostri obiettivi? Ce ne sono molte, è inutile negarlo: dal mercato alla comunicazione, dalle politiche istituzionali alla credibilità da ricostruire. Ma la vera sfida è una: non perdere mai la passione. Continuare a vedere il bello nel nostro lavoro, nella nostra terra, nelle persone che lo vivono e lo tramandano.
Che tipo di Lambrusco berremo domani grazie al lavoro dei Custodi? Un lambrusco fedele alla tradizione, ma con un gusto e un approccio contemporaneo. Lo stesso che, fidandovi di noi, potete bere già oggi: un vino autentico, simpatico, generoso. Un vino che sa essere popolare e profondo allo stesso tempo, capace di raccontare chi siamo senza filtri, con orgoglio e sincerità.