Città e cibo: un vincolo ormai indissolubile.

Sfide e opportunità che le città offrono per realizzare un sistema alimentare più sostenibile. Cosa dice il rapporto “Cities and circular economy for food”.

Prevedere una drastica riduzione degli sprechi alimentari, riutilizzo dei sottoposti alimentari e una produzione di cibo in grado di rigenerare i sistemi naturali, sono i concetti base da cui si deve partire per applicare l’economia circolare al settore dell’agro-food.

Sono tre le azioni principali dalle quali partire individuate dalla Ellen MacArthur Foundation, nel rapporto intitolato “Cities and circular economy for food”.

Cibo prodotto in modo rigenerativo e locale.

Dal momento che l’80% del cibo sarà consumato nelle città entro il 2050, le città possono influenzare in modo significativo il modo in cui il cibo viene coltivato, in particolare interagendo con i produttori nei loro dintorni peri-urbani e rurali. Approcci rigenerativi alla produzione alimentare assicureranno che il cibo che entra nelle città venga coltivato in modo da migliorare piuttosto che degradare l’ambiente, oltre a creare molti altri benefici sistemici.

Nel rapporto, la produzione di cibo rigenerativo è considerata in senso lato come un insieme di qualsiasi tecnica di produzione che migliora la salute generale dell’ecosistema locale. Esempi di pratiche rigenerative includono il passaggio dai fertilizzanti sintetici a quelli organici, l’impiego della rotazione delle colture e l’utilizzo di maggiori variazioni delle colture per promuovere la biodiversità. Tipi di allevamento come agroecologia, pascolo a rotazione, agroforestry, agricoltura di conservazione e permacultura rientrano tutti in questa definizione.

Inoltre le pratiche rigenerative supportano lo sviluppo di terreni sani, che possono portare a cibi con gusto e contenuto di micronutrienti migliorati. Sarà, dunque, essenziale collaborare con gli agricoltori e premiarli per l’adozione di questi approcci benefici. Parallelamente, le città possono utilizzare sistemi agricoli urbani circolari, come quelli che combinano l’acquacoltura indoor con la produzione idroponica di ortaggi nei circuiti locali.

Il dibattito sull’approvvigionamento locale

La fattibilità e i vantaggi dell’aumento dell’approvvigionamento locale sono stati oggetto di un intenso dibattito e mentre l’agricoltura urbana può fornire alle città frutta e verdura, attualmente è limitata nella sua capacità di soddisfare i più ampi bisogni nutrizionali delle persone. Tuttavia, le città possono reperire notevoli quantità di cibo dalle loro aree peri-urbane (definite nel rapporto come l’area entro 20 km dalle città), che già detengono il 40% delle terre coltivate del mondo.

Il ricollegamento delle città con la loro produzione alimentare locale sostiene lo sviluppo di un sistema agricolo distribuito e rigenerativo. Consente alle città di aumentare la resilienza delle loro forniture alimentari facendo affidamento su una gamma più diversificata di fornitori (locali e globali) e sostiene le varietà di colture autoctone.

Inoltre offre agli abitanti delle città l’opportunità di rafforzare la loro connessione con il cibo e gli agricoltori che lo coltivano, aumentando spesso la probabilità che le persone richiedano cibo coltivato usando pratiche rigenerative a beneficio dell’ambiente locale e della propria salute. L’approvvigionamento locale può anche ridurre la necessità di imballaggi in eccesso e ridurre le catene di distribuzione.

Ottenere il massimo dal cibo.

E’ necessario garantire che tutti i sottoprodotti del cibo siano utilizzati al meglio, adoperandoli ad esempio come fertilizzanti, evitare che il cibo in eccesso venga smaltito, ridistribuendolo per aiutare a combattere l’insicurezza alimentare.

Le città possono svolgere un ruolo importante nello stimolare il passaggio a un sistema alimentare fondamentalmente diverso, nel quale andiamo oltre la semplice riduzione degli sprechi alimentari evitabili e la definizione del concetto di “spreco”.

Come luogo in cui finisce la maggior parte del cibo, le città possono garantire che i sottoprodotti inevitabili vengano utilizzati al loro massimo valore, trasformandoli in nuovi prodotti che vanno dai fertilizzanti organici e dai biomateriali alla medicina e alla bioenergia.

Piuttosto che una destinazione finale per il cibo, le città possono diventare veri e propri centri in cui i sottoprodotti alimentari si trasformano in una vasta gamma di materiali preziosi, guidando nuovi flussi di entrate in una fiorente bioeconomia.

Progettare e commercializzare alimenti più sani.

Il marketing alimentare deve farla da padrona promuovendo alimenti prodotti in maniera sana.

In un’economia circolare, i prodotti alimentari sono progettati non solo per essere salutari dal punto di vista nutrizionale, ma anche per il modo in cui sono prodotti. Dai cereali per la colazione ai pasti da asporto, una parte significativa del cibo consumato oggi è stata progettata in qualche modo da marchi alimentari, rivenditori, ristoranti, scuole, ospedali e altri fornitori. Queste organizzazioni hanno modellato le nostre preferenze e abitudini alimentari per decenni, in particolare nelle città, e ora possono aiutare a riorientarle per supportare i sistemi alimentari rigenerativi.

I designer possono anche sviluppare prodotti e ricette che utilizzano i sottoprodotti alimentari come ingredienti e che, ad esempio evitando determinati additivi, possono essere tranquillamente restituiti al suolo o valorizzati nella più ampia bioeconomia.

In questo modo i food designer possono svolgere il proprio ruolo nella progettazione degli sprechi alimentari e il marketing può posizionare questi prodotti deliziosi e salutari come scelte facili e accessibili per le persone su base giornaliera.