Se qualcuno chiedesse in quale modo un artista possa arrivare alla notorietà, la risposta più ovvia è che questa si raggiunge con l’estro e la bravura nel realizzare le proprie opere. Tuttavia il successo e la fama per alcuni di loro sono arrivati in tutt’altra maniera, legandosi – guarda un po’ – alla cucina e all’enogastronomia in generale. Uno dei casi più eclatanti è rappresentato da Vittore Carpaccio, pittore veneziano vissuto tra il ‘400 e il ‘500 che deve la sua celebrità a un piatto a lui intitolato, il ‘carpaccio’.
Come nasce il Carpaccio
Venezia, si sa, è una città d’arte e di cultura. Probabilmente se ne ricordò anche Giuseppe Cipriani, fondatore dell’Harry’s Bar, al momento di proporre tra le sue specialità un piatto di carne cruda destinato ad accontentare un’amica e cliente abituale del locale – la contessa Amalia Nani Mocenigo – alla quale il medico aveva proibito di mangiare carne cotta. Era il 1963, anno in cui venne allestita a Palazzo Ducale a Venezia una mostra sulle opere di Vittore Carpaccio, il celebre pittore veneziano del Rinascimento, famoso per gli accesi contrasti di rossi e gialli brillanti che caratterizzavano i suoi quadri. Il rosso delle fettine di manzo percorso dal giallo della salsa e la concomitanza dell’esposizione pittorica ispirarono a Cipriani il nome del piatto che chiamò appunto ‘Carpaccio’, suggerendo di guarnirlo con una tecnica ‘alla Kandinsky’, dal nome dell’artista francese di origine russa fondatore dell’Astrattismo. La novità era di intingere varie volte un cucchiaio o una forchetta nella salsa e con questa disegnare sulla carne, facendola gocciolare, un quadro astratto. Dopo un periodo iniziale, in cui questa pietanza ebbe un’accoglienza tiepida da parte dei clienti del Bar, il successo fu tale che ben presto la ricetta fu copiata da molti locali in tutto il mondo.

La ricetta del Carpaccio
La ricetta originale è preparata con del controfiletto, filetto o girello di manzo molto magro e senza nervature tagliato freddo di frigorifero in fette dello spessore compreso tra 0,1 e 0,4 millimetri (più sarà sottile, più il gusto sarà delicato) da disporre direttamente sul piatto di servizio. La salsa di guarnizione, agrodolce e leggermente piccante, è una maionese alleggerita con un po’ di latte e insaporita con qualche goccia di salsa Worchestershire. Cipriani la chiamava ‘salsa universale’ perché adatta sia con la carne che con il pesce.
Il Carpaccio può essere servito indifferentemente come antipasto o secondo piatto, preferibilmente senza insalate o altre verdure di contorno per apprezzare appieno il gusto delicato della carne cruda. Esiste una versione simile – la carne cruda all’albese – preparata con il taglio ricavato dalla coscia o del girello di fassone. Va condito con un filo di olio d’oliva extravergine, del succo di limone, sale e pepe nero.

Qualche curiosità sul Carpaccio
- L’opera che ispirò Cipriani con ogni probabilità è la Predica di Santo Stefano, un dipinto a olio su tela realizzato nel 1514 attualmente conservato presso il Museo del Louvre a Parigi.
- Di Vittore Carpaccio, citato talvolta anche Vittorio Carpaccio, si conosce poco: cittadino della Repubblica di Venezia, nacque a Venezia nel 1465 o nel 1466 e mori a Capodistria tra il 1525 e il 1526. Il cognome ‘Carpaccio’, italianizzazione della firma Carpathius o Carpatio con cui l’artista si firmava, era l’adattamento del cognome del padre Scarpazza o Scarpazo.
- Il prezzo in carta del Carpaccio Cipriani all’Harry’s Bar a Venezia è di 58 euro a cui occorre aggiungere 10 euro per il coperto. Per gustare anche un’altra celebre icona del locale – il cocktail Bellini, preparato con tre parti di Prosecco DOC (o Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore DOCG) e una parte di polpa di pesca bianca veronese schiacciata – sono richiesti 22 euro.
- Il nome dell’esercizio dove ha avuto origine il Carpaccio deriva da Harry Pickering, un turista americano ospite dell’albergo di Venezia dove Giuseppe Cipriani nel 1927 lavorava. Questi prestò al giovane il denaro necessario per il rientro in patria. Quattro anni dopo Pickering tornò a Venezia restituendo a Cipriani quattro volte il valore della cifra ricevuta in precedenza. Con la cospicua somma a disposizione, decise di aprire un bar in un vecchio deposito di cordami nelle vicinanze di Piazza San Marco, decidendo di chiamarlo ‘Harry’s Bar’ in onore dell’amico finanziatore.